EXCALIBUR 14 - novembre 1999
in questo numero

Fascismo e rivoluzione

di Isabella Luconi
Il 7 dicembre 1918 il Partito Socialista tenne a Roma il suo congresso, elaborando un documento finale che puntava direttamente alla «Istituzione della Repubblica socialista e della Dittatura del proletariato, e alla socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio». Con questo documento il Partito Socialista si autoescludeva da quel processo di rinnovamento democratico che tutti allora ritenevano inevitabile. E allora la scelta di Mussolini fu la "scelta di un traditore che mirava al suo prestigio personale" come sempre è sottolineato nei libri di storia, o "scelta di un uomo che non credeva in una mera trasposizione della dittatura bolscevica del proletariato in Italia"?
Forse la risposta la troviamo il 23 marzo 1919, quando Mussolini fondò i "Fasci di combattimento": gli aderenti erano la frangia più radicale dell'ex interventismo di sinistra, ma nonostante ciò, alle elezioni del 6 novembre 1919, i socialisti trionfarono passando da 52 a 156 seggi, mentre i Fasci di Combattimento, che avevano presentato una sola lista a Milano non raccolsero che un migliaio di voti. Ma avevano in sé i presupposti che ne avrebbero sancito il trionfo: un leader indiscusso, Benito Mussolini, e una forte base militante, prevalentemente medio borghese, e avranno successo proprio nelle aree dove più forte era l'egemonia socialista.
Entrambi i movimenti avevano caratteristiche rivoluzionarie, ma con diversi e contrapposti valori di riferimento: l'uno fondava i presupposti sul concetto di "nazione", l'altro sul concetto di "dittatura del proletariato" e non scevro dal concetto di "eliminazione fisica del nemico". Ricordiamo a tal proposito i tragici fatti di Palazzo d'Accursio del 21 novembre 1920: i socialisti bolognesi fecero fuoco dall'interno del municipio sui fascisti che volevano impedire l'insediamento della Giunta Municipale (per fortuna che alle ultime elezioni a Bologna la sinistra non usava i fucili!). E dal quel migliaio di voti il movimento fascista crebbe impetuosamente e vinse in tutte le aree del centro-nord, quelle aree saldamente in mano al partito socialista.
I Fasci di combattimento costituirono la struttura di base del movimento fascista e ne rappresentarono l'"anima rivoluzionaria", e questo non era sicuramente assimilabile alla destra conservatrice. Al contrario la militanza diretta e la violenza di piazza ne fecero un nuovo movimento di destra con al suo centro la figura di Benito Mussolini, movimento che fu capace di mobilitare vasti strati sociali, di aggregarli intorno a sé fino a trasformare l'"italietta" di Cavour in quella Nazione che il Risorgimento avrebbe voluto.
Il fascismo creò il senso di appartenenza alla comunità, l'idea stessa della Patria per la quale tanti Italiani avevano versato il loro sangue e che era stata soffocata negli anni precedenti da una classe dirigente incapace e totalmente lontana dai sentimenti del popolo italiano, popolo che fu chiamato dal fascismo a essere per la prima volta protagonista della sua storia; perché il fascismo sarà un regime autoritario (e non totalitario) di massa, e questa sarà anche e sempre la sua eterna contraddizione e ambivalenza: da un lato restaurazione dell'ordine (credere, obbedire e combattere), dall'altro rivoluzione, e questa ambivalenza rimarrà anche nella genesi della sua disfatta, non cadrà a opera dei movimenti antifascisti, del tutto inesistenti, ma a opera delle forze che lo avevano sostenuto. Il popolo italiano condannò non il fascismo rivoluzionario ma il fascismo che lo aveva portato alla guerra e alla disfatta.
E allora bisogna riscriverla questa storia, perché la storia del fascismo è la storia complessa di un fenomeno sociale che nel suo sviluppo non fu mai uguale a sé stesso.
La sua storia è stata scritta dalla sinistra, sulla scia della "interpretazione crociana" del fascismo visto solo come una parentesi storica, senza mai interrogarsi sul rapporto tra fascismo e storia d'Italia, e paradossalmente sono stati aiutati in ciò proprio dai moderni "fascisti", che perpetuando certi rituali (camicie nere, fez, simulacri...) identificano in ciò le radici ideologiche del fascismo, quando fu proprio lo stesso Mussolini a fare di questi rituali un uso consapevole, strumentale e necessario alla creazione di un regime di massa.
Togliamo, e togliamoci la camicia nera per riscoprire il fascismo, la sua storia, il suo spirito rivoluzionario e la sua idea più avanzata e non ancora superata della mediazione corporativa dei conflitti di classe, nell'interesse supremo della Nazione. Quella camicia nera che fu prima quella rossa dei garibaldini, ma che, ci chiediamo, fu anche quella tricolore del M.S.I. e quella azzurra di A.N.? La risposta nel prossimo numero.
tutti i numeri di EXCALIBUR
VICO SAN LUCIFERO