EXCALIBUR 101 - gennaio 2018
nello Speciale...

Il racconto di Paolo Pili

Paolo Pili
«Quando Gramsci fu arrestato facemmo di tutto per consentirgli di scrivere, di leggere e altro. Se si leggono le lettere dal carcere si troverà che in esse è stata concessa qualcosa anche a me, esattamente ove è scritto: "Questo è sempre per l'intervento di quella persona che sa Carlo". Una volta Carlo mi disse che lo avevano messo in una stessa cella con due tubercolotici. Scrissi subito una lettera terribile a Mussolini ove dicevo che gli avversari politici non si dovevano trattare così. Mi rispose che non era vero, a ogni modo aveva disposto che la salute di Gramsci fosse esaminata, ecc.. Poi finirono col mandarlo in una specie di villa sanatorio, ove morì. Mi diedi sempre da fare per lui, anche quando non ero più niente nel fascismo e non mi associavo più alle loro idee; ma per queste cose continuavo a scrivere e a seccare l'anima. Gramsci, poveretto, era un grande uomo».
Non è ben definito quando ebbero inizio i rapporti tra Paolo Pili non solo con Antonio ma anche con altri componenti della famiglia Gramsci.
Un piccolo accenno lo fa lo stesso Pili in un'altra parte dell'intervista, quando parla della sua fine di leader fascista avvenuta nel 1927: «Finché ci rimasi io fu garantita l'autonomia d'azione e il fascismo ha funzionato da sardismo, tanto è vero che Gramsci, quando caddi, scrisse al fratello che con la mia caduta era caduto il P.S.d'Az.. Al riguardo pochi sanno che io tenni sempre con me Carlo, il fratello di Gramsci. Mia moglie era stata chiamata alle scuole elementari con Teresina» (Teresina Gramsci era segretaria del fascio femminile di Ghilarza, n.d.a.).
È certo però che il rapporto Pili-Gramsci fosse già molto stretto quando Pili era solo un alto esponente del sardismo, ben lungi dall'immaginare che sarebbe diventato il gerarca che avrebbe convinto Mussolini a promulgare la famosa legge del miliardo per le opere di infrastrutture della Sardegna. Siamo agli inizi degli anni Venti e Pili così racconta: «Ero contrario alla costituzione delle così dette cooperative agricole, quelle che occupavano i terreni. Di queste ce ne erano ad esempio a Bonorva, a Silanus, a Bortigali, ce ne era una a Solarussa che aveva combinato un sacco di guai. Ero contrario e avevo parlato a lungo del problema con un mio carissimo amico, Antonio Gramsci. Ed egli in un suo libro che parla espressamente della 'Questione Meridionale' a un certo punto scrive: "Voi date la terra al contadino, egli in un primo momento sarà orgoglioso di essere diventato proprietario, ma quando si troverà senza danaro per comprare concimi, aratri, gli altri arnesi da lavoro per sostenere la famiglia, non sarà più un comunista o un socialista, sarà un delinquente che desidera ammazzare gli altri, perché disperato".
Queste sono le parole di Gramsci che sentiva la questione meridionale. Era un Sardo povero che aveva sofferto moltissimo durante la sua giovinezza, sapeva cosa voleva dire la miseria della Sardegna e non diceva nulla neppure contro i benestanti della Sardegna, metteva tutto il popolo in un solo fascio, un popolo povero e disperato. Queste sono le parole di Gramsci che sentiva la questione meridionale. Era un uomo che aveva una grandissima cultura, un senso di umanità straordinario, una persona molto seria. In quest'affare delle cooperative eravamo quasi d'accordo
».
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