EXCALIBUR 96 - febbraio 2017
in questo numero

Politica migratoria da rivedere

Occorre cambiare strategia prima che sia troppo tardi

di Lancillotto
Uno sconfortante grafico che si impenna...
I primi di febbraio il governo italiano ha siglato con la Libia un accordo per il controllo del traffico di migranti provenienti da quelle coste. La controparte di Roma è Tripoli, intesa come "governo internazionalmente riconosciuto", cioè il governo di accordo nazionale guidato da Fayez Serraj.
Sembrerebbe un passo avanti, ma - secondo alcuni osservatori - è un accordo che presenta grandi punti di debolezza: da una parte Serraj - secondo arguti analisti - non controlla neanche il marciapiede davanti a casa sua e lo testimonia l'ennesimo tentativo di colpo di stato di alcune settimane fa e mentre siglava l'accordo con l'Italia a Tripoli c'erano scontri a fuoco nelle vie cittadine; dall'altro lato la posizione dell'Italia in Libia è alquanto delicata: dopo la riapertura dell'ambasciata (forse obiettivo anche di un attentato) a inizio gennaio, ci sono state proteste - soprattutto nella parte orientale del paese - e si sono alzati toni molto pesanti che evocano l'occupazione fascista.
La debolezza dell'accordo nasce soprattutto dal fatto che le diverse fazioni libiche che operano nel paese non hanno trovato un equilibrio interno e il governo designato non controlla il territorio e il caos imperante in tutta l'area ha portato la Libia al tracollo economico. Sembra quindi un fallimento annunciato, una ennesima perdita di tempo e un enorme spreco di denaro. L'accordo infatti prevede fondi europei per 200 milioni e la fornitura di altri dieci pattugliatori alla marina libica.
Se a questo quadro si aggiunge il fatto che molti capi delle tribù locali fanno lucrosi affari - o addirittura si sostengono - con il traffico di armi e di esseri umani, il quadro è desolante.
Purtroppo ciò che manca in Libia non è la democrazia - termine alquanto inconsueto in quelle latitudini - ma qualcuno che ponga termine al caos, a una situazione nella quale non c'è né legge né ordine, ben peggiore della situazione esistente sotto Gheddafi.
Eppure l'Italia ha bisogno di quell'accordo e ora ne sta mettendo in cantiere un altro con il Niger.
Il 2016 è stato un anno disastroso che ha visto oltre 180 mila arrivi via mare, con un incremento del 18% rispetto ai 154 mila del 2014 (altro anno terribile).
Se poi pensiamo che entro il 2017 sono previsti ricollocamenti in altri paesi europei di 39.600 persone e al 2016 ne sono state ricollocate solo 2.654 (alla faccia della solidarietà europea!), si coglie tutta la drammaticità della situazione.
Un altro dato che fa meditare e intravvedere una subdola strategia è l'arrivo di minori non accompagnati: ben 25 mila, più del doppio rispetto al 2015.
E infine i morti. I migranti deceduti o dispersi nelle acque del Mediterraneo sono stati 5.022, un terzo in più rispetto all'anno precedente, il 76% circa dei migranti che hanno perso la vita in tutte le rotte migratorie del mondo.
Di fronte a una situazione tanto drammatica - e non sfioriamo neppure la questione delle possibili infiltrazioni terroristiche o il caos e il lucro dei centri di accoglienza - ci si rende conto che la politica dell'accoglienza indiscriminata e senza freni non può più funzionare.
Occorre pensare a qualcosa di diverso, ma soprattutto prendere atto che la politica seguita finora è stato un totale fallimento.

I dati numerici sono tratti dal sito Ismu - Iniziative e Studi sulla Multietnicità
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