EXCALIBUR 111 - gennaio 2020
in questo numero

L'antifascismo strumentale del potere

Quando la politica si servì dell'antifascismo per neutralizzare Almirante

di Claudio Usai
Giorgio Almirante (Salsomaggiore Terme 1914 - Roma 1988)
Il 23 maggio 1973 Giorgio Almirante si difese dall'accusa di apologia di fascismo con un celebre discorso contro l'incriminazione "ricostituzione del Pnf". La Camera votò la richiesta del giudice.
Tutti i partiti desideravano sciogliere il Msi, o almeno silenziare la pericolosa oratoria di Almirante; ma scatenando feroci campagne di stampa, ottennero solo alcune richieste di autorizzazione.
Il segretario missino non solo si difese dalle accuse, ma denunciò il sistema. Analizziamo il discorso. Almirante iniziò la sua arringa con un'autodifesa accorata sull'accusa di apologia, stabilita dalla Legge Scelba del 1952, già prevista dalle clausole del Trattato di pace del 1947.
Anzi, imputò ai partiti "dell'Arco" il tradimento della Costituzione nel vano tentativo di sciogliere un partito democratico. Proseguì contestando la tremenda campagna mediatica e mostrando le dichiarazioni di molti politici che criticarono la Legge Scelba: Palmiro Togliatti del Pci, Giulio Andreotti e Alcide De Gasperi, il sardo Francesco Cocco Ortu del Pli: fu il liberale Cocco Ortu a prendere le pubbliche difese del Movimento Sociale Italiano.
Almirante ricordò come la responsabilità penale fosse personale e non si poteva attribuirla a un partito politico; né egli poteva essere giudicato per fatti commessi da altri, né, se avesse compiuto un reato, si sarebbe dovuto condannare il partito. Affermò di non aver mai vilipeso la Costituzione e la Resistenza.
Citò ancora Togliatti sulla "nuova società comunista" che prevedeva la scomparsa di tutti i partiti. Secondo la legge, continuò Almirante, queste opinioni erano ipotesi di reato, venendo interrotto dalle grida dei deputati del Pci. Elencò allora la collaborazione missina nelle istituzioni dal 1947 al 1962, addirittura per l'elezione di due Presidenti della Repubblica.
Affermò quindi che dalla sua nascita il Msi era stato pienamente inserito nella democrazia. Tutto cambiò con "l'apertura a sinistra", che fece del regime fascista un semplice "buco nero" fra il Bene e il Male.
Garante di ciò fu il più forte Partito Comunista d'Occidente, campione di un anti-totalitarismo che seguitava "l'altro" totalitarismo, dove il rosso si sostituiva al nero. A metà del discorso avvenne il clou dell'orazione: Almirante dimostrò che i partiti dell'Arco colpivano un partito ritenuto (da loro stessi) fascista, difendendo il Msi dall'accusa di essere illiberale e ribadì che egli era stato eletto democraticamente in due congressi nazionali, cosa non concessa a tutti.
«Questo è, secondo la vostra accezione, il partito fascista: il partito che si sostituisce a tutti gli altri, che vuole incarnare, interpretare esso solo lo Stato. Bene, allora cercate di individuare i partiti all'interno dei quali non esiste libertà di parola o di organizzazione. Io mi onoro di dirigere un partito libero».
Almirante lanciò il suo atto di controaccusa, affermando che la "partitocrazia" e la "correntocrazia" uccidevano la democrazia, mostrando l'inchiesta del New York Times sui fondi americani ricevuti dalla Dc e scatenando la reazione dei suoi deputati.
Ribaltò poi l'addebito di istigazione violenta, elencando i giovani missini uccisi in quegli anni: in particolare i Fratelli Mattei nel Rogo di Primavalle; evidenziò come il Msi non avesse mai travalicato nella vendetta contro gli avversari politici. Continuò citando il Generale De Lorenzo, esponente "missino" della Resistenza: «Basta anche e prima di tutto nelle nostre file alla polemica fascismo-antifascismo, basta alla perdurante guerra civile».
Rifiutò in toto la struttura di Dc e Pci: «Che vale che un partito si dichiari fedele cultore del pluripartitismo o di tutte le democrazie di questo mondo se al suo interno mostra una compagine ferrea, se al suo interno e al suo vertice non si discute, se i segretari di partito sono capi clientela, capi cabila o capi casta o capi tribù? Che importa garantire agli Italiani tutte le libertà, se poi la partitocrazia uccide la democrazia parlamentare e la correntocrazia [...] anch'essa uccide».
Si scagliò contro la violenza della "Sinistra extraparlamentare" e rifiutò l'aggettivo "di Destra" alla "Destra extraparlamentare". Propose dure misure anti-violenza contro i disordini, concludendo con un incitamento alla libertà.
«Pronunzio questa parola (libertà, n.d.a.) concludendo e vi ringrazio, onorevoli colleghi, per avermi dato l'onore, di fronte al popolo italiano, di poterla pronunziare, da stasera e da domani in poi, sempre più altamente e largamente».
Nel discorso di Giorgio Almirante "l'antifascismo di regime" tese a eliminare la Destra dalla rappresentanza politica, ma l'obiettivo non si raggiunse mai. Nelle parole del segretario del Msi si scorgeva il vero scopo del progetto della Destra Nazionale che «al di là dei programmi politici, al di là dei programmi sociali ed economici» aveva la volontà di formare una nuova «coesione per gli Italiani e tra gli Italiani».
Almirante immaginò il futuro, guardando lontano e anticipando i tempi, come Dante disse di Virgilio: «Facesti come quei che va di notte / che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte».
Il progetto politico vedrà la sua realizzazione con la cosiddetta "Svolta di Fiuggi", sarà interrotto erroneamente nel 2006 e ripreso da Giorgia Meloni nel 2012. Il tema del pregiudizio nei confronti di una Destra ormai democratica resta ancora attuale, in particolare dopo l'approvazione della Legge Fiano che punisce a livello penale, come reato comune, la libertà di pensiero. Si afferma che l'intera classe dirigente di Destra non faccia parte della storia italiana, se non in un'ottica ideologico-religiosa di male assoluto; così facendo si impedisce ogni comprensione del passato.
"Il fascismo di oggi" non risulta passato, ma presente, e non tanto come realtà storica, ma nella sua variante di "fascismo antifascista". La damnatio memoriae di Almirante per le vicende razziste e della Rsi rafforza il fatto che fu uno degli "ultimi politici morali", che stette in Parlamento nel rispetto degli avversari, che si presentò umilmente ai funerali di Berlinguer e che i suoi stessi avversari ricambiarono il gesto.
Recentemente lo storico Galli Della Loggia ha affermato che la Sinistra italiana a volte scopre che il Paese non è antifascista quanto vorrebbe, imputando ciò alla destra e ai moderati.
Ma ha continuato dicendo che l'antifascismo non ha mai voluto rappresentare un valore comune tra destra e sinistra. Questo si può storicamente imputare al Partito Comunista, che ha sfruttato la sua partecipazione alla Resistenza, identificandosi con essa, nascondendo le sue scarse qualità democratiche; perché i comunisti avevano in uso accusare chi fosse stato di destra e i moderati contrari alle loro politiche di "fascismo".
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