EXCALIBUR 128 - maggio 2021
in questo numero

La Savoia e l'irredentismo italiano

Un pezzo della vecchia Italia ancora legato alle sue origini

di Carlo Altoviti
rivista di irriducibili della Savoia e di Nizza
Sopra: rivista di irriducibili della Savoia e di Nizza
Sotto: un legame che non si è mai spezzato e
ancora per molti un sogno da realizzare
un legame che non si è mai spezzato
ancora per molti un sogno da realizzare
L'irredentismo italiano in Savoia fu attivo dal 1860 fino alla seconda guerra mondiale, come espressione del tradizionale legame alla dinastia dei Savoia e per il suo tramite al Regno di Sardegna (diventato il 17 marzo 1861 Regno d'Italia). La regione era stata la culla di Casa Savoia e dell'omonimo Ducato sin dal XI secolo. La lingua d'uso del territorio non era né l'italiano né il francese, ma il dialetto savoiardo, facente parte dell'idioma arpitano o franco-provenzale che può essere considerato di transizione tra la lingua d'oïl (l'antecedente del francese moderno) e le parlate gallo-italiche dell'Italia settentrionale. Nel 1560, un editto di Emanuele Filiberto aveva abolito l'uso del latino come lingua ufficiale nei domini di Casa Savoia, introducendo in suo luogo l'italiano nel Principato di Piemonte e nella Contea di Nizza e il francese in Savoia e Valle d'Aosta.
La popolazione savoiarda, pur essendo attaccata alla propria tradizionale autonomia, era profondamente legata a Casa Savoia. Il massimo intellettuale savoiardo tra Settecento e Ottocento, Joseph de Maistre, fedelissimo alla dinastia regnante, addirittura auspicava che il Regno di Sardegna si ponesse alla testa del movimento per l'indipendenza e l'unità d'Italia.
Con l'accordo di Plombières del 21 luglio 1858, il primo ministro sardo Cavour promise all'imperatore francese Napoleone III la cessione della Savoia in cambio dell'appoggio francese nella prossima guerra d'indipendenza contro l'Austria. Nel gennaio 1859 la proposta fu formalizzata con il trattato di alleanza sardo-francese, con cui, come ulteriore compenso per la Francia, alla Savoia si aggiunse Nizza. La seconda guerra d'indipendenza si concluse con l'armistizio di Villafranca: l'Austria cedette la Lombardia alla Francia, che la girò al Regno di Sardegna, chiedendo in compenso la Savoia e Nizza. Il governo sardo inizialmente rifiutò la cessione di Nizza e Savoia perché l'accordo originale prevedeva la conquista anche del Veneto, ma la situazione si sbloccò quando l'imperatore francese acconsentì che il Regno di Sardegna si rivalesse come compensazione sull'Emilia e sulla Toscana, che nel frattempo erano insorte e avevano instaurato governi provvisori filo-piemontesi.
La popolazione sabauda era decisamente per lo status quo e contraria a passare sotto la sovranità di Parigi. All'inizio del 1860, più di 3 mila persone manifestarono a Chambéry contro le voci di annessione alla Francia. Il 16 marzo 1860, le province dell'Alta Savoia inviarono a Vittorio Emanuele II, Napoleone III e al Consiglio Federale Svizzero una petizione in cui manifestavano la loro volontà di restare uniti al Regno di Sardegna oppure, nella denegata ipotesi, essere annessi alla Svizzera nel caso in cui fosse inevitabile la separazione da Casa Savoia. Il 22 e 23 aprile del 1860, la regione fu annessa alla Francia dopo un contestato referendum tenutosi il 22 e 23 aprile 1860 (130.839 voti, il 99,8%, a favore dell'annessione alla Francia, 235 contrari e 71 nulli). Tra il 29 maggio e il 10 giugno 1860 la cessione fu ratificata dal Parlamento subalpino di Torino e venne completata l'occupazione francese della Savoia.
