EXCALIBUR 86 - aprile 2015
in questo numero

Referendum: promessa o minaccia?

Una Costituzione buona per tutte le occasioni

di Lancillotto
Sarà l'affluenza a decidere, come sempre
Sono francamente un po' confuso.
Lasciamo perdere Alexis Tsipras che sul suo pacchetto di riforme minaccia (o promette) di indire un referendum. Per inciso, una serie di riforme che dovrebbero consentire la permanenza della Grecia all'interno dell'euro e quindi si suppone alquanto dolorosa, se sottoposta a referendum non sarebbe certo approvata, a meno che l'oggetto indiretto della consultazione non fosse la sua stessa leadership.
A casa nostra invece Matteo Renzi - a proposito delle riforme costituzionali in esame da parte del Parlamento - sbandiera ai quattro venti che «la sovranità appartiene al popolo e sarà il popolo a decidere se la nostra riforma va bene o no». E continua: «per noi decideranno i cittadini con buona pace di chi ci accusa di autoritarismo».
Ciò che sconcerta è che il referendum - previsto dall'art. 138 della Costituzione e regolamentato tra le altre dalla Legge n. 352 del 25 maggio 1970 - da strumento di espressione della volontà popolare che si manifesta su argomenti ben precisi, venga utilizzato - anzi più esattamente minacciato - dal vertice dell'esecutivo come una conferma della propria leadership. Alla faccia dell'autoritarismo.
Allo stesso modo si comportò ad esempio Charles De Gaulle, che utilizzò questo strumento quale avallo di un potere concentrato sulla singola persona.
Questa paradossale promessa o minaccia di referendum nasce dalla pervicace ostinazione con la quale Renzi rifiuta di cercare una maggioranza più allargata per l'approvazione delle sue modifiche e - contando sul fatto che presume di avere un consenso popolare superiore a quello parlamentare - invece di cercare consensi in Parlamento, lo blocca con richieste continue di voti di fiducia e con minacce di questo genere.
Due peccati.
Il primo è di presunzione: considerando che in genere gli elettori si recano alle urne per opporsi e non per manifestare consensi e che nel caso di referendum confermativi la maggioranza richiesta è quella dei votanti, Renzi corre il rischio di una conferma delle sue riforme con una percentuale di consensi ben miserevole.
Il secondo peccato (a parte che in caso di modifiche alla Costituzione il referendum confermativo è una strada quasi obbligatoria, quindi non sta "concedendo" nulla) è un po' più subdolo e denota una certa forse voluta ignoranza: è vero che la sovranità appartiene al popolo, ma è altrettanto vero che esso non la esercita direttamente, ma attraverso i suoi rappresentanti liberamente eletti, cioè il Parlamento.
Che in questo caso Renzi ignora tranquillamente. Ma senza autoritarismo, per carità.
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