EXCALIBUR 115 - giugno 2020
in questo numero

Sardi a Salò: Ugo Manunta

Il giornalista e intellettuale sardo che tentò l'accordo con la resistenza

di Angelo Abis
copertina del volume 'La caduta degli angeli' di <b>Ugo Manunta</b>, edito a Roma nel 1947
Copertina del volume "La caduta degli angeli" di
Ugo Manunta, edito a Roma nel 1947
Ugo Manunta nacque a Cagliari il 13 luglio 1902 da Ernesto e da Virginia Rais. Giovanissimo si trasferì a Torino e cominciò a collaborare con Il Popolo d'Italia, dando avvio a un'articolata carriera che lo avrebbe condotto, nel corso del Ventennio, ai vertici della stampa di regime.
Oltre che per il tramite della carta stampata, il suo percorso di avvicinamento al fascismo si realizzò seguendo i canoni della militanza politica. Membro dal 1919 del gruppo giovanile nazionalista torinese, si iscrisse nel 1922 al Partito Nazionale Fascista, prendendo energicamente parte alle azioni delle camicie nere cittadine e, con la squadra A. Campiglio, «a tutte le manifestazioni culminanti nella sfilata del 29 ottobre 1922».
La tessera del Pnf e i trascorsi antemarcia gli consentirono di essere designato, poco più che ventenne, alla carica di direttore de "La Stampa Sportiva" (1924-25), cui seguì quella di capocronista del quotidiano "Il Regno" (1925), di segretario dell'Associazione nazionale della stampa subalpina e dell'Associazione della stampa sportiva; nonché l'inclusione tra i collaboratori stabili de "La Stampa" (1926-27) e della "Gazzetta del Popolo" (1928-30).
Parallelamente alla rapida progressione nel giornalismo torinese, Manunta iniziò a farsi un nome tra gli ambienti della stampa romana, specializzandosi in uno dei settori centrali del processo di fascistizzazione della società perseguito dal regime nella fase della stabilizzazione totalitaria: il sindacato. Nella capitale, dove si trasferì stabilmente nel 1930, fu redattore e direttore del servizio sindacale de "Il Lavoro Fascista" (1928-43); collaborò, con interventi dedicati alle corporazioni, a "Critica fascista"; promosse e fu condirettore, con Rapetti e Bernasconi, de "L'Ordine Corporativo", il mensile dell'Ente nazionale fascista della cooperazione. Nell'aprile del 1940 assunse la vicedirezione de "Il Lavoro - quotidiano genovese" diretto da Granzotto ed espressione del Sindacato fascista lavoratori dell'industria.
Le funzioni ufficiali non gli impedirono, tuttavia, di esprimere posizioni eterodosse e vicine al complesso universo della "sinistra fascista": nel dibattito sulla politica economica e la ristrutturazione dei rapporti di lavoro, si fece promotore di un sindacalismo alternativo non solo al liberismo e al capitalismo, ma anche alle derive stataliste del corporativismo imperante negli enti pubblici, primo tra tutti l'Istituto per la ricostruzione industriale (IRI).
Nella seconda metà degli anni Trenta, Manunta cominciò ad affiancare agli impegni sindacali il lavoro propagandistico a sostegno dell'imperialismo. Volontario nella campagna d'Etiopia, fu inviato come corrispondente di guerra in Libia nel 1940 e promosso, nel novembre 1941, consulente dell'Ente stampa per la Libia e direttore del "Corriere di Tripoli", giornale delle truppe operanti in Africa durante la seconda guerra mondiale.
Rientrato in patria nel 1943, in seguito alle sconfitta dell'Asse sul suolo africano, Manunta partecipò attivamente al processo di fondazione della Repubblica Sociale Italiana, della quale condivise programma, tensioni utopiche e mito del "ritorno alle origini" fin dalle settimane immediatamente successive alla liberazione di Benito Mussolini.
Dal 1º ottobre 1943 affiancò, come vicedirettore responsabile, il direttore del Corriere della Sera Amicucci, venendo cooptato nella politica di controllo delle principali testate nazionali predisposta da Mussolini nell'attesa di poter provvedere a un'effettiva riforma della stampa. L'11 dicembre 1943 fu trasferito alla guida de "Il Secolo". Poco dopo passò a "La Sera" (Milano), dove sarebbe rimasto fino all'autunno 1944.
Rinnovamento e trasformazioni sociali furono i temi dominanti dei suoi interventi e della linea impressa al giornale, come della carica di sottosegretario al Lavoro che svolse alle dipendenze del ministro Spinelli, sostenendone lo spirito riformatore in opposizione al moderatismo del ministro dell'Economia corporativa Tarchi. Il radicalismo di Manunta non tardò a richiamare le critiche di Farinacci, che ne "Il Regime Fascista" attaccò ripetutamente la legislazione sulla socializzazione e le tendenze sindacaliste del suo principale ispiratore.
Trasformatosi in polemica aperta sulla natura politica dello Stato e del fascismo repubblicano, lo scontro ai vertici della Rsi volse a sfavore di Manunta conducendolo, il 25 ottobre 1944, a rassegnare le dimissioni. Passò gli ultimi mesi del conflitto mondiale collaborando con "L'Ora", rivista settimanale edita da Mondadori nella quale Manunta, dal n. 23, tenne la rubrica "Sestante sociale", e a "L'Orizzonte", il settimanale della X Mas creato da Borghese.