Buona parte della popolazione sabauda manifestò contro l'annessione e molti Savoiardi preferirono optare per la cittadinanza italiana e si trasferirono in Italia negli anni successivi. Tra questi il conte Luigi Federico di Menabrea, nativo di Chambéry, che fu successivamente presidente del consiglio dei ministri italiano dal 1867 al 1869. Nel 1861 nacque in Italia l'"Associazione Oriundi Savoiardi e Nizzardi Italiani", che durò fino al 1966. Dal 1871 si manifestò nell'opinione pubblica della Savoia un forte sentimento di ostilità contro l'annessione. Il Comitato Repubblicano della città di Bonneville affermò che «il voto del 1860 fu il risultato di pressioni imperiali e non della libera manifestazione della volontà del nostro Paese», chiedendo un nuovo referendum. Per tutta risposta, la Francia inviò 10 mila soldati in Savoia per ripristinare l'ordine.
Alla fine dell'Ottocento e fino alla Seconda Guerra Mondiale, la Savoia fu meta di una consistente emigrazione italiana, in particolare dalle regioni padane. Si stima addirittura che un terzo della popolazione savoiarda abbia origini italiane ("Fils de deux patries", Le Dauphiné libéré, 17 giugno 2008). Oggi vivono in Savoia, a parte la popolazione savoiarda di cittadinanza francese con origini familiari italiane, ben 23 mila cittadini italiani emigrati.
L'opposizione al dominio francese si rinfocolò quando, nel 1919, la Francia ufficialmente pose fine alla neutralità militare di alcune parti della Savoia ed eliminò l'area di libero scambio, originariamente concordata al Congresso di Vienna del 1815 e con il Trattato di Torino del 1860. La Francia fu condannata nel 1932 dal tribunale internazionale per queste violazioni.
Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, il Partito Nazionale Fascista creò in Savoia un'organizzazione per promuovere l'annessione della Savoia al Regno d'Italia. I savoiardi militanti nella suddetta organizzazione erano circa un centinaio, concentrati principalmente a Chambéry. Nel 1940, l'esercito italiano entrò in Savoia e occupò una piccola parte del paese, per un totale di 832 kmq e 28.500 abitanti.
Quando nel novembre 1942 l'Italia occupò interamente la Savoia (oltre a Grenoble e parte della valle del Rodano), gli irredentisti savoiardi filo-italiani sostennero di rappresentare un'ampia fascia della popolazione savoiarda che chiedeva l'annessione all'Italia, ma la proposta non fu accolta principalmente per le perplessità del Re d'Italia.
Senza escludere annessioni più ampie, venne tuttavia stilato un piano minimo di annessione comprendente le Alpi Marittime, il Principato di Monaco e un territorio montuoso comprendente parte dei dipartimenti di Basse Alpi, Alte Alpi e Savoia. Quest'ultimo avrebbe costituito una provincia denominata "Alpi Occidentali" con 116 comuni e 76 mila abitanti, il cui capoluogo sarebbe stato Briançon (italianizzata in Brianzone).
Alcuni fascisti savoiardi si arruolarono nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Tutta la fascia territoriale soggetta all'occupazione italiana, compresa la Savoia, come riconosciuto anche dal noto storico francese Raymond Aron ("Histoire de Vichy"), divenne il rifugio privilegiato degli Ebrei perseguitati nel territorio governato da Philippe Pétain. Anche i fascisti savoiardi, come tutti i loro conterranei, si adoperarono fattivamente per soccorrere gli Ebrei fuggitivi. Fu anche avviato un parziale tentativo di italianizzazione delle scuole della Savoia, ma tutte queste iniziative cessarono nel settembre 1943, quando la Wehrmacht germanica sostituì l'esercito italiano nell'occupazione della Savoia.
Dopo la seconda guerra mondiale, tutte le organizzazioni degli irredentisti savoiardi furono bandite dalle autorità francesi. La maggior parte dei Savoiardi già irredentisti, nel secondo dopoguerra, sostenne lo sviluppo di organizzazioni politiche autonomiste in Savoia, come il "Mouvement Région Savoie" (movimento regionale sabaudo), sorto nel 1972. Oggi il regionalismo savoiardo, incarnato politicamente dalla "Ligue Savoisienne" fondata nel 1996 ma trasversale a tutto lo schieramento politico, si manifesta sotto vari aspetti e ha recentemente trovato espressione a livello politico nel 2014 con la richiesta congiunta dei due presidenti dei dipartimenti savoiardi (Savoia e Alta Savoia) di costituire un'unica collettività territoriale savoiarda dal nome "Savoia - Monte Bianco".
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