EXCALIBUR 114 - maggio 2020
in questo numero

L'Italia non gode di sana e robusta comunicazione

Confusione nella gestione dell'emergenza, nonostante centinaia di "esperti"

di Francesco Furcas
disposizioni come un libretto di istruzioni per l'uso...
Disposizioni come un libretto di istruzioni per l'uso...
La forzata permanenza tra le mura domestiche cui siamo stati costretti per oltre due mesi ci ha obbligato a tenerci in contatto con il mondo esterno non solo per capire come e dove saremmo potuti andare a procacciarci cibo o a sgranchirci le gambe senza infrangere la legge, ma anche per cercare di comprendere cosa stava accadendo fuori dall'uscio di casa, considerato che la maggior parte di noi Italiani ha scrupolosamente osservato le direttive e pertanto non era in grado di rendersene conto di persona. Abbiamo così imparato che la spesa si fa vicino a casa, possibilmente tutta insieme, uno per volta, rigorosamente con guanti e mascherina, senza accalcarci al banco salumi o alle casse. Così pure abbiamo (forse) capito l'importanza dell'attività fisica all'aperto e delle passeggiate finalizzate, per una volta, non solo agli acquisti, peraltro in larga parte vietati, bensì alla vera e propria mobilità.
Queste e altre disposizioni destinate ad arginare la diffusione del covid-19 ci sono state presentate dal capo dell'esecutivo come se fossero un libretto d'istruzioni per l'uso e abbiamo cercato di accettarle, con sacrifici, privazioni e rassegnazione, ma anche con quello spirito di adattamento e arte di arrangiarsi che l'italica gente sa dimostrare soprattutto nei momenti più critici.
In una situazione come questa, nuova e quasi del tutto inattesa, ci si sarebbe aspettata una comunicazione semplice, diretta, puntuale, che tenesse conto di un uditorio non necessariamente giovane e colto, dotato di validi strumenti atti a ricevere informazioni. Invece fin dai primi giorni della clausura pandemica è stato un continuo susseguirsi di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri - i famosi Dpcm - astutamente proposti alla nazione negli orari di maggior ascolto, incomprensibili ai più in quanto densi di richiami a leggi e norme precedenti e carichi di termini tecnici, seguiti da tabelle esplicative spesso non esaustive, riveduti e corretti per le innumerevoli e inevitabili richieste di chiarimenti.
Alle perplessità generate dagli obblighi imposti dal governo nazionale si sono aggiunti i dubbi originati dalle ordinanze dei presidenti di regione, a volte più restrittive, e le incertezze interpretative e applicative dei sindaci, ultimi - ma non per importanza - anelli della catena istituzionale e, per ovvie ragioni, più vicini alle esigenze della popolazione. Ed è stata una corsa continua e ossessiva a capire cosa fosse lecito far e per non vedersi appioppare un verbale con relativa ammenda, non certamente per il desiderio di tentare la sorte in una sfida con i tutori dell'ordine, ma per la reale drammatica difficoltà a comprendere le multiformi e spesso oscure direttive impartite dall'alto.
In un primo momento si è attribuita la colpa di questa confusione all'emergenza, all'impreparazione a gestire una crisi di portata epocale (ma in seguito sono stati arruolati numerosi e titolati "esperti" che avrebbero dovuto trovare adeguate soluzioni), all'urgenza di dare risposte alle richieste dei cittadini colti alla sprovvista dal blocco improvviso della vita sociale.
Ma poiché le difficoltà in tal senso sono cresciute col passare dei giorni, si è capito che c'erano e ci sono evidenti problemi di comunicazione: prova ne sono le frequenti integrazioni dei decreti, le continue modifiche delle autocertificazioni per uscire da casa e il ricorso alle famose "faq" (acronimo di "frequently asked questions", risposte alle domande frequenti) per spiegare ciò che sarebbe dovuto essere, fin dall'origine, comprensibile a tutti. Appare quindi evidente che il governo centrale ha dimostrato totale incapacità a dare informazioni chiare e di senso compiuto, rovesciatesi a cascata sulle amministrazioni locali, generando ansie e timori anziché certezze e fiducia: la salute di un Paese, oltre che per la sanità, passa anche per il messaggio di trasparenza, concretezza e speranza che chi lo guida deve saper trasmettere.
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