EXCALIBUR 91 - aprile 2016
in questo numero

Matteo Renzi e la funambolica oscillazione tra destra e sinistra

Contorsioni e strattagemmi per essere sempre visibile

di Nicola Silenti
Salto di qualità del renzismo, giustificato col fattore "Nazareno"
Versatilità da camaleonte e spirito di adattamento, opportunismo alla massima potenza e una cura spasmodica della comunicazione mediatica.
L'esistenza politica di Matteo Renzi è tutta imperniata sul calcolo maniacale della propria convenienza e sul computo ossessivo della propria azione a misura di consenso popolare.
Una sorta di versione riveduta e corretta del machiavellismo a favore di taccuino e teleschermo, resa possibile dall'innata capacità di intuire con tempismo in che direzione spira il vento dell'umore popolare e da una mancanza di antagonisti degni di questo nome e comunque in grado di fare davvero paura.
Una penuria capace di accomunare nella stessa irrilevanza sia gli avversari interni, spazzati via come birilli dalla scalata trionfale alla segreteria del Partito Democratico, sia gli avversari esterni, tutti trascinati nella spirale sciagurata e inarrestabile della fine del berlusconismo.
Un panorama che sembra garantire anni di potere indisturbato, grazie anche a un'azione politica scandita da colpi al cerchio di sinistra come quello sulle unioni civili e colpi alla botte di destra come quello sul Jobs Act.
Un potere da gestire con il conforto di un esercito privo di generali ingombranti e un patrimonio di alleati insospettabili e amicizie influenti che si ingrossa di giorno in giorno sempre di più, nella tradizione tutta italica del "carro del vincitore". Amici fedeli che, a dispetto di una storia politica vissuta nel campo avverso, presidiano oggi la maggioranza renziana puntellando i mal di pancia della sinistra con il voto salvifico dei transfughi del polo di centrodestra che fu.
In realtà, a dispetto dei critici, anche gli osservatori più distaccati e i cantori meno entusiasti del renzismo giustificano il salto di qualità nella carriera politica nazionale dell'ex sindaco di Firenze con il fattore "Nazareno", ossia con il patto d'intesa stipulato con il capo dell'opposizione Silvio Berlusconi. Un'intesa nero su bianco siglata, a Governo Letta in carica, nella sede del Partito Democratico di Largo del Nazareno. Un evento a forte impatto emotivo consumato nello stupore generale di entrambi gli schieramenti, e che ancora oggi resta in larga misura oscuro ai più nonostante le numerose indiscrezioni su accordi veri o presunti in materia di legge elettorale, riforma del titolo V della Costituzione, televisione ed elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Un patto che oggi, portato alle estreme conseguenze, sembra essere la vera origine dello sfaldamento del centrodestra con le candidature contemporanee e contrapposte alla poltrona di sindaco di Roma di Guido Bertolaso, Giorgia Meloni e Francesco Storace.
Uno sfaldamento replicato in misura analoga nella corsa all'elezione dei sindaci di Milano e Napoli, e che rischia seriamente di lasciare campo aperto al Movimento cinque stelle nel ruolo di contraltare unico al premier fiorentino.
Un prezzo salatissimo e potenzialmente autodistruttivo per la destra italiana, che a tanti sembra il conto pagato da Berlusconi a Renzi per la salvaguardia dei propri interessi aziendali.
Un patto d'acciaio che vale molto di più di una banale stretta di mano: la mano dell'uomo che, appena qualche giorno prima di spodestarlo dalla Presidenza del Consiglio, rassicurava il premier in carica Enrico Letta con un velenoso quanto letale: «Stai sereno».
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