EXCALIBUR 119 - ottobre 2020
in questo numero

L'armistizio in Sardegna (da Excalibur 75 Speciale)

Una pagina di storia sarda da interpretare

di Emilio Belli
il <b>Gen. Antonio Basso</b> in alta uniforme (per gentile concessione del Comando Militare della Sardegna)
Sopra: il Gen. Antonio Basso in alta uniforme
(per gentile concessione del Comando Militare
della Sardegna)
Sotto: il Gen. Hans Lungershausen, comandante
della 90ª Panzer Grenadier Division di stanza in
Sardegna alla data dell'armistizio
il <b>Gen. Hans Lungershausen</b>, comandante della 90ª Panzer Grenadier Division di stanza in Sardegna alla data dell'armistizio
Premessa.
Le vicende legate all' 8 settembre 1943 sono conosciute, almeno per quanto riguarda il "trasferimento" del Re, del Capo del governo e dei vertici militari a Brindisi, l'umiliante consegna della flotta da guerra a Malta e la dissoluzione dell'Esercito, che come diretta conseguenza portarono all'occupazione straniera del territorio nazionale e alla disgregazione dello Stato.
Da tale sfacelo si salvò la Sardegna, dove le istituzioni ressero e nel complesso anche le Forze Armate, sia pure col morale scosso dalla ribellione della Nembo, culminata con l'uccisione del Ten. Col. Alberto Bechi-Luserna, Capo di S.M. della Divisione. Questo valoroso ufficiale, che nella battaglia di El Alamein aveva comandato il 187º Rgt. della "Folgore", perse la vita il 9 settembre in località Castigadu, poco a sud di Macomer, nel vano tentativo di far desistere i paracadutisti del XII Btg. dal proseguire la guerra a fianco dei Tedeschi: fu quindi la prima vittima di quella spietata lotta fratricida che dilaniò l'Italia Centro-settentrionale fino al termine del Secondo conflitto mondiale e oltre.
La particolarità della situazione sarda è facilmente spiegabile. Fino al 7 settembre 1943, l'Isola costituiva per le potenze dell'Asse un fondamentale baluardo difensivo, ma il suo ruolo diventò marginale in seguito all'armistizio e con l'apertura del nuovo fronte incentrato sull'Italia Continentale, di cui gli Alleati avviarono l'invasione nella prima decade di settembre, con le operazioni Baytown e Avalanche poste in atto sulla costa tarantina e nel Golfo di Salerno.
Venendo meno la minaccia di sbarchi nemici, i Tedeschi decisero di ritirarsi dall'area sardo-corsa, per cui la rottura dell'alleanza con la Germania non creò in Sardegna motivi di attrito, tanto che fra la proclamazione della resa e il 18 settembre, che fu il giorno conclusivo delle operazioni di sgombero, non ebbero a verificarsi scontri di rilievo ed esecuzioni sommarie, e tanto meno il disarmo in massa e la deportazione di militari italiani, come invece accaduto nella Penisola, nell'Egeo e nei Balcani.
Naturalmente i momenti critici non mancarono, ma la contrapposizione, anche armata, tra Italiani e Tedeschi si mantenne a livelli accettabili senza trasformarsi, come sarebbe stato possibile, in conflitto generalizzato.
Per leggere in modo obiettivo questa pagina di storia, bisogna mettere a fuoco le logiche dalle quali scaturivano le decisioni dei principali protagonisti: il Gen. Antonio Basso, Comandante in Capo delle forze armate italiane poste a presidio dell'Isola, e il Gen. Carl Hans Lungershausen, Comandante della 90ª Panzer grenadier division, i quali affrontarono la situazione in base agli ordini ricevuti e in piena sintonia con le proprie responsabilità.
Quei lontani giorni di fine estate furono piuttosto difficili per il Gen. Basso, soprattutto a causa di alcuni fatti particolarmente problematici, quali la ribellione della Nembo e l'occupazione tedesca di La Maddalena. Di questi avvenimenti si possiede ancor oggi scarsa conoscenza, come del ruolo svolto dal responsabile militare della Sardegna, che nel periodo del suo comando, iniziato nel novembre 1940, dimostrò decisione e capacità organizzativa, dando volto e consistenza alla difesa costiera e cercando di gestire nel modo migliore la fase post-armistiziale. L'Italia della Luogotenenza, che nel tardo 1943 gli aveva affidato il comando delle truppe della Campania, con il compito di ricostruire e ritemprare le unità sopravvissute al disastro dell'8 settembre, ripagò la sua dedizione alla Patria con 22 mesi di carcere e con un processo assurdo per non aver ottemperato all'ordine di impedire il trasferimento in Corsica dei Tedeschi.
Il dibattimento si concluse con la piena assoluzione: nonostante questo si nutrono ancora riserve in merito alla sua condotta, che invece fu rispettosa del dovere e attenta alle esigenze dell'Isola, come ben dimostrano gli avvenimenti.
L'armistizio fu un evento inatteso che però non colse il Gen. Basso del tutto impreparato, conoscendo le istruzioni diramate dal Comando Supremo con la Memoria O.P. 44, recapitata dal Col. Donato Eberlin il 3 settembre, lo stesso giorno in cui il Gen. Castellano firmava a Cassibile il cosiddetto "armistizio corto". In questa direttiva, redatta peraltro in forma molto anomala - essendo priva di intestazione ufficiale e di firma - si prospettava la generica possibilità di atti ostili da parte della Germania volti a sovvertire le istituzioni italiane, disponendo nel contempo l'eliminazione delle truppe tedesche presenti in Sardegna. La fattibilità di quest'ordine si pose l'8 di settembre quando la radio annunciò la fine delle ostilità con gli Angloamericani.

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