EXCALIBUR 131 - agosto 2021
in questo numero

I paradossi: "La favola delle api"

Una lezione vecchia di oltre trecento anni

di Lancillotto
la copertina del libro di de Mandeville
La copertina del libro di de Mandeville
Ho da poco terminato la lettura dell'ultimo libro di Pascal Bruckner, "Un colpevole quasi perfetto", autore del quale avevo già parlato commentando il libro "Una breve eternità" (Excalibur n. 121, novembre 2020).
Il libro è un'analisi della furia del politicamente corretto che si è scatenata contro l'uomo bianco eterosessuale, definito colpevole per eccellenza. L'autore cita, analizzando la società ideale vagheggiata dai fautori del politicamente corretto, un poemetto satirico dell'olandese Bernard de Mandeville, scritto nel 1705 e successivamente ripreso in anni successivi.
L'opera è "La favola delle api" ed è una paradossale analisi della società umana vista attraverso le vicende di un alveare. Non si conosce quale fosse l'intento dell'autore, ma essa è diventato un testo di riferimento per i filosofi e gli economisti dei secoli successivi, da Smith a Ricardo, da Marx a Nietzsche e, volendo, possiamo ancora considerarla di pungente attualità.
Il periodo nel quale fu scritto vedeva il prosperare delle idee libertine e l'opera voleva essere appunto la critica di una società ipocrita che si avviava verso un formidabile sviluppo industriale, ma che voleva apparire virtuosa nascondendo i suoi vizi.
Mandeville afferma invece che questi vizi sono necessari per il benessere della società. Egli sosteneva che è la ricerca della soddisfazione personale dei propri vizi, dal lusso allo sperpero, dall'invidia alla lussuria, che fa prosperare e sviluppare la società. Infatti il loro perseguimento mette in moto l'aumento dei consumi dei più ricchi, stimolando quindi la produzione collettiva, la circolazione del danaro: in poche parole creando opportunità di lavoro per le classi più povere.
Sono coloro che invece vivono accontentandosi della loro condizione e operando secondo virtuosi princìpi di rassegnazione e quindi nella pigrizia, che danneggiano il benessere della società.
«Abbandonate dunque le vostre lamentele, o mortali insensati! Invano cercate di accoppiare la grandezza di una nazione con la probità. Non vi sono che dei folli, che possono illudersi di gioire dei piaceri e delle comodità della terra, di esser famosi in guerra, di vivere bene a loro agio, e nello stesso tempo di essere virtuosi. Abbandonate queste vane chimere! Occorre che esistano la frode, il lusso e la vanità, se noi vogliamo fruirne i frutti».
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