EXCALIBUR 117 - agosto 2020
in questo numero

Razzismo strumentale

Le diverse declinazioni del razzismo ignorate per generale ipocrisia

di Alessio Dettori
razzismi diversi enfatizzati o ignorati
Razzismi diversi enfatizzati o ignorati
Il razzismo è uno dei termini più utilizzati negli ultimi decenni da una certa parte di giornalisti, politici e associazioni di stampo liberal-globalista.
La loro teoria è che viviamo in una società altamente razzista, soprattutto con le persone delle varie etnie africane, e che per dimostrare quanto si è avversi al razzismo si debba fare una sorta di mea culpa generale da parte dei "bianchi".
Pena il vedersi affibbiato il marchio dell'infamia, ovvero la parola "razzista".
Come al solito, si vuole usare una battaglia all'apparenza giusta, ma per ottenere dei fini per nulla nobili, rispetto a quelli sbandierati ovvero il famoso "minestrone" multiculturale globale.
Ma che cos'è il razzismo?
Il razzismo non è altro che la convinzione che l'uomo sia diviso in varie razze diverse tra di loro sia per tratti somatici che per intelletto e altre qualità, dove alcune sono considerate superiori alle altre.
Oggi questo termine non viene più usato a livello scientifico, venendo soppiantato dal termine, concettualmente diverso, di etnia.
La narrazione è più o meno sempre la stessa: l'uomo "bianco", ha oppresso e schiavizzato l'uomo "nero" per secoli e ora i discendenti dei bianchi devono fare mea culpa per le colpe dei propri avi, altrimenti dimostrano di essere razzisti.
Il recente caso della morte di George Floyd a Minneapolis ha riacceso il fuoco delle proteste antirazziste, prendendo una piega veramente squallida.
Gruppi di "bianchi", con magliette con sopra scritto "tutti i bianchi sono razzisti" o altre fesserie, inginocchiati davanti a persone afroamericane o incatenati di propria volontà e portati a passeggio sempre da persone afroamericane per espiare non si sa quali colpe, solo per citare alcuni di questi casi assurdi.
Qui non si parla più di antirazzismo, bensì di "auto-razzismo"; un continuo e penoso chiedere scusa per colpe mai commesse, sempre per la questione della schiavitù negli Stati Uniti, ignorando che anche tanti Africani possedevano piantagioni con schiavi della loro stessa etnia.
Tra l'altro, il primo schiavista in America (all'epoca, ancora colonia britannica) fu un certo Anthony Johnson, nato in Angola ed ex servo divenuto libero dopo la scadenza del contratto di servitù, che nel 1654 diede inizio alla schiavitù in Virginia dopo aver vinto un ricorso in tribunale che estese illimitatamente la durata del contratto di un suo servo, tale John Casor, che aveva terminato il suo contratto di servitù, ma che si ritrovò tristemente a diventare il primo schiavo dei futuri Stati Uniti d'America.
A questi falsi antirazzisti poco importa che il razzismo non sia una questione soltanto di "bianchi" contro "neri".
Se andiamo ad analizzare la storia, potrei citare la tratta degli schiavi bianchi negli stati barbareschi (Libia, Marocco, Algeria e Tunisia) tra il sedicesimo e il diciannovesimo secolo, con oltre un milione di Europei bianchi cristiani venduti come schiavi nei mercati africani.
Oppure il razzismo dei Giapponesi nei confronti di Cinesi e Coreani durante le guerre nel Pacifico; gli Etiopi che fino alla guerra con l'Italia nel 1935 avevano lasciato carta bianca al commercio di schiavi, poi abolito definitivamente dall'Italia con il "Bando di soppressione della schiavitù nel Tigrè" firmato dal Generale De Bono appena conquistata l'Etiopia.
Ma persino ai giorni nostri il razzismo continua a essere ignorato quando a perpetrarlo non è l'uomo "bianco"; potrei citare quello che succede ai giorni nostri in Sud Africa, dove, nel silenzio dei media, si sta perpetrando una vera e propria caccia al Boero (i discendenti dei coloni olandesi) con l'indifferenza del governo e appoggiata da confische, espropriazioni e pressioni economiche che esso fa per mandare via i Boeri (attualmente al governo c'è l'Anc, il partito di cui faceva parte Nelson Mandela).
Davanti a tutta questa ipocrisia, che distorce la storia per creare delle "razze" più cattive delle altre, che vuole l'eliminazione delle differenze culturali per creare dei minestroni globali senza identità, la domanda sorge spontanea: chi è il vero antirazzista?
Colui che vuole una società forzatamente omogeneizzata, senza differenze culturali e radici storiche?
O forse, colui che quelle differenze le rispetta, cercando di creare un ponte con una cultura diversa senza rinnegare la propria e senza cercare di imporre la sua sugli altri, ma che per questo motivo viene spesso chiamato "razzista"?
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