EXCALIBUR 80 - luglio 2014
in questo numero

Libertà ed eguaglianza: quale confine?

Alcune riflessioni senza risposta su un problema che si trascina da secoli

di Angelo Marongiu
Ciascuno di noi è, in verità, un'immagine del grande gabbiano, un'infinita idea di libertà senza limiti (Richard Bach, "Gabbiano Jonathan Livingstone")
Ci sono domande che ci poniamo la cui risposta sembra semplice, ma nel momento in cui cerchiamo di formularla restiamo senza parole.
Cos'è la libertà? Cos'è la libertà politica? Qual è il confine tra libertà e democrazia?
La grande varietà di risposte possibili riflette la difficoltà di caratterizzare un concetto apparentemente semplice e, dall'altra, la notevole varietà di risposte riflette differenti visioni e obiettivi di coloro che hanno affrontato il problema.
In genere per libertà si intende la condizione in virtù della quale un individuo può decidere di pensare, esprimersi e agire senza costrizioni.
È anche la condizione di chi non è prigioniero e non ha restrizioni, quindi può esercitare la sua facoltà di agire secondo le proprie scelte, anche grazie a un potere specifico che la legge gli riconosce. Chi compie un'azione esprime la propria libertà quando ha possibilità di scelta e l'azione si estrinseca con spontaneità, senza costrizioni e senza ledere gli interessi di altri.
È quindi un concetto ampio che dà comunque l'idea di uno spazio interiore ed esteriore nel quale essere sé stessi e nel quale, gradualmente, si inseriscono altri soggetti.
La libertà non va confusa né con il diritto, né con la licenza. In maniera didascalica, è un diritto quando la persona può pretendere dalla collettività che siano garantite le condizioni perché essa possa essere esercitata. La licenza, invece, presuppone l'ammissibilità legale di esercitare un dato comportamento in base a determinate condizioni personali.
Isaiah Berlin distingueva tra libertà positiva e libertà negativa, tra libertà di e libertà da. In pratica, riprendendo Benjamin Constant e il suo concetto di libertà degli antichi e quella dei moderni, essa va intesa come libertà di fare determinate cose e come non interferenza di un potere esterno.
Ecco quindi il concetto positivo di autonomia e indipendenza del soggetto razionale e quello negativo di assenza di sottomissione e di costrizione che rendono complessivamente l'uomo libero.
In questo contesto, cos'è la libertà politica?
Sempre secondo Berlin, nel mondo antico, specie tra i Greci, essere libero significava poter partecipare al governo della propria città. Essere libero significava non essere costretto a sottostare a leggi fatte da altri per me, ma non fatte da me. Questo presupponeva anche che la legge potesse entrare in tutte le sfere della vita e che riguardasse tutti gli uomini, parimenti soggetti a critica, indagine o costrizione in caso di inosservanza della legge. Non esisteva una sfera privata.
Nel mondo moderno emerge un'idea nuova formulata da Constant: c'è una sfera della vita - la vita privata - nella quale l'autorità pubblica non può intromettersi salvo circostanze eccezionali.
Nel mondo antico ci si poneva la domanda «Chi mi governerà?» e la riposta poteva essere: un monarca, un tiranno, i migliori, i più forti, i più ricchi, gli eletti dal cittadino.
Nel mondo moderno la domanda cruciale è «Quanto governo deve esserci?&@187;.
Domanda semplice che presuppone che esista una frontiera tra vita pubblica e vita privata e che - per quanto ristretta possa essere la sfera privata - all'interno di essa io possa fare ciò che voglio, vivere, credere e dire ciò che mi piace, purché non leda gli analoghi diritti degli altri, né minacci le istituzioni che mi garantiscono tale diritto.
È la classica concezione liberale di Locke, Voltaire, Paine, Constant, Mill.
È l'ampiezza di questa sfera privata che garantisce lo sviluppo dell'individuo, della persona, e quindi della società: che consente a ognuno di noi di essere sé stesso, di esprimere compiutamente le proprie qualità, di sviluppare appieno le proprie potenzialità, di garantire in sintesi quella diversità e ricchezza di espressioni che fanno parte della natura umana.
Ma gli uomini vivono all'interno di una società e partendo da questo semplice presupposto l'individuo liberale è stato posto in secondo piano. Altri valori, legati alla comunità, sono diventati importanti: la sicurezza, la pace, la salute. Infine un altro termine ha preso poi il sopravvento: l'uguaglianza.
In nome di questi valori la libertà ha perso il suo significato di valore fondante ed è diventata un valore tra tanti e ove costituisce un ostacolo per il conseguimento di fini giudicati altrettanto importanti, essa è stata limitata.
