Excalibur blu

Potere al popolo

La rivoluzione americana

di Toto Sirigu
Il "rivoluzionario" Donald Trump
Il 20 gennaio 2017 ha visto l'insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump. Una delle frasi chiave del suo discorso ufficiale è stata «ridaremo il potere al popolo». Se un Italiano "di estrema sinistra", vissuto negli anni '70, si fosse risvegliato oggi dopo 40 anni e avesse ascoltato il neo presidente, finalmente esulterebbe proprio su quel passaggio. In realtà probabilmente il "compagno degli anni '70" dopo aver compreso il senso integrale del messaggio di Trump rimarrebbe scioccato ma anche confuso. Scioccato perché in realtà il presidente Usa richiama il popolo come entità comunitaria ben definita dai confini nazionali e dalla identità sedimentatasi negli anni. Una sorta di chiamata al futuro per chi ha costruito l'America silenziosamente e con sacrificio, basandosi anche sulla bandiera della tradizione. Tutto quello, insomma, che una sinistra, per fortuna estremamente minoritaria, non sopporterebbe. Confuso perché proprio Trump vuole dare maggior peso alla voce degli Americani che in questi anni hanno sofferto le politiche neo liberiste di capitalismo selvaggio portate avanti dalla cosiddetta sinistra dei democratici alla Obama e Company.
Allora, in questi ultimi anni, anche in Italia si è osservato spesso un fenomeno analogo a quello appena descritto, ovvero la destra che sembra interpretare meglio questioni di sinistra e viceversa. Ecco, poiché abbiamo, nolenti o volenti, assistito in passato al fatto che le nuove situazioni, anche di tendenze, verificatesi negli Usa si sono ripercosse poi in varia misura negli altri Stati, v'è da chiedersi se il superamento definitivo degli schemi Destra/Sinistra caratterizzerà il nostro prossimo futuro.
La nuova differenza tra visioni del mondo sarà incentrata sulla questione dell'identità. Chi fa politica ritenendo fondamentale esaltare le proprie specificità di popolo entro sacri confini nazionali e coloro che nel loro operare politico manifestano, invece, una visione che non considera come rilevante, in prospettiva, il confine storicamente dato. Tale differenza si evidenzia, di conseguenza, in tutte le diverse manifestazioni del pensiero e dell'azione, a partire dal diverso utilizzo del linguaggio. Insomma anche su quest'ultimo aspetto, gli "identitari nazionali e comunitari" saranno più diretti e quindi forse considerati più rozzi mentre gli "identitari anti-confini" saranno molto meno diretti e forse considerati più buonisti e universalisti e pacifisti... ecc..
Il militante politico "ex di destra", anche in Italia, se vorrà dire la sua nei prossimo avvenire, dovrà cimentarsi con questi due grandi filoni culturali, peraltro con esito scontato della scelta. Il futuro del nostro cammino, quindi, dovrà essere illuminato da queste nuove istanze culturali. Perché poi alla fine il compito è sempre quello di camminare con il popolo ma ogni tanto andare in avanscoperta senza troppi timori di tracciare il percorso.