EXCALIBUR 91 - aprile 2016
in questo numero

Bruxelles 2016

Legami e grovigli per una strategia che cresce di pericolosità e di complessità

di Pitagora
Sopra: Molenbeek, la casbah di Bruxelles, vera città nella città, dove sembra di vivere in un altro mondo, e la casbah di Algeri, la cui impenetrabilità fisica e culturale ha sconfitto un reparto di paracadutisti francesi
Sotto: il livello strategico del terrorismo ormai punta decisamente verso la bomba atomica portatile
La strategia del terrorismo islamico, contrariamente a quel che si pensa, ha come teatro operativo non solo l'Italia ma anche la stessa Sardegna.
Nella conferenza di Washington convocata dopo le stragi di Bruxelles, il presidente Obama ha voluto insistere con gli alleati sul pericolo posto dall'impiego di materiali nucleari nelle azioni terroristiche che abbiano per fine soprattutto la strage e la paralisi dei centri strategici delle società avanzate, come accadde con gli attacchi alle Twin Towers e al World Trade Center, le metropolitane e le stazioni, ove affluisce una notevole folla.
La riunione conferma la grave preoccupazione della Casa Bianca, la necessità di rendersi conto che viviamo in stato di guerra, anche se combattuta con le tecniche dei "commandos", come operazioni speciali indirizzate, però, ed è un punto cruciale, alle stragi, cioè all'equivalente dei bombardamenti terroristici nella seconda guerra mondiale, posti in essere per terrorizzare le popolazioni e destabilizzare i governi dell'Asse.
Il richiamo al pericolo immediato dell'uso di materiali nucleari, da parte degli Stati Uniti, conferma che si tratta di guerra in senso proprio, anche se di tipo diverso dalle forme che essa ha assunto in passato, e che rinchiude in sé anche un disegno politico.
L'attacco a Bruxelles, sede del governo europeo, ha un significato politico preciso e rivela una strategia che punta a disarticolare l'Unione Europea.
La ricerca di materiali nucleari non è una novità. La cellula terroristica islamica di Parma, solo in parte sgominata dieci anni or sono, era alla ricerca di materiali nucleari in Germania. La ricerca di questo tipo di materiali strategici dura da anni. Da tempo, si tenta di costruire una bomba portatile, da utilizzare nei centri critici delle società occidentali. La cellula di Parma, nascosta nel centro della città, a pochi metri dalla stazione, in posizione diretta verso tutti i nodi autostradali, mascherata dal traffico quotidiano dei maghrebini, in via Albertelli, a un passo della quale ha sede una banca utilizzata dalla cellula. Un punto molto favorevole.
La piccola comunità islamica residente era una copertura perfetta che rendeva invisibile la cellula, come se fosse una piccola Molenbeek di Bruxelles. Era difficile notare arrivi e partenze. Non mancava il kebab, finito in un misterioso incendio nell'estate del 2014, dopo gli arresti di dieci anni fa. Un fuoco che ha fatto piazza pulita delle tracce delle attività che si svolgevano nel retrobottega. Da là proveniva un acuto odore di acetilene che saliva agli appartamenti superiori e che ha generato le proteste dei vicini. Nel 2014 i proprietari hanno chiuso i conti in banca e si sono trasferiti a Lione, uno dei centri militanti dell'Islam francese.
La cellula di Parma è riapparsa negli arresti recenti di Bari e Salerno. Ha semplicemente diversificato il teatro d'azione, mantenendo nel tempo i rapporti col Mullah Krekkar, che ha vissuto a lungo in Norvegia.
La Norvegia non è certo teatro di azioni terroristiche, ma occorre tener conto che il terrorismo islamico situa i centri della preparazione strategica in contesti diversi da quelli che vedono in azione i gruppi di fuoco.
Nessuno sa a qual punto siano giunti i tentativi di mettere a punto la bomba atomica portatile. Ma quel giorno arriverà. Di certo, non mancano le risorse per acquisire i materiali nucleari nei mercati neri e i terroristi cercano gli esperti nell'"underworld" delle consulenze professionali, che dovrebbe essere studiato accuratamente, come nel caso della mafia e di ogni società segreta.