Tocqueville ha addirittura delineato la possibilità di un dispotismo buono, dal potere incontrastato, capace di eliminare le evidenti imperfezioni del mondo con il fine di rendere la società più equa e più giusta.
Ed è questo l'equivoco sfruttato da molti regimi politici per giustificare il proprio potere.
Ecco allora l'intervento dello Stato, chiamato a risolvere i problemi della società civile - in particolare il complicato rapporto tra libertà e uguaglianza - con la conseguenza che per realizzare quest'ultima si è finito per limitare la prima.
O si è liberi o si è eguali.
Uguaglianza significa assenza di libertà, poiché la libertà è sempre il risultato di una competizione tra gruppi e individui diversi, non eguali.
Il punto nel quale si applica l'intervento dello Stato - in pratica l'individuazione del confine tra sfera pubblica e sfera privata - segna il discrimine tra i regimi autoritari e i regimi liberali. In nome dell'uguaglianza dei cittadini il regime sovietico e quello cinese, ad esempio, hanno annullato l'esistenza di qualunque sfera privata.
La politica non è concepita come quell'attività che disegna la "cornice" all'interno della quale - in assoluta libertà - si svolge l'attività dei singoli individui. Essa viene intesa come un'attività salvifica, il cui scopo principale è garantire l'uguaglianza tra individui che per idee, capacità, potenzialità non sono uguali: si pretende di esercitare un'azione virtuosa di pianificazione dei cittadini, con il risultato di deresponsabilizzare gli individui (tanto ci pensa lo Stato!) e di demotivare le autonome capacità dei migliori (a che scopo?).
Questo restringimento della sfera privata a vantaggio della sfera pubblica vanifica una delle grandi conquiste dello stato liberale e - con l'intento di perseguire un'irraggiungibile stato di giustizia - vengono aumentati a dismisura i poteri dello Stato e l'azione di interferenza della politica nella sfera privata dei cittadini.
Uno Stato che conta oltre 200.000 leggi, che legifera su tutto, che impone balzelli a dismisura per poter diventare un Leviatano ancora più grande e nel quale la magistratura esercita di fatto un imperio incontrollabile, ha di fatto privato i cittadini di una loro autonoma vita personale: esso è avviato a ripercorrere quelle forme di statalismo ossessivo tipiche dei regimi autoritari.
Accanto a queste forme esasperate di perseguimento dell'uguaglianza dei cittadini, si assiste a uno sfrenato proliferare di desideri individuali assunti come diritti imprescindibili. E quindi ancora leggi, che, con lo scopo di garantire e tutelare sparute minoranze, limitano ancora di più le libertà di molti.
Esiste ancora il diritto al dissenso?
È necessario che tutti comprendano che la libertà non è un obiettivo da raggiungere, ma uno strumento tramite il quale ogni individuo può realizzarsi appieno e, così facendo, arricchire la società tutta.
Quest'ideale ha attraversato il mondo per secoli, alimentato dalle riflessioni di veri liberali: ora è in continuo dissolvimento, inghiottito dalle ideologie pseudo-liberali e dai totalitarismi ideologici.
La libertà è un ideale che nessuno difende più. L'individuo è scomparso, esiste solo la società.
Lo Stato è diventato un'immensa Stasi.
- Raymond Aron, "L'etica della libertà; Il concetto di libertà"
- Isaiah Berlin, "Il potere delle idee; quattro saggi sulla libertà"
- Benjamin Constant, "La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni"
- Alexis de Tocqueville, "Democrazia, libertà e religione: pensieri liberali"
Grazie a Excalibur! (di Angelo Marongiu)
Vorrei ringraziare i Direttori (responsabile e di redazione) che in questi anni mi hanno concesso uno spazio su "Excalibur". Ho avuto la fortuna di poter scrivere in assoluta libertà sugli argomenti, politici o culturali, che mi hanno appassionato.
Scrivere è naturalmente esporsi in prima persona e le obiezioni e le critiche sono una normale conseguenza di opinioni diverse.
Ci sono però argomenti che diventano pericolosi, se non affrontati con opportuna delicatezza, e la religione è uno di questi.
L'articolo dello scorso numero su Papa Francesco, scritto seguendo le fila di un mio personale ragionamento e non da ateo devoto o da papista ateo, forse ha superato - non me ne sono reso conto - un'immaginaria "linea d'ombra", urtando la sensibilità di alcuni.
Mi rendo conto che non è facile essere compresi, soprattutto quando si sfiorano certi argomenti per i quali - per molti - la fede conta più della ragione (ancora Benedetto XVI!). E di fronte a obiezioni dettate - a mio modesto parere - dalla fede prima e dalla ragione poi, mi ritiro in buon ordine; non esiste possibilità di contradditorio.
E poi sarebbe uno scontro tra Angeli e con i tempi che corrono...
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