EXCALIBUR 11 - giugno/luglio 1999
in questo numero

Lettere e opinioni

Lo spazio dei lettori

della Redazione
A seguito della lettera di Fausto Caboni (redattore di Excalibur) pubblicata nello scorso numero, che criticava il "presente" (cioè il "saluto" come da nostra tradizione dedicato ai camerati caduti) fatto il 25 aprile a Cagliari in memoria dei caduti della R.S.I., come inutile ostentazione pubblica di sentimenti che invece dovrebbero restare nella intimità di ognuno, riceviamo e, come sempre in massima libertà, pubblichiamo senza commenti, due lettere di giovani militanti di Azione Giovani, che contestano i contenuti della lettera.
Non entriamo nel merito della polemica, speriamo solo che questa non sia un altro pretestuoso motivo di divisione del mondo giovanile della destra a Cagliari.

"Presente" come atto dovuto.
Leggendo la lettera di Fausto Caboni apparsa sul numero di maggio di Excalibur mi sono sentita in dovere di rispondere, anche se, per motivi di studio che mi hanno portata fuori Cagliari, non ho potuto prendere parte alla manifestazione citata da Fausto. Le mie saranno, quindi, solo alcune brevi considerazioni generali. Per prima cosa sono convinta, come credo tutti coloro che hanno partecipato al "presente" per i caduti della R.S.I., che è sicuramente inadeguato e limitativo fare una semplice preghierina rinchiusi nel cantuccetto della propria camera da letto per ricordare il sacrificio estremo di migliaia di giovani repubblichini che hanno lottato e sono morti per difendere i nostri Ideali, soprattutto per un dirigente di Azione Giovani che ha come obbligo primario quello di dare il giusto esempio. Ma nello stesso tempo apprezzo la coerenza di chi, come Fausto, durante tanti anni di militanza, certi momenti li abbia sempre evitati per non correre il rischio di essere tacciato di nostalgico e magari di necrofilo, critica che aleggiava spesso nell'ambiente "caravelliano" in occasione di certe ricorrenze. Comunque ritengo che il "presente" o la "veglia" siano le poche manifestazioni che ci siano ancora concesse per celebrare quei seicento giorni che non possono e non vogliono essere ricordati in altro modo.
Concludendo sono sicura, e molti condivideranno la mia opinione, che esso sia un atto dovuto e soprattutto, lasciatemelo dire, un'emozione, che in molte occasioni ci ha reso partecipi e uniti alla Comunità, quella Comunità che non è solo «un nucleo di persone che credono e si battono disinteressatamente per portare avanti dei Valori comuni», ma è tutto quel microcosmo fatto di sentimenti, di cameratismo e di militanza. Non mi spaventa, dunque, che la gente comune, quella che non conosce il nostro percorso, osservi esternamente questi gesti, che non ritengo assolutamente plateali e osannatori, ma anzi sono convinta che se tutti quei giovani potessero parlare veramente sarebbero i primi a gridare in faccia al mondo che loro sono ancora presenti!

Ludovica Fabrizio

Il ringraziamento dei caduti.
Ci ho pensato un po' prima di scrivere queste righe per rispondere alla lettera di Fausto Caboni "Presenti e assenti", pubblicata sull'ultimo numero di Excalibur, ma mi sembrava opportuno chiarire insieme a voi alcuni dubbi che mi sono venuti dalla lettura della stessa. Ho la coda di paglia? Mi sento uno di quelli a cui è riferita la lettera? Amo la polemica? Ebbene sì, tutto di questo, lo ammetto. Però qualche sassolino dalla scarpa volevo pur toglierlo: a cominciare dal fatto che un intervento del genere lo avrei certamente compreso da parte di un ex repubblicano o di una persona che comunque visse quella gloriosa esperienza di cinquant'anni fa. Lo capisco un po' meno se fatto da una rispettabilissima persona che comunque non ha partecipato alla R.S.I. e non ha neanche trent'anni sul groppone. Mi rammarico per la dietrologia che come al solito ha accompagnato tutto, per i distinguo che come al solito sono stati fatti, per le lezioni di morale e di comunità date così velocemente.
Non ho l'orgoglio di pensare - io come tanti altri - di essere assolutamente all'altezza di quei caduti, che davvero crebbero in un ideale fino a sacrificare la loro vita. Possono essere degli esempi di vita e di fedeltà a un Credo. Ma non mi sogno nemmeno di insegnare ad altri quali sono i buoni e quali i cattivi, o di distinguere chi possa far parte di una "comunità" e chi no, né soprattutto di tirare per la giacchetta quei morti definendoli "miei" quasi che fossero un oggetto di culto. Penso tuttavia che quei caduti che abbiamo ricordato quel giorno, se potessero parlarci, ci direbbero comunque "grazie". E lo direbbero a tutti, indistintamente, senza mettersi il problema della comunità o del gruppo o del club. «Grazie per averci ricordato, grazie per aver speso anche un solo minuto della vostra vita per salutarci così come a noi piace essere salutati». Grazie per esserci soffermati su un pensiero di fronte a una politica e a un mondo che fugge via dimenticando frettolosamente i suoi migliori protagonisti.
Pensiamoci su e non facciamoci distrarre da queste chiusure mentali: «io sono più degno di te», «io appartengo a una comunità e tu no», quasi a dover rivendicare un copyright nel credere in qualcosa. A noi tutti la libertà di pregare i caduti nel silenzio di un cimitero così come nel chiuso di una stanza. Ma moralizzare e fare dietrologia anche sulla preghiera e sui "presenti" ai caduti... beh... questo è un po' esagerato!

Nicola Montixi

Non ritenendo di dover reintervenire sull'argomento, faccio solo una breve osservazione: è proprio vero che quei morti, se potessero, "ringrazierebbero tutti indistintamente"? Io penso che a qualche "fariseo" chiederebbero cortesemente di fare un passo indietro.

Fausto Caboni
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