Si tende, di solito, a vedere i terroristi come stranieri o "estranei" che lanciano un attacco sanguinario venendo "dall'esterno": è un errore di metodo.
Abbiamo raccolto indizi fondati che il nemico è "interno", se posso riprendere la distinzione di Carl Schmitt posta tra "interno" ed "esterno".
Nella centrale atomica di Bruxelles, in seguito a indagini accurate sui profili dei dipendenti, la direzione della sicurezza ha allontanato alcuni dipendenti professionalmente ben qualificati, sospettati di simpatia per la battaglia dell'Islam.
L'Islamismo, nelle sue varie forme, ha adottato una strategia a lungo termine organizzata per colpire il nemico. Ha agito come un servizio segreto, attingendo alle risorse tecnologiche disponibili e moderne. I dirigenti della guerra islamica non sono rozzi contadini analfabeti: gli attentatori che avevano base a Bruxelles erano dotati anche di studi superiori. La teoria della povertà causa della guerra del terrore non regge davanti alle biografie del nemico. Forse i servizi di sicurezza e i loro consulenti non hanno considerato adeguatamente la forza del vincolo religioso universale che unisce le cellule di diversa origine.
Gli strateghi che si chiedevano quali fossero le minacce all'Europa e agli Stati Uniti, e da dove potessero provenire e da chi, non hanno riflettuto adeguatamente sul fatto che l'invasione e quindi l'aggressione poteva aver luogo per piccoli gruppi armati, di solito di 10-13 membri, fluttuanti, coordinati alla luce di una ideologia assoluta, un credo comune, disposti alla morte, animati dal desiderio di distruggere i loro nemici, collegati da una rete segreta di scambi in codice.
Sono noti i viaggi, avanti e indietro per l'Europa e l'Italia, degli attentatori di Bruxelles e i passaggi per Bari onde procurarsi la documentazione falsa. Offerta, in questo caso, da un membro della cellula di Parma, ancora legato alla rete attiva del terrore. È probabile che le decisioni operative siano state prese nelle riunioni in Grecia nel giro di poche ore. La rapidità torna a vantaggio dell'efficienza e della segretezza dell'operazione.
Sottile è anche il giuoco dei movimenti da un paese all'altro per rendere difficili le intercettazioni. L'industria dei documenti falsi consente la creazione di identità multiple che servono a nascondere l'origine dell'attentatore, il mandante, il progetto strategico del commando e trarre cospicui finanziamenti, come conferma l'inchiesta condotta dalla Procura di Cagliari.
Olbia ha operato come un vero centro strategico, come una anagrafe terrorista ad hoc per predisporre gli assalti del nemico. L'Italia, da questo punto di vista, è in condizioni deplorevoli. Si calcola che solo in Sicilia vi siano 65 mila immigranti "illegali", senza considerare coloro che hanno una identità falsa. Il nostro paese è, dunque, una minaccia continua.
In Sardegna, la registrazione degli immigranti è particolarmente inadeguata, secondo le autorità locali, data "l'emergenza". Contrariamente ai luoghi comuni alimentati dalla politica, dall'Italia sono partiti commandos assassini particolarmente pericolosi, come ha stabilito il Congresso degli Stati Uniti, per agire in altri luoghi.
Come dimostra l'inchiesta "Roma capitale", il traffico di esseri umani senza nome, senza identità è altamente redditizio ed è un canale di accesso senza controllo protetto dal sistema delle cooperative che lucrano su ogni immigrato. Né si curano degli accertamenti indispensabili. Il fiume senza tregua degli immigranti è, senza dubbio, mosso anche dalla povertà. Da anni, sappiamo che esso si accompagna a una strategia politica e militare molto sottile.
L'immigrazione di massa crea quartieri che si distinguono per l'identità etnica e religiosa. Si forma, in breve, la situazione che Gillo Pontecorvo ha descritto nel suo film "La battaglia di Algeri". Un testo che dovrebbe essere studiato dai servizi di sicurezza. La Casbah ha sconfitto i tentativi di un reparto di paracadutisti d'élite di controllare le mosse del terrorismo. È stata un ostacolo flessibile, invisibile e impenetrabile, mentre gli attentati sanguinosi si succedevano in altri quartieri di Algeri.
