EXCALIBUR 124 - gennaio 2021
in questo numero

"Storico" accordo tra Unione Europea e Cina

Nuovi mercati e tensioni con il resto del mondo

di Angelo Marongiu
perfetta simbiosi cromatica tra i vessilli dell'Ue e della Cina
Sopra: perfetta simbiosi cromatica tra i vessilli dell'Ue e della Cina
Sotto: la parabola di Conte, da Winston a Wilson
la parabola di Conte, da Winston a Wilson
Nella confusione di questi giorni - tra festività più o meno solitarie, colori e autocertificazioni - c'è una notizia che è passata quasi inosservata, dallo scarso risalto giornalistico nonostante la sua importanza.
È l'accordo sugli investimenti tra Unione Europea e Cina, accordo che dovrà essere ratificato dai ventisette paesi dell'Unione e approvato dal Parlamento europeo.
Le veline dell'Unione ovviamente lo sbandierano come una pietra miliare nelle relazioni con il gigante asiatico, anche se si tratta per ora solo di un "accordo di principio".
Però, «ha un grande significato economico», prevede «una piena attuazione degli accordi di Parigi in materia di clima e ambiente», inoltre è «un robusto meccanismo di applicazione e monitoraggio», di «abolizione di pratiche distorcenti» e di «chiari obblighi per le imprese statali cinesi». L'accordo - che chiude ben 36 round di colloqui lanciati addirittura nel novembre 2013 - apre nuove opportunità soprattutto nei settori del manifatturiero avanzato, dello sviluppo verde e dei servizi.
Infine - notizia veramente strepitosa se alle intenzioni corrispondessero realmente i fatti - Pechino promette di osservare il rispetto degli standard internazionali in materia di diritto del lavoro.
Queste, in sintesi, le notizie più importanti in merito all'intesa.
Sono opportune alcune considerazioni.
L'intesa è stata siglata in collegamento video tra il Presidente cinese Xi Jinping e i vertici europei, la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la Cancelliera tedesca Angela Merkel, quale presidente di turno.
Si è infilato anche il presidente francese Emmanuel Macron, non si sa bene a quale titolo, indispettendo non poco l'Italia, ma a questo disappunto, considerando il nostro peso, nessuno ci ha badato.
È significativo che, dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, la presenza della Germania e della Francia dia un forte segnale su chi guiderà di fatto i destini dell'Europa. Gli equilibri sono decisamente spostati sull'asse franco-tedesco e in assenza del contraltare britannico le altre nazioni, Italia compresa, sono banali comprimari.
Sette anni di negoziati e poi questo accordo che in teoria dovrebbe garantire a Europa e Cina un comune terreno per i reciproci affari. In realtà ci siamo inchinati a una potenza comunista che dei diritti umani non si è mai preoccupata e che continuerà a invaderci con merci a basso costo prodotte grazie al lavoro a costo zero di centinaia di migliaia di musulmani uiguri deportati nei lager cinesi. Credete che qualcuno potrà controllare che l'impegno assunto da Pechino sul rispetto degli standard internazionali di lavoro verrà osservato? Illusioni.
E poi perché la cancelliera ha spinto così tanto perché l'accordo venisse firmato proprio prima della fine del suo mandato europeo? Beh, probabilmente la ciliegina finale sulla torta.
L'Europa è schiacciata dal surplus commerciale tedesco, che da anni supera abbondantemente i limiti fissati in sede europea e che - nonostante i ripetuti richiami (bonari, ovviamente) - si è ben guardata dal rispettare.
Avrebbe dovuto ridurre le esportazioni dei suoi prodotti o aumentare le importazioni, ma ha fatto orecchie da mercante, soprattutto durante il lunghissimo cancellierato della Merkel.
Quindi, poiché il resto dell'Europa è stritolato da una crisi economica di lunga e incerta durata e non in grado di assorbire altri prodotti tedeschi, la Russia incagliata in problemi interni e di relazioni internazionali (credibilità ed embargo commerciale) e gli Stati Uniti sono decisi a contrastare gli artigli di una Germania sempre più desiderosa di allargare la sua economia, ecco che questo accordo apre un canale privilegiato con la Cina, immenso mercato di 1 miliardo e 400 milioni di consumatori.
Il settore automobilistico tedesco, quello meccanico di qualità e quello della chimica in particolare, sono pronti a raddoppiare gli investimenti in vista di questa apertura.
Qui ci riempiamo la bocca di diritti umani se l'interlocutore è l'Ungheria, se invece è la Cina, Pechino val bene una Messa.
Sono stati posti in discussione i futuri rapporti tra gli Stati Uniti e la Germania, poiché l'accordo disattende in pieno le raccomandazioni alla prudenza arrivate da oltre Atlantico (e anche da parte dell'intelligence tedesca), che vede nell'accordo - tra le altre cose - un'apertura dei mercati tedeschi a Huawei e ad altre aziende cinesi nel delicato settore del 5G.
C'è da osservare che il comportamento della Germania non è scorretto: è la sola in Europa, in buona compagnia della Francia e di poche altre nazioni, ad aver interpretato correttamente lo spirito europeo.
L'Unione Europea è un ottimo paravento ideologico, con i suoi decimali e curvatura di banane e diametro delle vongole, per farsi gli interessi propri, non importa se a spese degli altri: peggio per loro.
Il resto - il senso della comunità, l'appartenenza comune, la solidarietà e altre baggianate simili, servono solo a rendere aulici e melensi i discorsi di fine anno.
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