EXCALIBUR 64 - marzo 2011
in questo numero

Flavio Busonera e Bartolomeo Fronteddu

Ovvero la "sardidazzione" del Nazifascismo e della Resistenza

di Angelo Abis
La copertina del libro di Carlo Dore, "Nazifascismo e Resistenza" (Edizione Tema - 10,00 euro)
"Nazifascismo e Resistenza", con un sottotitolo vagamente teologico: "Flavio Busonera, un angelo vittima della barbarie fascista", è un testo opera dell'Avv. Carlo Dore, noto esponente della sinistra cagliaritana, nonché presidente regionale dell'Anppia (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti).
Il testo, smilzo e di agile lettura, compie una rapida carrellata tra le stragi nazifasciste, delinea una sintetica biografia di alcuni personaggi dell'antifascismo e, dopo un excursus nel mondo sardo della Rsi, conclude con la contrapposizione tutta biblica tra l'angelo Flavio Busonera, "di animo mite e buono" e colui che "aveva venduto l'anima al diavolo" e, chissà perché, "tutto porta a ritenere che fosse di indole violenta", ovvero il colonnello Bartolomeo Fronteddu. Il tutto avvallato dal pensiero del teologo Gianfranco Fini, noto, come tutti sanno, per aver introdotto nella storia il concetto di "male assoluto".
L'Avv. Dore, come esponente di una associazione che, tra l'altro, si propone «la denuncia e la lotta contro il fascismo in tutte le sue forme e manifestazioni sia del passato che del presente», non poteva certo esprimersi diversamente, e, anche dando per scontata la veridicità dei fatti da lui descritti (cosa che non è), ciò che colpisce di più il lettore è che l'Avv. Dore sente la necessità di riproporre la parte debole della Resistenza, quella perdente: le popolazioni inermi vittime di una ferocia inumana, i partigiani trucidati, i reclusi delle carceri fasciste.
Insomma una inedita riedizione del sangue dei vincitori (gli antifascisti) contrapposto al "sangue dei vinti" (i fascisti) dei volumi di Pansa che stanno paurosamente appannando agli occhi dell'opinione pubblica il mito della Resistenza.
In soldoni, Dore lancia il messaggio: "la comprensione, la pietà o la stima (che in fondo Dore prova per Fronteddu) per il 'sangue dei vinti' non ci deve far dimenticare che il male stava col sangue di quei vinti, mentre il bene era tutto dall'altra parte".
Visione questa indubbiamente manichea e antistorica! Ma questo Dore non lo nega, anzi, con grande onestà intellettuale afferma, in una lettera inviata a L'Unione Sarda, che il suo libro «non persegue intenti di ricostruzione storica, bensì intende rievocare, a beneficio degli ignoranti, dei distratti e soprattutto a beneficio dei giovani, l'immane tragedia delle stragi nazifasciste, ponendo l'accento sulle responsabilità morali e materiali di coloro che di tali stragi furono autori o complici».
Il discorso potrebbe anche chiudersi qui. Sennonché Dore, pur non perseguendo intenti di ricostruzione storica, per ciò che riguarda i Sardi che si schierarono con Salò, attinge dal mio libro "L'ultima frontiera dell'onore - i Sardi a Salò", citando la fonte e conducendo una polemica garbata ma inconsistente.
Infatti, al contrario di quello che lui dice, ho affermato di non sapere se Salvatore Satta avesse aderito alla Rsi, cosa che ho detto anche per Filippo Figari e Vittorio Tredici, che invece Dore dà per acquisiti a Salò. Singolare è poi la difesa che fa dell'adesione del pittore Giuseppe Biasi: «più che altro istintiva». Tesi questa tirata fuori dagli amici del pittore, in particolare da Tavolara, già dal 1945, con l'unico fine di salvaguardarne la memoria. In realtà Biasi, nutritosi culturalmente del pensiero di Nietzsche e degli scrittori cattolici e antisemiti francesi, fu lucidamente filotedesco e antisemita. Ma queste sono cose secondarie.
Il dato più interessante dell'opera è, innanzitutto, la "sardizzazione" del contesto storico, con la definizione quantitativa e qualitativa, facendo, per intenderci, nomi e cognomi, del "nemico sardo" in una guerra che Dore non esita a definire "fratricida", e, se anche i fratelli sono Caino (Fronteddu) e Abele (Busonera), non v'è dubbio che questo costituisca una assoluta novità nel panorama della cultura antifascista e resistenziale isolana.
Sino a non molto tempo fa, l'argomento era tabù. Tant'è che lo stesso Dore, citando "un'opera ponderosa e ampiamente documentata" sui Sardi a Salò (i due volumi "L'antifascismo in Sardegna" a cura di M. Brigaglia, F. Manconi, A. Mattone e G. Melis), non riesce a trarne che poche righe e neppure un nome.
Ma, in definitiva, l'aspetto più interessante della sua narrazione e cioè la "sardizzazione" del nazifascismo e della resistenza, è quello che rende meno credibile agli occhi degli "ignoranti, dei distratti e dei giovani" il suo tentativo mitizzante dell'antifascismo e della resistenza e la demonizzante del fascismo e della Rsi.
Perché alla base di un qualunque ragionamento storico, ideologico o politico che sia, c'è una constatazione che pure Dore fa: la Sardegna non solo per sua fortuna, ma anche per intelligenza del suo popolo, non ha conosciuto la resistenza e le stragi nazifasciste.
Di stragi ha conosciuto solo quelle causate dai bombardamenti terroristici americani, e di "nazisti" ha conosciuto solo quelli che erano i primi a soccorrere la popolazione civile colpita dai bombardamenti e che quando se ne andarono lasciarono tutto ciò che non potevano portarsi via alla popolazione civile.
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