EXCALIBUR 93 - luglio 2016
in questo numero

Riforma costituzionale alla resa dei conti

È bene sapere per cosa andremo a votare

di Angelo Marongiu
Sopra: Renzi e Boschi minacciavano di andarsene in caso di sconfitta al referendum, ma forse hanno cambiato idea
Sotto: abbiamo abbastanza testi sacri, immodificabili
In questi ultimi tempi molti argomenti hanno occupato le cronache dei giornali e dei notiziari televisivi.
La vittoria dei Brexit, le dimissioni di Cameron e la designazione di Theresa May quale nuova inquilina di Downing Street, la strage di nove nostri connazionali a Dacca, nel Bangladesh e, quasi a far da contrappeso, l'uccisione del rifugiato nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi da parte di un nostro cittadino (immediatamente strumentalizzato da parte delle nostre "suffragette" politiche), il problema delle banche, con il bailin che incombe, ma forse no perché forse può intervenire lo Stato con i nostri soldi. E poi gli Europei di calcio, vinti da chi non ti aspetti a danno dei Francesi padroni di casa, un po' spocchiosi e troppo sicuri di sé. E fra un po' le Olimpiadi.
E tante altre cose.
Eppure ogni giorno in tv, alla radio e sui giornali qualunque fosse l'argomento principe della giornata, prima o poi, arrivava - a volte di soppiatto - un altro argomento che - questo sì - da alcuni mesi incombe sempre sulle nostre teste: il Referendum sulle modifiche costituzionali. Che il nostro Renzi fosse in Italia, a qualche convegno o a qualche commemorazione o a Bruxelles, a parlare di banche o di sicurezza, nei suoi discorsi con la stampa o nelle dichiarazioni è sempre riuscito a infilare un riferimento a questo Referendum.
Si vota a ottobre oppure a novembre dopo l'approvazione della Legge di Stabilità (nella quale può così infilare qualche mancetta)? Si vota su un solo quesito oppure si spacchetta in quattro/cinque quesiti (così se ne vince qualcuno e altri ne perde, può sempre dire che sì non ha vinto ma non ha neppure perso)? E se perdo, me ne vado o resto per il bene della Nazione? E via dicendo.
Ma al di là delle solite alchimie e distinguo politici - niente di nuovo sotto il sole - siamo proprio sicuri di conoscere la riforma per la quale andremo a votare?
Nel gennaio 2016, con 361 sì e 7 no, la Camera ha approvato in via definitiva il Ddl Boschi sulla riforma della Costituzione. Non hanno votato i deputati dell'opposizione. Come previsto dalla Costituzione in autunno ci sarà il Referendum confermativo.
Ecco le principali novità sulle quali saremo chiamati a decidere, accettandole o respingendole tutte in blocco (almeno per ora).

