EXCALIBUR 80 - luglio 2014
in questo numero

Montecassino, 15 febbraio 1944: crimine contro l'umanità

L'insensata operazione militare che ha distrutto un tesoro della cultura italiana

di Paolo Cau
Sopra: l'Abbazia dopo il criminale bombardamento alleato
Sotto: i B.17, protagonisti coi bimotori B.25 e B.26 della distruzione, e l'Abbazia oggi dopo la ricostruzione finanziata dallo Stato italiano senza alcun contributo dei suoi distruttori

Il 15 febbraio 1944 l'Abbazia di Montecassino, splendido monumento della Cristianità, venne distrutta dagli alleati con un fortissimo bombardamento aereo: era un atto giustificato dalle necessità belliche o vi si arrivò per altri motivi?
Dopo l'8 settembre 1943, gli invasori della Penisola italiana avevano progredito da Salerno verso Napoli, che qualcuno crede ancora sia stata liberata da un'insurrezione popolare, e, sbarcando ad Anzio il 22 gennaio 1944 sotto il poderoso appoggio dei cannoni delle navi da battaglia e di forze aeree numerosissime rispetto a quelle tedesche, si erano illusi di prender anche Roma come un frutto maturo.
Si vide allora la capacità strategica del Feld-maresciallo Kesselring, che disponendo poche, forti Divisioni al di là della gittata dei grossi calibri navali, bloccò per mesi, e causando gravi perdite agli sbarcati, la testa di ponte sulla spiaggia dove si era appena formata. Per prendere la Capitale restava la possibilità di proseguire la marcia verso Nord, ma c'era un ostacolo principale: la "Linea Gustav", un insieme di fortificazioni che tagliava in due l'Italia centrale, dal Tirreno alla città di Ortona, sull'Adriatico. A Nord della "Gustav" vi era poi l'importante comune di Cassino (in provincia di Frosinone) dominato dal Monte Cassino (520 m) su cui sorgeva dal 529 un'abbazia fondata da San Benedetto in persona.
Questo tempio cristiano era stato sin da subito un centro culturale ricco di opere d'arte, codici che tramandavano libri che la decadenza della romanità avrebbe altrimenti fatto sparire e, dopo l'invenzione della stampa, anche incunaboli ed edizioni più che pregiate.
Le truppe alleate comprendevano, naturalmente, soldati americani e inglesi, ma anche indiani e nepalesi, neozelandesi, francesi, marocchini, algerini e tunisini, polacchi e altri (non italiani, tenuti nelle retrovie: non era stato concesso loro l'onore della prima linea...).
Per raggiungere Roma, questa massa, inizialmente di 105.000 uomini contro 85.000 Tedeschi e 1.500 Italiani della Repubblica Sociale Italiana, visto lo stallo di Anzio, tra gli ultimi giorni di gennaio e i primi di febbraio del '44, tentò di sfondare il fronte attraverso il fiume Rapido e mirando alla conquista di qualche altura.
Inizialmente respinta con energia dai Germanici, la 34ª Divisione Usa poté infine superare il Rapido e raggiungere la periferia di Cassino, ma la scalata al Monte si rivelò impossibile e il vicino colle Calvario fu sì occupato il 6 febbraio, ma ripreso dal 3º Reggimento della 1ª Divisione Paracadutisti tedesca dopo alterne vicende che si conclusero il 10 febbraio.
Un ulteriore attacco per Montecassino, l'11 febbraio, fruttò alla 2ª Divisione neozelandese e alla 4ª Divisione indiana solo 300 metri di terreno, in piena esposizione alle intemperie e al tiro nemico.
La 4ª Divisione indiana era comandata all'epoca dal Generale Francis Tuker, che aveva letto in un libro del 1879 comprato da un antiquario di Napoli che l'Abbazia aveva muri alti 45 metri e spessi ben 3 deducendo quindi una sua inespugnabilità con mezzi convenzionali e caldeggiando quindi una sua distruzione dall'aria, con bombe almeno da 1.000 libbre.
Nel frattempo i Tedeschi avevano dichiarato il Monastero zona smilitarizzata, e vietato a ogni loro militare di metter piede nel recinto dell'Abbazia. Solo uno aveva disobbedito: il Generale Fridolin von Senger und Etterlin, che nella notte di Natale 1943 vi era comunque entrato, a capo scoperto e disarmato, per ascoltarvi la Messa di mezzanotte. Molti alti ufficiali alleati però non vollero credere a tanto rigore e per giunta, nella sua relazione finale, il Tuker aveva avuto anche il coraggio di scrivere che l'Abbazia poteva e doveva esser distrutta anche senza accertarsi di una presenza di difensori armati al suo interno, per prevenirne comunque l'utilizzo come fortezza... Non bastava ancòra: Tuker, gravemente ferito nei combattimenti di inizio febbraio, lasciò il fronte, ma il comandante del Corpo neozelandese contribuì fortemente a far accettare i suoi suggerimenti.
