EXCALIBUR 92 - giugno 2016
in questo numero

E dopo aprile, maggio

Altre cosiddette "liberazioni" nell'Europa martoriata della seconda guerra mondiale

di Paolo Cau
Sopra: ingresso a Varsavia delle truppe sovietiche
Sotto: moneta commemorativa della liberazione della Repubblica cecoslovacca e sfilata a Praga commemorativa della liberazione

In Italia la Seconda Guerra Mondiale ebbe ufficialmente fine con la resa delle truppe germaniche e di quelle repubblicane italiane il 25 aprile 1945, data attualmente festeggiata nel nostro Paese come anniversario della "liberazione".
Peraltro, in tutta Europa, prima e dopo questa radiosa giornata, avvennero altre "liberazioni" di cui può valer la pena presentare una breve sintesi e sottolineare i benefici effetti.
L'invasione della Polonia per opera della Germania aveva provocato l'intervento in guerra contro quest'ultimo Stato da parte del Regno Unito e della Repubblica Francese, che non mossero un dito per difendere materialmente gli aggrediti e per giunta si guardarono bene dall'intervenire, invece, il 17 settembre quando l'Armata Rossa invase da Est il praticamente sconfitto Stato Polacco, che tra il giugno 1941 e il gennaio 1945 rimase poi sotto il controllo totale, e innegabilmente durissimo, del III Reich: l'arrivo dei Sovietici alle porte di Varsavia non fu di nessun sollievo o di aiuto militare agli insorti di questa città, che nell'insieme e per ragioni storiche, non avevano per lo stato stalinista un'affinità maggiore che con la Germania. Gli aerei con la stella rossa, in quell'occasione, si diedero da fare più contro i velivoli alleati che paracadutavano parsimoniosamente armi e rifornimenti sui quartieri varsaviani guarniti dall'Armia Krajova (Esercito dell'Interno, denominazione dell'armata clandestina, antinazista ma non filocomunista, venuta allo scoperto nella capitale nel luglio '44) che contro gli Stukas che bombardavano i Polacchi.
Quando questi ultimi si arresero, il 2 ottobre 1944, paradossalmente furono i loro nemici a trattare da combattenti regolari gli insorti e garantire la vita ai civili, mentre quei componenti dell'Armia che negli ultimi giorni di lotta erano riusciti, passando la Vistola, a raggiungere le forze staliniste erano stati respinti e rimandati tra i loro peggiori avversari.
E a mano a mano che i "liberatori dell'Est" si addentravano nel paese, ogni soldato dell'Armia Krajova individuato veniva semplicemente fatto prigioniero e portato in un Gulag. La guerriglia di liberazione polacca continuò sino alla fine del conflitto e oltre 5 anni dopo... ma stavolta era contro questi sleali, falsi e sanguinari pseudosalvatori e da parte di forze di ideologia nazionalista e, tout court, perfino fascista.
Negli stessi giorni in cui, nella pianura Padana, le forze italotedesche cedevano alla fortissima pressione di quelle alleate, nell'aprile 1945 anche Bratislava era raggiunta dall'Armata Rossa e, in maggio, dall'intero territorio di quella che si era chiamata sino al 1938 "CecoSlovachia", i soldati di Stalin aiutati da partigiani locali e da un corpo d'armata cecoslovacco reclutato in Unione Sovietica, respingevano gli ultimi resti di truppe del Terzo Reich che vi si erano arroccate sino all'ultimo.
Un'altra "liberazione"? Più esattamente, la "liberazione" del primo Stato travolto da un'invasione nazista? Esaminiamo gli antefatti. Dopo la fine della Grande Guerra, dalla dissoluzione dell'Impero Austroungarico erano nati, come è noto, numerosi stati artificiali, dai confini disegnati a Versailles: tra questi la "Ceco-Slovacchia", tale la grafia dell'epoca, che già con questo nome denunciava il tentativo di forzare la riunione (teoricamente in parità di diritti) in un territorio di 140.000 km quadrati di diverse etnie, tra le quali sorsero immediatamente gravi contrasti: nei Sudeti i Tedeschi, oltreché avere un proprio partito, organizzavano gruppi armati clandestini e lo stesso avevano fatto gli Slovacchi la cui milizia nazionale aveva adottato la camicia nera.
E le minoranze magiare, polacche e rutene non gradivano l'egemonia ceca contro cui avevano risposto qua e là con sommosse di piazza, appoggiate sotterraneamente da oltreconfine. Con la crisi di Monaco, la Germania poté annettere i Sudeti, ma anche la Polonia inglobò la città di Teschen e tutta una fascia meridionale popolata da Magiari fu annessa alla confinante Ungheria.
Di fronte a uno Stato Ceco così indebolito, fu facile agli Slovacchi proclamare la propria indipendenza nel marzo '39 e a Budapest, ora, incorporare anche il territorio ruteno, su richiesta della popolazione locale. Quel che restava dell'originale Cecoslovacchia, cioè la Boemia-Moravia, chiese la protezione del III Reich per bocca del suo presidente Hacha, davanti al quale, a Praga, sfilarono in parata le truppe della Wehrmacht, dopo aver passato il confine senza dover combattere.
Pochissimi mesi dopo questo smembramento, la Slovacchia partecipava all'invasione della Polonia come alleato indipendente della Germania con 3 Divisioni, la Guardia e altri reparti, ricevendo come ricompensa alcuni lembi di territorio "etnicamente" slovacchi.
E nel '41 le truppe di Bratislava al seguito dell'Operazione Barbarossa sommavano 42 mila unità, 2 mila automezzi ed 80 aerei. Tali forze si batterono con energia sino all'ultimo, nonostante gravi perdite che ridussero temporaneamente le 3 grandi unità a una, impiegata contro i partigiani in Crimea nel '43.
L'anno successivo, mentre incombeva l'invasione, il ricostituito 1º Corpo d'Armata slovacco si apprestava a difendere la madrepatria, anche reprimendo la non troppo efficiente resistenza comunista. Un tentativo di colpo di stato militare "alla Badoglio", fuso con un'insurrezione partigiana, venne sgominato da 4 Divisioni tedesche, dai militari fedeli al regime di Bratislava e anche da alcune divisioni di SS ungheresi e ucraine. Una sacca tenuta da partigiani e da truppe aviotrasportate provenienti dall'Urss venne sanguinosamente neutralizzata, mentre ex componenti della Guardia e dell'esercito slovacco si arruolavano nelle Waffen SS.
E dopo la totale "liberazione" della Slovacchia e la sua forzata riunificazione a Praga, ben 4 mila guerriglieri continuarono a combattere il regime comunista tra il 1948 e il 1952.
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