EXCALIBUR 125 - febbraio 2021
in questo numero

Ancora sugli eredi di Sparta in Sardegna

La breve storia in terra sarda dei Greci della Maina

di Paolo Amat
indomiti guerrieri in una terra aspra
Indomiti guerrieri in una terra aspra
Carissimo Angelo, le allego alcune notizie sui Greci della Maina che nel 1752 fecero parte del Marchesato di San Cristoforo.
Sul tentativo di "colonizzazione" voluto dal Bogino, Ministro per gli Affari di Sardegna - dopo il successo della "colonizzazione" dei Tabarchini nell'Isola di San Pietro - con i profughi greci sfuggiti agli invasori Turchi dopo il fallimento della loro lotta, alla quale parteciparono dalla loro parte sia Inglesi (Lord Byron) che Italiani (Santorre di Santarosa, che morì combattendo a Missolungi). Lotta capeggiata dall'eroe greco Colocotronis, che preso prigioniero dai Turchi fu torturato, scannato, fatto a pezzi, e bruciato da questi.
Le efferatezze dei Turchi ispirarono il pittore sardo Marghinotti a riprodurre magistralmente su tela alcuni episodi delle sofferenze dei Greci. Giambattista Bogino di Migliandolo (che non ha niente a che fare con l'imprecazione sarda «Chi ti pighi su bugginu») incaricò il nobile di origine iglesiente Don Antonio Todde di erigere il Marchesato di San Cristoforo nei territori di Montresta, diventandone feudatario titolare, con i profughi greci della Maina.
I terreni concessi al feudo erano però, da epoca immemorabile, pertinenza della Comunità bosana, per cui iniziò il conflitto tra i pastori sardi e i nuovi colonizzatori "istranzos". Alcuni studiosi, sulla base dei "Quinque Libris" del Villaggio di Montresta, nonostante i Greci fossero di religione ortodossa, avendo trovato in alcuni defunti greci la causa della morte inequivocabile ("mortu a balla"), scrissero che il fallimento della colonizzazione era dovuto alla totale scomparsa dei Greci.
Una studiosa, successivamente, da un più attento esame degli stessi "Quinque Libris", annotò che mentre prima i nomi dei neonati erano tipicamente greci (Dimitrios, Naftalis, Constantinos), a un certo punto i battezzati avevano nomi sardi come Baingio, ossia Gavino, probabilmente il nome del padrino.
A parte il "mortu a balla", la colonizzazione fallì e nel 1773 il Marchesato di San Cristoforo tornò al Fisco. Don Antonio Todde accettò il marchesato di Sorradile. Il fratello Basilio fu creato, nel 1755, conte della Minerva, titolo che nel 1770 passò ad Antonio, che, nel 1776, ebbe il titolo di marchese di San Vittorio. Alla sua morte, nel 1777, il titolo passò ai nipoti Maramaldo e Pes.
I territori dell'ex Marchesato di San Cristoforo ritornarono alla Comunità bosana. Secondo una antica prassi feudale, il nobile don Angelo Passino, personaggio influente di Bosa, a nome della Comunità, salito su un alto poggio e pronunciando ad alta voce la rituale formula di acquisizione, gettava un sasso in quella direzione.
Alcuni cognomi greci del Marchesato di San Cristoforo sono rimasti in Sardegna (Medros, Passerò, Canalis e altri), oltre al Cruccas dell'articolo. C'era anche un Covacivich, ma probabilmente di origine slava.
Oggigiorno, a Decimomannu, vicino allo svincolo per Villasor, la ditta Passerò produce manufatti in cemento.
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