Excalibur rosso

Vecchia e nuova Sardegna

Confidiamo nelle potenzialità di un centrodestra variegato

di Angelo Abis
Probabilmente quando questo numero di "Excalibur" verrà diffuso saranno noti i risultati di questa competizione elettorale regionale.
Su chi vincerà non abbiamo alcun dubbio. Ora, però, ci interessa porre in rilievo alcune peculiarità non solo politiche, ma anche ideologiche e culturali che caratterizzano lo schieramento di centrodestra.
Alla coalizione guidata da Cappellacci sta indubbiamente stretta la definizione di centrodestra, se non altro perché includente forze di non facile catalogazione (i sardisti e i socialisti di Farigu), ma non per questo meno organiche al progetto "sardo" del Popolo delle libertà, che è un giusto e ben dosato mix tra una piena valorizzazione delle potenzialità economiche e sociali dell'Isola e un intelligente intervento dello stato teso a colmare il divario tra la Sardegna e le altre regioni d'Italia.
Progetto reso più appetibile dal fatto che nella ormai ex Forza Italia è molto ben rappresentato il filone culturale del socialismo riformista e nazionale di Tremonti, Sacconi e Brunetta, temperato dalle influenze federaliste e regionaliste della Lega. Per quanto riguarda A.N., notiamo con piacere che il gruppo dirigente sardo è rimasto orgogliosamente fedele alle proprie radici culturali sarde e nazionali. È interessante notare che a destra (di Soru) si collocano gran parte delle forze autonomiste, rappresentative delle istanze più disparate: da quelle tecnocratiche e modernizzatrici dei riformatori sardi a quelle identitarie (ma in un contesto nazionale) dei sardisti, a quelle cattolico-sturziane di buona parte degli ex democristiani (e per che cosa credete che prima di ogni manifestazione Berlusconi sia andato a rendere omaggio al vescovo del luogo?), per finire con le istanze riformatrici dell'ex socialismo craxiano.
È indubbio merito di Cappellacci essere riuscito ad amalgamare in tempi brevissimi forze così disparate e inserirle in un contesto più ampio e più alto senza nulla togliere alla loro storia e al loro patrimonio umano e ideale. Intendiamoci, non si trattava tanto di promesse di assessorati, incarichi, prebende e quant'altro, che pure ci saranno stati, ma occorreva soprattutto mostrare sensibilità, pragmatismo e intelligenza politica tali da coinvolgere idee, progetti, storie e culture diverse ma a loro modo congeniali al progetto anti-Soru, certo nuovo, ma pur sempre antico, in quanto tendente a modernizzare la Sardegna valorizzando al contempo la sua specifica identità, le sue tradizioni, la sua cultura.
Che questo obbiettivo sia stato raggiunto lo dimostra emblematicamente la bandiera dei quattro mori donata dagli esponenti del P.S.d'Az. a Berlusconi. Bandiera, non dimentichiamolo, che in pace e in guerra ha sempre rappresentato i Sardi, e ancor oggi, non a caso, è lo stendardo dell'unico reparto "etnico" delle forze armate nazionali: la Brigata Sassari.
I sardisti la loro bandiera non se la sono mai fatta strappare da nessuno, neppure dal mitico Emilio Lussu quando, nel 1948, li abbandonò per approdare ai lidi più redditizi della sinistra.
Il darla a Berlusconi significa piena simbiosi tra il loro progetto Sardegna e il progetto Italia propugnato dal cavaliere. Un po' come dire fortza paris e forza Italia.
Niente di nuovo sotto il sole: anche novant'anni fa gran parte dei sardisti salutavano al grido di fortza paris alalà, ma quella fu un'altra storia.