EXCALIBUR 81 - ottobre 2014
in questo numero

Pensioni: sistema retributivo o sistema contributivo?

La perversione del sistema parte da molto lontano

di Antonio De Marinis*
Il sistema previdenziale è perennemente sull'orlo del collasso
Il 2014 si avvia, ormai, alla fine non senza aver sofferto, fra l'altro, l'ennesima diatriba in materia di pensioni per l'onere sempre più insostenibile che ne deriva da gran tempo per le finanze del nostro stato. Né il radicale mutamento nel frattempo intervenuto nei sistemi di calcolo con il passaggio dal sistema cosiddetto retributivo a quello "contributivo" operato come risolutivo del problema, può davvero dirsi che si riveli tale.
Del resto, è da osservare che quello stesso sistema che si è preteso di definire retributivo ha subito, sin dagli anni '90, tante e tali incisioni da ridurne, progressivamente e sensibilmente, quella dimensione che, tuttora, gli si imputa di generoso "moltiplicatore" di un montante che di per sé finiva per non corrispondere all'entità della prestazione pensionistica, correlata com'era, quest'ultima, almeno in linea di principio, appunto alla retribuzione percepita dal lavoratore all'atto della sua cessazione dal servizio.
È non meno evidente, peraltro, che il dipendente, pubblico o privato che sia, una volta "colpito" dalla riforma in senso contributivo, ben a ragione avrebbe potuto e potrebbe tuttora pretendere che quel montante fosse e sia adeguatamente corroborato dai frutti di appropriati investimenti operati nell'intero arco del tempo lavorativo, imposti, fra l'altro e sin dall'origine, dalle stesse norme di riferimento. Manco a dirlo, nell'ottica costituzionale che prevede il rispetto e la soddisfazione delle necessità del lavoratore e della sua famiglia, esistenza libera e dignitosa, ovviamente, anche dopo e durante la cessazione dell'attività retribuita da parte di quello che, di norma, è e ne rimane il "capo" con tutti gli oneri connessi.
Ma qui vengo - ahi noi, non più che per informarne il lettore - alle vere cause che hanno determinato negli anni il dissesto finanziario della previdenza nazionale, sino alle intollerabili dimensioni attuali: esso, infatti, non può non soggiacere a una constatazione di fondo, tutt'altro nota seppellita com'è da sempre dal silenzio dei "media" e ciò dovrebbe sorprendere, nonché da quello, evidentemente interessato, delle Autorità di governo, per nulla sorprendente!
Dovrebbe, infatti, essere noto che con la Legge ("Finanziaria" per il 1979) 21 dicembre 1978, n. 843 e per il correlato Regolamento attuativo del D.M. 23 febbraio 1979, quel medesimo montante sia stato reso finanziariamente improduttivo nelle e per le "entrate" della previdenza nel momento in cui se ne ordinava e tuttora se ne ordina, con tassativa e più che ravvicinata periodicità, il "versamento" in un "conto infruttifero della Tesoreria Centrale"!?
Il lavoratore è, perciò stesso e ormai da trentacinque anni, obbligato a concorrere, direttamente e con continuità, a sopperire alle insaziabili esigenze di "cassa" dello Stato (da sempre, in particolare, della assistenza pubblica). Ovviamente, in aggiunta ai prelievi impostigli, quale comune contribuente, dalla fiscalità generale; ben in anticipo, per un verso, rispetto alle scadenze di questa, dall'altro privato all'istante dei potenziali "frutti" di quello che sarebbe dovuto essere un sapiente investimento di quei suoi capitali (cui ha contribuito, nella entità nota, il datore di lavoro), destinati e a corroborare il suo trattamento pensionistico futuro, "contributivo" o "retributivo" che fosse e, nel contempo, i bilanci del sistema previdenziale sia di appartenenza che, di riflesso, generale.
Risparmio obbligatorio il suo, sostanzialmente sottratto "ex lege" ma "contra legem" e per sempre agli originari legittimi fini; non si vede, perciò, come lo Stato e, per esso, il Tesoro potrebbe a sua volta sottrarsi al debito pensionistico che ne consegue verso il lavoratore-creditore e che non può non imputarglisi in uno con il dissesto finanziario del sistema!
Per inciso: che ne sarebbe dello stesso sistema delle nostre istituzioni bancarie e delle sue finalità creditizie e di quello assicurativo privato se i depositi e i premi di competenza fossero ugualmente trasferiti e resi infruttiferi d'imperio nella Tesoreria Centrale?