In Europa abbiamo le nostre Casbah, bene organizzate come "fortezze", secondo il linguaggio nemico. E dobbiamo affrontare un problema nuovo. Si tratta di smascherare le complicità "interne", l'azione all'interno delle istituzioni, non più solo d'oltremare.
L'esito militare della strategia dell'immigrazione, invece della conquista tradizionale, è perfetto e a nostro svantaggio. Le difese che sembravano insuperabili sono state aggirate, rendendole inutili, in un modo che ricorda la fine miseranda della Linea Maginot.
Gli immigrati hanno studiato, sono entrati nel mercato del lavoro e delle professioni e tra loro si celano i terroristi. Sono dunque già all'interno delle istituzioni strategiche e, in vari modi, tentano di condizionarle. Questo problema si è posto, drammaticamente, per le centrali atomiche belghe ed è di difficilissima soluzione.
A proposito dell'Institut National des Radioélements di Fleurus e del Centro di Studi Nucleari, protetti da 140 soldati armati, il 30 novembre 2015, una perquisizione dell'appartamento abitato dai Mohamed Bakkali, che si pensa sia uno dei perni dell'organizzazione logistica dell'attentato di Molenbeeck, ha portato alla luce un video di 10 ore, studiato a lungo anche dai fratelli Khalil e Ibrahim el Barakoui, i suicidi nell'attentato all'aeroporto di Bruxelles.
Il film mostra i dipendenti, i fisici, i direttori e ingegneri del Cen che custodisce ingenti quantità di materiale atomico, utile per costruire una bomba atomica portatile.
Il più giovane dei due può esser stato a Parma e, quindi, in contatto con la cellula e la scuola teologica che la distingue. Ancor più grave è il ritiro del nullaosta di sicurezza e ingresso al Centro, dopo gli attentati del 22 marzo, a quattro lavoratori della Centrale di Tihange, nei pressi di Huy. Secondo il deputato Jean-Marc Nollet, presidente del gruppo ecologista in Parlamento, in Belgio gli esclusi dal Cen sono un impiegato di Electrabel, un tecnico, e due operai della Cofely Fabricom, un'impresa che opera in subappalto. Il tecnico di Electrabel è stretto parente degli operai allontanati e, per mera ipotesi, potrebbero formare un'unità operativa, considerando che esse sono caratterizzate da vincoli di parentela, come i fratelli Barakoui, Kouachi, gli assassini di Charlie Hebdo.
Inoltre, il meccanismo dei subappalti deve essere studiato molto più seriamente, perché è una porta di ingresso ai centri strategici, come dimostra l'esempio dell'Italia, dal delitto Mattarella in poi.
A Charleroi, il 26 marzo, un agente della sicurezza è stato assassinato da mani ignote. E la sua tessera di sicurezza rubata. Già 4 anni or sono Ilyss Boughulab, morto poi in Siria, aveva lavorato nella centrale di Doel per la Vincotte, una società di esperti, una delle principali nel suo settore. Nel 2013 la Doel licenziò un ingegnere per la sua tendenza alla radicalizzazione. Sarebbe diventato uno dei principali dirigenti della centrale nucleare ed era cugino di Azzedin Kbir Bounekoub, noto come Abu Abdullah, membro della cellula Sharia4 in Belgio, come lo fu Ilyass Boughalab, forse coinvolto nell'assalto al Museo Ebraico, nel 2014, a Bruxelles.
Resta da chiarire il sabotaggio del reattore 4 di Doel, il 4 agosto 2014. Ignoti hanno scaricato 65 mila litri di olio indispensabile per il raffreddamento del reattore con grave rischio di incendio ed esplosione.
La cooperazione tra i militanti clandestini e i militanti nelle istituzioni, fedeli all'Islam, apre una nuova pagina della storia dei conflitti in Europa e pone una serie nuova di questioni legate alla difesa e alle indagini.
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