EXCALIBUR 124 - gennaio 2021
in questo numero

La finta libertà dei social network

L'equivoco irrisolto: postini o editori?

di Alessio Dettori
libertà va cercando ch'è sì cara
Libertà va cercando ch'è sì cara
Per alcuni un paradiso democratico a portata di click, per altri un nuovo sistema per controllare le masse.
Tutto, come sempre, dipende da come si decide di utilizzare queste tecnologie.
I social network sono un importante fenomeno che ha preso piede nell'ultimo decennio.
Da semplici piattaforme per tenersi in contatto con amici, parenti o semplici conoscenti, sono diventati negli ultimi anni una sorta di Agorà globale digitale.
Oggi se non si ha un profilo su uno dei principali social network si è, di fatto, tagliati fuori dalle grandi masse.
In questi spazi virtuali, ormai, si trova davvero di tutto; dalle notizie dei quotidiani ai comunicati stampa; persino il Vaticano e i grandi esponenti dei partiti politici o dei governi degli stati più importanti hanno un proprio profilo su queste piattaforme e non disdegnano fare comunicazione tramite esse.
Vista da una prospettiva superficiale, può sembrare una sorta di piazza gioiosa, dove le persone leggono informazioni e interagiscono tra di loro, favorendo il dialogo.
Peccato che questi social network abbiano sopra di essi dei "controllori" non controllati da nessuno e liberi di fare quello che vogliono, in quanto non sono regolati da alcuna legge.
Ormai hanno un valore economico così elevato, da essere superiore a quello di parecchi stati.
Ma come fanno a essere così ricchi?
In estrema sintesi (altrimenti non basterebbero due articoli), sono società quotate in borsa.
Più utenti hanno e più questi ultimi passano del tempo nei loro social network, più le azioni salgono o restano stabili.
Inoltre, quando si decide di aprire un profilo, si tende con noncuranza a cedere i propri dati personali a queste società che raccolgono questa mole di dati, per poi rivenderli a terzi (alcune volte in maniera illecita, vedesi lo scandalo Facebook - Cambridge Analytica nel 2018) ed ecco spiegato il perché ci si ritrovi con delle pubblicità attinenti a qualche ricerca effettuata poco prima su un motore di ricerca.
Come il passato ci ha insegnato, troppo potere in mano a pochi può portare a situazioni rovinose e gli ultimi cinque anni lo hanno dimostrato. Negli ultimi tempi, la gente sta avendo un risveglio collettivo e all'improvviso si è accorta che forse dare i propri dati personali a cuor leggero, dopo decenni di battaglie in questo senso, non sia stata proprio una mossa intelligente.
Infatti la migrazione di milioni di utenti dalla famosa applicazione di messaggistica WhatsApp (che negli Stati Uniti arriverà a sapere quasi tutto ciò che viene fatto con il proprio telefonino) verso altre applicazioni più sicure e con norme più trasparenti sui dati personali ha fatto suonare qualche campanello d'allarme nei palazzi dorati dei colossi della tecnologia.
Tornando ai social network, essi da semplici piattaforme per tenersi in contatto sono diventati delle vere e proprie piattaforme editoriali (godendo di enormi agevolazioni fiscali, non essendo, sulla carta, editori), che applicano a propria discrezione una censura spietata nei confronti di chi non si allinea ai loro "standard della community". In teoria, gli "standard della community" dovrebbero evitare discorsi che incitino all'odio, al razzismo, alla violenza, a offese, ecc..
Tutto giusto sulla carta, peccato che non venga mai spiegato cosa sia considerabile odio e cosa no.
Così capita spesso di ritrovarsi in situazioni assurde, come alcune pagine frequentate da jihadisti che pubblicano video inneggianti all'uccisione dei cristiani e che, nonostante le segnalazioni di più utenti, vengono lasciate aperte con tanto di risposta «non è stata trovata nessuna violazione degli standard».
Allo stesso tempo, per esempio, vengono sistematicamente chiuse o censurate pagine e profili di persone che, in maniera pacata, fanno ricerche storiche sul colonialismo italiano o pagine dove si discute in maniera civile sull'emergenza sanitaria e sulla sicurezza o meno del vaccino per il covid-19, chiuse senza preavviso per "violazione" e altre centinaia di casi simili.
Stesso discorso nelle piattaforme di contenuti video, dove tutto ciò che riguarda certi argomenti (dal covid ai vaccini e persino la questione delle frodi durante le elezioni presidenziali americane del 2020) viene censurato in quanto considerato "informazioni false", creando veramente un punto di rottura nel dialogo che loro dicono di voler invogliare nell'utenza, ma di fatto tappando la bocca a una delle due parti.
Da Agorà virtuale a Soviet virtuale il passo è stato breve.
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