EXCALIBUR 28 - luglio/agosto 2001
in questo numero

Resurgo - Da Mussolinia ad Arborea

Un tracciato della storia architettonica dell'attuale Arborea, esempio di bellezza e originalità

di Angelo Abis
Sopra: la copertina del libro di Giorgio Pellegrini
Sotto: Arborea, l'Idrovora del Sassu, di Flavio Scano, e la Casa del Fascio
Il nome di Mussolinia richiama alla memoria "paludi redente", "città nuove", bonifica integrale, politica rurale del fascismo, ecc., cose per noi note e arcinote; eppure questo volume curato da Giorgio Pellegrini apre uno scenario del tutto nuovo nel campo della storia, della cultura e dell'arte della Sardegna degli anni trenta.
Non che i temi su citati non siano trattati in maniera egregia e approfondita - attingendo anche a fonti documentarie sinora inedite - soprattutto da parte di Giovanni Murru, studioso del periodo fascista (ha curato "Storia, storiografia e Fascismo", un libro intervista a Renzo De Felice, nonché l'edizione anastatica del giornale che si stampava a Oristano, "Brigata Mussolini").
Il fatto nuovo e per certi versi "rivoluzionario" è che di Mussolinia, o Arborea che dir si voglia, viene messa in luce, per la prima volta, dopo oltre mezzo secolo di assoluto silenzio, la splendida architettura di impronta macchinistico-futurista, funzionalista, razionalista, in sintesi quella che a tutt'oggi viene definita tout cour l'architettura fascista.
Giorgio Pellegrini, ricercatore di Storia dell'Arte Contemporanea nell'Università di Cagliari, è da tempo impegnato in un duro e difficile lavoro di studio e di riscoperta di questa pagina di storia, di cultura e di arte, quasi tutta da scrivere, che è l'architettura sarda degli anni trenta, degli uomini che la realizzarono, delle idee, dei miti e della "ideologia rivoluzionaria" che ne erano alla base.
Pellegrini è tutt'altro che un freddo e razionale studioso accademico. La vastissima preparazione "tecnica", la profonda conoscenza dei nessi, di non facile individuazione, che legano la cultura, l'ideologia, l'arte, segnatamente quella architettonica, non gli impediscono di sentire e "rivivere" gli oggetti del proprio studio anche in chiave artistica e direi quasi lirica.
Ecco la sua descrizione della più significativa opera architettonica del periodo: l'Idrovora del Sassu: «Ancora oggi, chi giunge da nord, poco prima del rettifilo che conduce ad Arborea, si imbatte in uno scenario di innegabile, grande suggestione. Prospiciente l'ampio specchio lagunare di "S'ena Arrubia" - chiuso all'orizzonte da una sottile lingua di sabbia fitta di pini - la massa chiara dell'edificio dell'idrovora si innesta sullo sfondo verde dei pioppi ed eucalyptus, come un'apparizione: epifania macchinino-futurista del nuovo, simbolo razionalista - e fascista - del progresso, nel silenzio della natura "redenta"». E ancora: «Ma più delle parole possono le immagini: le belle foto d'epoca che documentano l'aspetto originale della costruzione, ne esaltano l'aura meccanica e futurista, razionalista e fascista, di vera cattedrale della modernità emersa come per incanto nell'orizzonte neutro e assoluto della piaga appena bonificata [...]. L'Idrovora di Sassu viene ufficialmente inaugurata il 4 novembre del 1934. Primo compiuto Monumentum del regime, annuncia e presenta, con chiara forza simbolica, la "redenzione" - tecnologica e ideologica - delle terre bonificate. Era tempo ora di imprimere il sigillo duraturo del potere anche nella città nuova».
L'idrovora di Sassu è opera dell'architetto Flavio Scano, oggi completamente sconosciuto e dimenticato, eppure figura di primo piano della Cagliari "fascista".
Figlio di Dionigi, storico dell'arte, architetto, bonificatore, sovrintendente alle antichità e belle arti della Sardegna, autore di testi incomparabili quali "Storia dell'arte in Sardegna", "Chiesette pisane", "Forma Karalis", Flavio nasce a Cagliari nel 1896. È ancora studente in Ingegneria quando parte come volontario nella Prima Guerra Mondiale. Vi rimane gravemente ferito. Viene congedato come grande invalido, decorato di medaglia d'argento al valore.
Prosegue gli studi di Ingegneria a Roma e nel 1923 rientra a Cagliari, dove esercita la professione in uno studio di affermati professionisti. Concorre alla realizzazione di alcuni importanti edifici cittadini: Palazzo Tirso, sede della "Società Elettrica Sarda", il Palazzo delle Scienze, la sede della Legione dei Carabinieri in Via Sonnino, Palazzo Scano alla fine del Corso Vittorio Emanuele.
Collabora con il padre all'opera di bonifica idraulica della Piana di Terralba e di Mussolinia, ove progetta oltre alla già citata Idrovora del Sassu anche quella di Luri.
Nominato nel 1935 vice-presidente del Consiglio provinciale dell'economia, continuerà la propria attività fino al 1943. Caduto il fascismo, non se la sentì di "pentirsi". Fu epurato e visse confinato a Morgongiori in condizioni disagiatissime sino al 1949. Rientrato a Cagliari vi morì nel 1952.
Ma Scano non è l'unico architetto di cui Pellegrini traccia per la prima volta una biografia. A esso occorre aggiungere Giovanni Battista Ceas, Romano, a cui dobbiamo la Casa del Balilla e la Casa del Fascio di Mussolinia, esempi significativi di architettura razionalista. Carlo Avanzini, Lombardo, creatore della Mussolinia prefascista. Nino Celienco, Dalmata, capitato in Sardegna come ufficiale nella Seconda Guerra Mondiale, autore di numerose costruzioni postbelliche di Arborea.
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