EXCALIBUR 68 - marzo 2012
in questo numero

Da Blade Runner a Il silenzio del mare

Riflessioni (si fa per dire) durante una notte insonne

del Sonnambulo
Sopra: l'androide Roy Batty, simbolo di anelito alla libertà nello splendido film di Ridley Scott
Sotto: l'ufficiale tedesco Werner von Ebrennac nel film "Il silenzio del mare" di Jean-Pierre Melville (1949)
Mentre preparavo questo numero di Excalibur per la tipografia (limatura degli articoli, ricerca di qualche immagine, qualche piccola correzione, togli una frase o aggiungi qualcosa, troppo lungo, troppo corto, una didascalia, ecc., un lavoro proprio noioso), dopo mia figlia e mia moglie mi sono beccato l'influenza.
Sarà perché erano anni che non stavo male, ma sono stati (anzi sono ancora) giorni difficili.
Tra le altre cose, la notte non riesco a dormire.
E allora, in quella specie di sveglissimo torpore, miliardi di pensieri si accavallano.
Questo numero di Excalibur e il suo Speciale contengono circa 12.000 parole: ne avete idea? Onore, fede, giustizia, Cappellacci, Afghanistan, Pattarozzi, Bocca, articolo 18 e via sviolinando... decine e decine di parole che noi che scriviamo abbiamo l'illusione che contribuiscano a chissà quale cambiamento o a chissà quale illuminazione e che invece forse sono solo il riflesso della nostra irriducibile illusione di essere intelligenti.
Parole, parole, parole. E allora ho pensato a quanto le parole possono essere importanti, alla fin fine sono il solo modo che abbiamo di comunicare che siamo vivi, e allo stesso tempo quanto si può essere prigionieri di una parola.

Da "Blade Runner" di Ridley Scott...
Avete presente il film "Blade Runner" di Ridley Scott? È definito un film di fantascienza.
Tecnicamente è vero: si svolge in una Los Angeles tetra, battuta da una pioggia incessante, nel 2019. È vero, ci sono androidi, esseri analoghi agli umani, "replicanti" dotati di capacità intellettuali, ma non come quella del loro "creatore", destinati a morire dopo pochi anni.
E alcuni di questi si ribellano al loro Dio-creatore e cercano di posticipare la loro morte. Ci ricorda qualcosa, vero? È una storia già sentita.
Bene: pur avendo una vita senza pensieri e senza angosce, questi replicanti vanno alla disperata ricerca di qualcuno che li aiuti non solo a non morire (subito) ma soprattutto a essere come gli uomini: con i loro pensieri, le loro angosce, i ricordi soprattutto, unica via per poter dire - almeno a sé stessi - «ho vissuto».
E dopo fughe, inganni, uccisioni dei "replicanti" sfuggiti alla regola imposta, l'epilogo vede il cacciatore di androidi (Deckard, un Harrison Ford prima di Indiana Jones) aggrappato a una trave e sovrastato dall'ultimo androide sfuggito, Roy Batty (un Rutger Hauer eccezionale, naturalmente).
Che qui pronuncia quel breve discorso entrato nell'immaginario di tutto il mondo del cinema:
«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Il sole prendere fuoco e incendiare le acque del Rio delle Amazzoni. Gatti giocolieri danzare nell'aria nelle pagode del Lago Inle. Zoccoli di migliaia di bufali sollevare nuvole di polvere leggera come rugiada un una notte di luna nel Parco Chobe. Una gorilla che tiene tra le braccia il suo piccolo e lo culla e gli pulisce con delicatezza gli occhi, nelle montagne del Virunga... E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire».
Sì va bene, le cose descritte le ho viste io e non l'androide, ma resta inalterato il concetto terribile che chiude la frase: tutti quei momenti andranno perduti, quando non ci sarà più chi li ricorda e li potrà raccontare.
Fantascienza, vero? O pura angoscia umana?

... a "Il silenzio del mare" di Paul Vercors
E veniamo a un altro dei lampi notturni che hanno attraversato il mio cervello probabilmente già fuso.
Avete presente, a proposito delle parole e della loro forza, il libro "Il silenzio del mare" di Paul Vercors?
Tre personaggi: un vecchio, la nipote e un ufficiale tedesco che, nella Francia occupata, si installa a casa loro. Lui è gentile, educato, innamorato della Francia e della sua cultura.
E l'ufficiale parla e parla e parla sempre del suo amore per la Francia, per i suoi scrittori, per la sua arte e la sua cultura, della missione salvifica dell'arte, cercando di conquistarli, cercando di avere da loro una qualunque risposta che a quel punto testimonierebbe della sua esistenza come uomo.
Niente. Solo silenzio.
La parola, anzi la sottrazione della parola, diviene il modo di resistere all'invasione, una forma di resistenza ancora più crudele perche sottrae all'altro la dignità di essere considerato un uomo. E questo accade mentre all'interno degli animi dei due Francesi si scatena un tumulto, perché in fondo, tra i silenzi, i monologhi, gli sguardi dell'ufficiale tedesco, essi intuiscono sensibilità e dignità.
Ma non gli parlano. E la mancanza di una sola parola di risposta colloca il nemico tedesco nella categoria dei vinti. Come ogni uomo che non ha risposte.

E qui finisce lo spazio, mentre è ancora notte.
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VICO SAN LUCIFERO