Quest'uomo era il generale Bernard Freyberg, che nel '41 era stato pesantemente sconfitto a Creta dai paracadutisti tedeschi sbarcativi senza appoggio di armi pesanti e, meno che mai, di mezzi corazzati, e sembra anche questa sconfitta sia stata dovuta all'uso poco intelligente delle decrittazioni, notoriamente accettabili, dei messaggi cifrati tedeschi, effettuate mediante la celebre macchina "Ultra". Nei 20 mesi successivi alla sconfitta inglese in Grecia, va detto che questo "Dog of war" se la cavò sensibilmente meglio, in Nordafrica e nella successiva campagna d'Italia, ma quanto a cultura generale soprattutto italiana, avrebbe potuto far una meschina figura davanti a un Avanguardista italiano diplomato in una scuola di "avviamento professionale" come allora ne esistevano...
Freyberg non lesse qualche polveroso volume contenente una descrizione della grande Abbazia: semplicemente, si basò sui dati forniti da un ricognitore aereo che aveva dichiarato di aver visto soldati in divisa nell'Abbazia e antenne radio sul tetto. E, per vincere le ultime opposizioni di qualche parigrado che ancora poteva giudicare un bombardamento di un edificio sacro e smilitarizzato un atto contrario alle regole di guerra, disse che se il bombardamento non fosse stato effettuato, egli, che godeva di una certa autonomia dal comando generale del fronte italiano, sarebbe tornato con tutti i suoi uomini in Nuova Zelanda: così almeno ci dice Raymond Cartier nella sua splendida e obiettiva storia della Seconda Guerra Mondiale.
Davanti a certi argomenti, il comandante supremo in Italia, il mediocre generale Mark W. Clark non poté che accettare: la mattina del 15 febbraio 1944, 142 bombardieri quadrimotori e 114 bimotori bombardarono l'Abbazia martire radendola al suolo, uccidendo al suo interno numerosi civili sfollati dalla vicina Cassino e che si erano illusi di essersi messi al sicuro e al suo esterno svariati soldati germanici, nonché 40 Indiani della Divisione di Tuker.
Sul piano militare, gli effetti furono anche meno produttivi: ora sì che nelle macerie, divenute ostacolo a qualsiasi tentativo di scalata del Colle si potevano attestare e fortificare i paracadutisti della 1ª Divisione tedesca (noti come i "Diavoli verdi"). Per giunta, le truppe di terra alleate erano state informate che il bombardamento aereo avrebbe avuto luogo il 16 febbraio e così l'investimento del Colle: questa forte anticipazione trovò impreparate le forze già a ridosso dell'altura, mentre le altre erano ancora in marcia: questo attacco, che doveva essere risolutivo, fu effettuato da poche decine di combattenti del 1º Reggimento "Royal Sussex" dopo il tramonto e da tutto un battaglione la notte dopo: entrambe le giornate finirono con gravissime perdite tra gli attaccanti e il 17 febbraio 3 battaglioni indiani e nepalesi che attaccarono stavolta in massa in direzione dell'ormai distrutta Abbazia dovettero ritirarsi, lasciando il terreno coperto dei loro cadaveri.
Nelle stesse ore, falliva anche un'operazione destinata a occupare la città e il nodo ferroviario di Cassino, obbligando così Freyberg a sospendere ogni attacco.
La distruzione del monastero non era stato solo un crimine, ma si era rivelato un atto di vera e propria idiozia militare.
E i beni culturali "mobili" dell'Abbazia? La preziosa biblioteca e l'ancor più prezioso archivio?
Bene, già dal 14 ottobre 1943, inviati dal Ministero dell'Educazione Nazionale dell'appena proclamata Repubblica Sociale Italiana, si presentarono all'Abate Gregorio Diamare due Ufficiali germanici, il Colonnello Schlegel e il Capitano Becker, che presi gli opportuni accordi imballarono libri e documenti e, con automezzi della Divisione "Goering", li trasportarono nella Rocca di Spoleto prima e poi, per maggior sicurezza, in Vaticano il 10 dicembre successivo, dopo un breve controllo da parte delle Soprintendenze Archivistica e Bibliografica, sempre dipendenti da Ministeri della suddetta Repubblica, che qualche imbecille pochi anni fa ha definito "il male assoluto".
tutti i numeri di EXCALIBUR
VICO SAN LUCIFERO