Nel gennaio 1945 aderì quindi al Raggruppamento nazionale repubblicano socialista fondato da Cione. Ma l'aspetto più interessante di Manunta politico riguarda un capitolo della travagliata vicenda della Rsi.: le trattative tra esponenti del Cln e autorità fasciste per addivenire a un accordo per evitare che la fine della guerra non portasse, come invece tragicamente avvenne, a un bagno di sangue.
A partire dalla primavera del '44 e fino alla caduta militare della Rsi, vi furono diretti e costanti contatti fra esponenti di sinistra, socialisti e formazioni della stessa resistenza (vedi brigate "Matteotti") con alcuni ambienti fascisti più spiccatamente socialrivoluzionari quali la "Muti". Infatti, proprio nell'abitazione milanese dell'ex direttore de "La Sera" e poi capo ufficio stampa della "Muti", Gastone Gorrieri, si avviarono i primi colloqui ben presto seguiti da una vera e propria intesa ratificata in seguito dallo stesso Mussolini. Tali rapporti vennero facilitati dal fatto che proprio nell'appartamento sovrastante l'abitazione del Gorrieri, in via Montenapoleone n. 24, operava da tempo la redazione clandestina - si fa per dire - dell'"Avanti!". I primi, d'area più o meno fascista, a instaurare contatti diretti con i socialisti tramite Gorrieri, furono Ugo Manunta e poi Edmondo Cione, quindi il giro si allargò direttamente o indirettamente, al prefetto di Milano Parini e al questore Bettini e poi su su fino al ministro Biggini, al capo della polizia Montagna e infine, come accennato, allo stesso Mussolini, il quale mantenne con i socialisti contatti indiretti tramite il prefetto a disposizione Nicoletti, più direttamente tramite il socialista nazionale Carlo Silvestri.
Scrisse a suo tempo Manunta che, invitato nel luglio del '44 a casa di Gorrieri, lo trovò in compagnia di uno sconosciuto che gli si presentò come tal "Marino" (Gabriele Vigorelli), membro dell'esecutivo del Partito Socialista (Psiup); costui entrò subito in argomento avanzando l'ipotesi di una tregua politica finalizzata a una successiva collaborazione politica fra gli elementi socialrivoluzionari delle due parti: «L'esponente socialista si dichiarò, infatti, del tutto favorevole, qualunque cosa avvenisse, alla salvaguardia delle recenti conquiste sociali varate dalla Rsi e di voler pertanto difenderle da qualsiasi azione contraria interna o esterna sia al fascismo che all'antifascismo e, proprio a quel fine, proponeva di gettare un ponte [...] fra i vostri uomini e tra i nostri. [...] il Paese non è tanto diviso dal fascismo e dall'antifascismo quanto dalla guerra. Metà degli italiani punta su un esercito straniero, metà sull'altro. Quale sarà la carta vincente lo diranno gli avvenimenti. L'importante è che dalla sconfitta di uno dei due eserciti stranieri, l'Italia e gli italiani escano con il minor danno possibile; questo deve essere lo scopo del "ponte": mettere tutte le forze di cui dispone il paese sotto un comando unico, che sarà vostro nel momento cruciale se la vittoria sarà dei tedeschi, nostro se vinceranno gli angloamericani».
Dopo la Liberazione proseguì l'attività redazionale al servizio di varie testate romane, de "La Stampa" e de "Il Corriere della Sera"; nella capitale, in cui tornò a risiedere, aprì e diresse l'agenzia di informazione per la stampa Dies. In virtù delle posizioni sostenute tanto durante il Ventennio che nel corso della Rsi, fu tra gli interlocutori dei tentativi di avvicinamento ai sindacalisti e agli esponenti della sinistra storica fascista perseguiti da Palmiro Togliatti a ridosso dello svolgimento del referendum istituzionale.
Nonostante alcuni scambi epistolari con il segretario del Partito Comunista Italiano e un incontro con Longo, Manunta si dichiarò in ogni caso contrario all'instaurazione di un rapporto organico con il Pci e la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (Cgil), scegliendo di condurre la propria battaglia politica per una connotazione radicale e anticonservatrice del neofascismo all'interno del costituendo Movimento Sociale Italiano. Ai giornali che concorsero, nel rispetto delle disposizioni di legge sulla stampa, a preparare il terreno per la nascita del Msi, Manunta diede un contributo di primo piano accettando - tra la primavera del 1947 e l'estate del 1949 - la direzione de "Il Pensiero italiano", rassegna culturale pubblicata dall'Azienda editoriale italiana legata al costruttore Patrizi, tra i fondatori e sovvenzionatori del Msi.
Divenne poi collaboratore del settimanale di destra "Il Borghese". Fu anche segretario del collegio dei probiviri dell'Associazione della stampa romana, membro del consiglio della Federazione nazionale della stampa italiana.
Manunta morì a Roma il 3 luglio 1988.
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