1) La Camera, i cui componenti rimarranno 630 eletti a suffragio universale come oggi, sarà l'unica a votare la fiducia al Governo.
2) Il Senato (il centro nodale della riforma e oggetto delle maggiori discussioni) sarà composto, invece che dagli attuali 315 senatori più quelli a vita, da 95 membri eletti dai Consigli Regionali (21 sindaci e 74 consiglieri-senatori); si aggiungono 5 membri nominati dal Capo dello Stato, non più a vita, ma solo per 7 anni. Il Senato avrà piena competenza legislativa solo su riforme e leggi costituzionali. Per le leggi ordinarie potrà chiedere alla Camera di modificarle, ma questa potrà ignorare la richiesta. Per quanto riguarda il metodo di selezione (è il famigerato articolo 2 che tanto ha fatto discutere) i 95 senatori saranno ripartiti tra le Regioni in base al loro peso demografico. Al di là di come verranno scelti - pare che comunque saranno i cittadini a poter indicare quali consiglieri potranno essere anche senatori - i membri resteranno in carica per la stessa durata del loro mandato territoriale. In questo modo la composizione del Senato durante la stessa legislatura potrebbe cambiare anche più volte.
3) Corte Costituzionale: sui 15 componenti, 3 saranno eletti dalla Camera e 2 dal Senato.
4) Presidente della Repubblica: verrà eletto dal Parlamento in seduta comune, più 58 rappresentanti regionali. Cambiano anche le maggioranze necessarie per la sua elezione.
5) La seconda carica dello Stato sarà il Presidente della Camera e non più del Senato, come ora.
6) Decreti Legge: dovrà essere indicato un tempo certo per il voto di conversione in legge e si introducono dei vincoli sui loro contenuti.
7) Competenze Stato-Regioni: viene rivisto il Titolo V della Costituzione riportando sotto l'autorità dello Stato alcune competenze strategiche (energia, infrastrutture nodali, protezione civile), inserendosi anche su quelle di competenza regionale nel caso di tutela dell'interesse nazionale. In questo modo si pone rimedio all'immensa porcheria di Prodi del 2001.
8) Abolizione delle Province e del Cnel.
9) Modifica della soglia delle firme necessarie per proporre un quesito referendario (500 mila firme) con abbassamento del quorum se si raggiungono le 800 mila firme (come al solito ci si diletta in bizantinismi numerici tra aventi diritto e votanti nell'ultima tornata elettorale, facendo valere l'uno o l'altro). Si introduce la tipologia dei Referendum propositivi.
10) Leggi di iniziativa popolare: modificato in aumento il numero di firme necessarie per presentare un Ddl.

Queste, in estrema sintesi, le modifiche della Costituzione più bella del mondo che saremo chiamati a giudicare.
Modifiche che - prese da sole - possono trovare approvazione o meno, ma unite alla nuova legge elettorale possono rendere di fatto il nostro paese "ostaggio" di un solo partito che, con il solo 25-30% dei voti, può avere la maggioranza assoluta nel Parlamento (Camera e Senato), può quindi nominare il Presidente della Repubblica e può quindi governare senza alcuna opposizione di fatto, disattendendo così uno dei princìpi elementari di ogni democrazia.
Queste modifiche della Costituzione sono state fatte a colpi di maggioranza su proposta di un Governo il cui capo non è mai stato eletto, ma nominato da un Presidente della Repubblica "prorogato" e approvate da un parlamento dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Siamo in democrazia?
Nelle democrazie avanzate Costituzione e Legge elettorale si cambiano una volta ogni tanto e a grande maggioranza (negli Stati Uniti la Costituzione è in sostanza quella del 1787 e la stessa legge elettorale è stata fatta quando non c'erano ancora le automobili).
In Italia si è sostenuto che la Costituzione (la più bella del mondo) era ormai troppo vecchia e quindi bisognava cambiarla insieme alla legge elettorale. Lo scopo reale di queste riforme, da qualunque parte proposte, è sempre stato quello di accrescere il potere di chi governa. La riforma del Titolo V, il cosiddetto federalismo, approvato dal governo Prodi con due soli voti di differenza, è stato definito dallo stesso Pd un clamoroso errore.
Ancora peggio con le leggi elettorali. Si lavora con metodica precisione a tavolino per partorire una legge elettorale che aumenti il proprio peso e poi nella pratica si rivelano un fallimento.
Il "Mattarellum", concepito per garantire la Dc, ha portato alla dissoluzione del centro politico. Il "Porcellum", marchingegno giudicato anticostituzionale, che doveva favorire Berlusconi, ha permesso al Pd di governare pur avendo perso, in termini numerici, le elezioni. L'"Italicum" combinato con la riforma costituzionale dovrebbe assicurare la possibilità di un regime personale del "putto" fiorentino per una lunga durata. Ora ci si accorge che il referendum può decretare la fine politica di Renzi e che la legge elettorale si rivela un infallibile sistema - forse l'unico - per far vincere le elezioni al Movimento 5 Stelle.
Ed ecco quindi i trucchetti: spacchettamenti e correzione della legge elettorale.
Gli "inciuci" sono all'orizzonte.
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