EXCALIBUR 96 - febbraio 2017
in questo numero

Memorie di un littore

Littoriali: serbatoio di cultura di ogni tipo e tendenza

di Silvio de Murtas
Sopra: littoriali dell'arte e della cultura: iniziativa fortemente voluta dal regime
Sotto: "Italia fascista in piedi!" di Nino Tripodi
Agli "eroi di tutti i regimi" decenni or sono venne dedicato un opuscolo che riassumeva i ricordi esposti con maggior ampiezza in un volume, dal titolo "Italia fascista in piedi!".
L' autore era il camerata Nino Tripodi (salito all'Empireo nel 1988), che nell'opera divulgò la gustosa conoscenza dei personaggi che servirono intellettualmente tanto il fascismo quanto l'antifascismo; ossia di coloro che - mutando spesso bandiera, siccome si conviene all'italico costume - invece dell'appellativo di "cavaliere" meriterebbero quello di "cialtrone".
Tutto pareva nascere dai "Littoriali", che erano di tre specie. Primi, in ordine di tempo, si svolsero quelli "dello sport"; vennero poi i "Littoriali della cultura e dell'arte" (nel 1934); infine, nel 1939, quelli "del lavoro". Le selezioni partivano dalle province per concludersi in una manifestazione nazionale, il tutto organizzato dai G.U.F.
Al Regime, però, interessavano maggiormente le gare culturali, che non solo costituivano uno strumento per attrarre gli universitari e i giovani laureati sui problemi del fascismo, ma servivano a quest'ultimo per il rinnovo della propria classe dirigente. Secondo il Tripodi, ai littoriali giungevano giovani di primo piano, tanto che la successiva partitocrazia repubblicana continuava a trarre da essi i suoi quadri più rappresentativi. Comunisti, liberali, democratici cristiani, socialdemocratici vivevano di rendita sul capitale investito dal fascismo tra la giovinezza di vent'anni prima.
Dai littoriali di Firenze ("per un'arte fascista") uscirono - fra gli altri - voltagabbana come il poeta Leonardo Sinisgalli, poi approdato al paradiso sovietico; il deputato comunista (in camicia nera) Pietro Ingrao; lo scrittore di sinistra Gianni Puccini; nella sezione cinematografica si affermò il giovane Giorgio Almirante, che con testarda coerenza rimase in camicia nera per tutta la sua onorevole vita.
Da quelli di Roma uscirono anche i maggiori rappresentanti della D.C., Amintore Fanfani, Paolo Emilio Taviani e Aldo Moro, i quali intuitivamente - dirigendo il successivo partito di governo - assunsero le più rigide posizioni antitotalitarie e antifasciste.
In questi littoriali, fra i giovani in camicia nera temprati nella suprema competizione culturale fascista, vi erano tante personalità della classe antifascista di dieci anni dopo: Luigi Preti (Psdi); Alfredo Orecchio e Pirastu, inscritti prima a "dottrina del fascismo" e poscia comunisti; il capo degli attentatori comunisti di Via Rasella, Franco Calamandrei, che porterà sulla coscienza i trecento morti della Fosse Ardeatine con la stessa impassibile indifferenza con cui allora portava la camicia nera e le insegne del G.U.F. di Firenze. Ancora, il socialista prof. Giuliano Vassalli, il democristiano Giuseppe Codacci Pisanelli, il suo segretario politico Aldo Moro, Amintore Fanfani, Giulio Andreotti, Ugo La Malfa.
Dalle gare di Bologna, Napoli e Palermo sortì - fra gli altri - una serie di comunisti "per successivo opportunismo": Renato Guttuso (pittore), Antonello Trombadori, Raffaele De Grada, Marcello Venturoli e altri. Tutti costoro - i "camerati comunisti" - non furono "una volta" fascisti: furono "sempre" fascisti e se non avessimo perso la guerra essi avrebbero cantato le "quadrate legioni".
Lo stesso dìcasi di altri eroici guerrafondai, compagni di fede allora e dopo, come ad esempio il comunista onorevole Davide Lajolo, che pose ai piedi del Fascismo e del Duce versi, articoli e libri da far impallidire di invidia persino Ingrao, Amendola e Trombadori. La letteratura si ornava di Orio Vergani; la pittura di Ottone Rosai; la scultura di Attilio Selva; la scienza di Cesare Frugoni; gli studi razziali di Lino Businco; tutti, commissari o partecipanti, acclamavano e ribadivano i concetti e i discorsi del P.N.F. e riferendosi anche alla guerra allora alle porte riaffermavano concordemente che «se il Duce dovesse chiamare gli Italiani a raccolta, tutti i G.U.F. d'Italia si classificherebbero primi, senz'alcuna penalizzazione; e i penalizzati sarebbero nemici».
Ecco, da tutto questo cominciò la preparazione del terreno per la messa a dimora delle male piante che popoleranno la partitocrazia antifascista del dopoguerra.
Iniziò soprattutto a funzionare l'incubatrice da cui il Partito Comunista, la Democrazia Cristiana e tutti i Partiti del cosiddetto arco costituzionale trarranno i loro futuri segretari nazionali, assumendo ipocritamente le più rigide posizioni fintamente antitotalitarie e antifasciste.
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