EXCALIBUR 104 - ottobre 2018
in questo numero

Un ponte per mille anni?

Amare riflessioni su una tragedia tutta italiana

di Emilio Belli
Sopra: il ponte romano sull'Alcantara, in Estremadura
Sotto: il viadotto Morandi a Genova
Il crollo del Viadotto Morandi a Genova, oltre ad aver causato 43 morti, ha profondamente incrinato la fiducia che ingegneri e architetti ripongono nel proprio operato, le cui conseguenze si sono riverberate in modo devastante sull'ingegneria civile, sulla politica e sull'opinione pubblica.
Ne offrono conferma le pesanti critiche espresse dall'Ing. Antonio Brencict, professore associato di tecnica delle costruzioni in cemento armato dell'Università di Genova, su una struttura molto esaltata che a causa delle continue sollecitazioni del traffico pesante ha ceduto di schianto.
Ma non sono mancate le valutazioni di altri insigni docenti per i quali il crollo del ponte Morandi, oltre a rappresentare una grave perdita sul piano estetico, è nel contempo un colpo durissimo inferto alle certezze dell'ingegneria italiana.
La terribile vicenda ha poi messo alle corde la componente grillina del Governo, che sta cercando di sfruttare l'evento a suo vantaggio per recuperare la fiducia del suo elettorato che aveva cominciato a declinare. Da qui scaturisce la proposta di annullare le concessioni per riportare in mano pubblica la gestione delle autostrade, ma non sarà questo provvedimento a rendere più sicuro il sistema stradale italiano.
A ciò si aggiunge l'operato della magistratura che volendo trovare a ogni costo un capro espiatorio non ha esitato a mettere sotto torchio l'apparato burocratico del Ministero dei trasporti: di fatto non si riscontrano sostanziali differenze fra il comportamento di coloro che amministrano la giustizia e i grillini che hanno la pretesa di governare il Paese.
Poste in campo queste considerazioni bisogna poi valutare la posizione assunta da un "vate" indiscusso dell'architettura civile che propone la costruzione di un nuovo ponte in grado di durare, a suo dire, per un millennio.
Quanta presunzione Architetto Piano! In fin dei conti quello che intende proporre è una struttura non molto diversa dal viadotto Morandi, seppure caratterizzata da un maggior numero di campate di dimensioni più ridotte. Forse a Renzo Piano non è noto che un altro personaggio aveva la sua stessa pretesa: Caius Julius Lacer, che al tempo dell'imperatore Traiano aveva realizzato in territorio spagnolo uno splendido manufatto, che a detta degli Arabi era "il ponte" per definizione, per intenderci quello che si erge sul fiume Tago in Estremadura.
Il progettista era talmente soddisfatto della sua opera che non esitò a eternare nella pietra il pensiero di avere edificato un ponte destinato a durare quanto il mondo: è ancora presto per dirlo, ma sta di fatto che da 1900 anni quel ponte con le sue poderose arcate alte 47 metri è ancora orgogliosamente in piedi.
Il problema dei manufatti dell'età contemporanea è che violano di sovente le leggi della fisica, e per quanto concerne i ponti è l'acqua a offrirne la più efficace dimostrazione in quanto la sua azione insidiosa riesce a compromettere anche le costruzioni più salde.
Al riguardo vale la pena di ricordare la vicenda di un modesto ponticello romano della Sardegna, opera a tre luci che scavalca il Rio Palmas alla periferia meridionale dell'abitato di Santa Giusta ed è posto a valle di un manufatto di analoghe dimensioni sorto però negli anni Trenta al tempo delle bonifiche. Questo antico ponte, forse risalente all'età repubblicana, si conservò sostanzialmente integro per lungo tempo, ma solo fino al 1967, anno in cui per agevolare il deflusso delle acque del torrentello nel vicino stagno, un tecnico di scarso senno ebbe l'idea di demolire la spalla sulla riva destra. È noto che ottenne il risultato auspicato, ma non ne aveva valutato a pieno le conseguenze.
L'accelerazione dell'acqua diede infatti origine a un fenomeno di infiltrazione che nel volgere di alcuni anni compromise la stabilità del ponte moderno, in quanto agendo sulla base di appoggio l'acqua scalzò la pila destra provocandone il rovesciamento che portò all'inevitabile crollo della parte del piano stradale che su di essa poggiava.
Ovviamente il raffronto tra i due eventi è improponibile, ma il piccolo disastro avvenuto in Sardegna ha una sua logica stringente e suggerisco di consultare l'archivio dell'Anas per trovare la conferma del fatto.
Il risultato fu che si dovette ricostruire il "ponte nuovo".
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