Appropriato investimento che, per giunta, è venuto meno sia a spese delle previdenza di base sia di quella a suo tempo definita integrativa, adottata con i Fondi interni a quei medesimi Enti, per i loro dipendenti chiamati a concorrervi, con trattenute "ad hoc" (ad esempio, nell'Inail, dal 1969 e, analogamente, dal 1970, nell'Inps), antesignana essa stessa di quella previdenza complementare introdotta soltanto nel 1993 con il D.L.vo n. 124 del 21 aprile che la ricomprese, quotidianamente invocata e non meno variamente concepita come la sola che possa garantire, sommata a quella obbligatoria ormai ridotta al lumicino, le condizioni "costituzionali" di cui sopra.
Ed è del tutto incredibile ma vero che quei fondi interni siano stati addirittura soppressi dall'1 ottobre 1999, conservandosene peraltro le prestazioni ma nei limiti di cui al comma 3 dell'art. 64 (Legge n. 144); già diversamente "attraversati" nel 1975 (Legge n. 70, art. 14) e nel 1995 (D.L.vo n. 124 art. 18, comma 9), da parziali soppressioni e ripristini più o meno integrali (!). In cosiffatta normativa, i non iscritti sono abbandonati alla previdenza di base e a una meramente ipotetica, aleatoria e variamente costosa "complementare".
Infatti, nel momento stesso in cui lo Stato e, per esso, il "Tesoro", appropriandosi dei capitali se ne è perciò stesso accollato l'intero onere finanziario (gestione degli Enti esclusa), si è così infilato in una sorta di tunnel senza vie d'uscita diverse o da prelievi contributivi sempre maggiori in cambio delle medesime prestazioni ovvero acquisiti dall'aumento della fiscalità generale.
D'altra parte, nel corso degli anni Novanta, mi è stato dato di leggere su quotidiani e settimanali di diffusione nazionale, che «i fondi che raccolgono gli accumuli volontari delle pensioni cilene investono in Europa e in America latina [...]; operai e impiegati non hanno più paura», "lieto fine da imitare"? Ovvero: "Lo Stato, con una leggina, trasforma in crediti i debiti dell'Inps"; mie puntuali lettere sul tema seppure limitate a puri e semplici quesiti, non sono state ritenute degne di risposta! Non posso, davvero, dolermene, una volta che i ben più autorevoli ammonimenti che un Modigliani ha rivolto per decenni allo Stato italiano non siano valsi a indurlo a una gestione dei capitali della previdenza nazionale che traesse da oculati investimenti i mezzi necessari e sufficienti (Cile insegni!?) per la sua autonomia finanziaria, cioè senza oneri per lo Stato, in atto e in prospettiva.
E il Modigliani, nel frattempo, è passato a miglior vita!
Princìpi cui, per converso, si ispirarono da subito e per oltre quarant'anni le norme istitutive dell'Inps, nel 1935 (Rdi n. 1827, del 4 ottobre, convertito nella Legge 6 aprile 1936, n. 1151); all'articolo 35, i commi da 1 a 11 prevedevano appunto che «i capitali disponibili dell'Istituto per tutte le gestioni a esso affidate» potessero essere impiegati, fra l'altro, in «mutui fruttiferi» a provincie e comuni, in «mutui fruttiferi ipotecari per l'edilizia popolare» nonché «ad istituzioni igienico-sanitarie» che avessero «scopo di prevenzione, di cura o di assistenza» e, sottolineo (!), «in depositi fruttiferi presso la Cassa Depositi e Prestiti, la Banca d'Italia e altri Istituti di credito di notoria solidità».
Raccomando la lettura dell'intero articolo onde se ne percepisca il capovolgimento operatone con la nefasta legislazione nel 1979!
E con le successive modifiche, integrazioni, innovazioni degli ultimi decenni, sino ai nostri giorni, che non preludono ad alcun ravvedimento.

Per la più completa disamina dell'intera problematica, raccomando la lettura di "Ma... quanto costa al lavoratore il sistema pensionistico?" di Giustino Lorenzi, pubblicato dall'autore (!) alla fine di marzo dell'anno 2012.

*Dottore in Giurisprudenza
- già Direttore Superiore dell'Inail
- già docente di Legislazione Sociale e Diritto del Lavoro nel "Centro Regionale di Studi per il Servizio Sociale"
- già vice Segretario nazionale del Sindacato Autonomo Dipendenti Inail in pensione
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