Excalibur verde
SPECIALE
Antonio Gramsci e il colpo di stato di Stalin

Il regime repressivo di Stalin

Iosif Vissarionovic Džugašvili (1878 - 1953)
Forse il momento è giunto per riaprire il discorso su Gramsci e liberarci dal castello di schermi retorici che nascondono la sua tragica vicenda e oscurano l'importanza del suo lavoro per le scienze sociali e la storiografia.
Un castello costruito da scuole accademiche ispirate da interessi politici e, prevalentemente, dalla direzione del Pci che per anni ha controllato l'indirizzo degli studi storici sulle sue vicende. Ma questa retorica politica, travestita da storiografia, ha distorto la presentazione della storia del XX secolo e la formazione della coscienza civile collettiva. Nei suoi saggi raccolti da Einaudi, Leone Ginzburg, che bene conosceva la Russia, ha scritto che l'opposizione a Stalin, dal '20 al '39, non fu una corrente "separatista" ma un progetto di riforma dello stato che Stalin e la sua corte avevano costruito. Fu un partito politico che si ribellò per spezzare il giogo staliniano.
Trotskj e gli altri chiedevano che il comitato centrale non fosse un organo esecutivo ma un'arena aperta alla discussione, alla libera rappresentanza della società civile che, intorno al '20, si era ribellata contro il "centralismo" di Stalin e fu una delle cause della durezza della reazione. Come scrive Maxim Gorkij, una delle vittime di Stalin, nella "rivoluzione" del '17-'18, nelle grandi masse in movimento senza chiara direzione, si affermarono ladri, assassini di professione, personaggi senza scrupoli e alcuni devoti all'ideologia che confluirono nel Nkdv (il Commissariato del popolo per gli affari interni, dicastero sovietico) e furono lo strumento principale del governo e del terrore del despota comunista. Divennero padroni dell'Urss, signori della vita e della morte dei Russi al di sopra di ogni legge, costruita ad hoc per loro, anche senza disposizioni scritte.
Questo regime fu chiamato il "potere burocratico del partito", senza far riferimento alla sua vera natura sanguinaria, alla politica dell'assassinio di massa e della tortura fisica e morale. Un regime che nulla ha a che fare col modello del partito politico tracciato dai classici.
Sebbene esso non sfugga alle tendenze oligarchiche, non dispone dei poteri di Stalin o Hitler: il partito comunista non fu mai tecnicamente un partito, essendo profondamente affine a un ordinamento pre-partitico, all'autocrazia. In essa, il popolo non ha rappresentanti e la polizia segreta è la struttura dell'amministrazione dello stato, una società occulta che domina la vita dello stato.
Come una volta fu il consiglio segreto dello zar.
Con questo sistema, Stalin controllava l'intera società, penetrando nella vita più intima delle famiglie e distruggendone la "privacy" e la riservatezza dei sentimenti.
Stalin realizzò un colpo di stato, conquistando il potere assoluto e irresistibile e soffocando ogni dibattito, ogni espressione libera, ogni indipendenza, con la violenza e la forca.
Le purghe staliniane furono lo sterminio dei riformatori costituzionali che speravano di salvare la Russia e rovesciare Stalin. La rivolta ci fu davvero. Non fu una mera finzione del Nkdv. Invece, il Pci presentò la vicenda come un contrasto interno tra un'ala estrema e il centro, come il divampare dell'odio personale e dell'ambizione.
Tuttavia, nella scienza politica e nella storiografia, nessuno, a parte alcuni grandi scrittori da Koestler a Bulgakov, ha avuto il coraggio e l'onestà scientifica di descrivere il regime di Stalin, nonostante le milioni di vittime della sua azione, senza considerare gli internati nei campi e i detenuti nelle prigioni e coloro che si trovarono senza lavoro per sempre. Forse il mito della rivoluzione russa del '17, il fantasma della "costruzione del socialismo", li ha affascinati e illusi. Ma altri hanno coperto Stalin consapevolmente fino alla fine e collaborato con lui. Chi può dimenticare le lacrime di Lama versate nella Piazza Rossa a Mosca il giorno dei funerali di Stalin?