EXCALIBUR 132 - settembre 2021
in questo numero

Vergarolla: la strage "dimenticata"

1946: il terrorismo di Tito costrinse all'esodo gli Italiani di Pola

di Alessio Dettori
la notizia della strage nel giornale 'L'Arena di Pola'
Sopra: la notizia della strage nel giornale "L'Arena di Pola"
Sotto: la lapide che ricorda i morti di Vergarolla
la lapide che ricorda i morti di Vergarolla
La storia dell'Italia è costellata di episodi tristi e cruenti.
Se apriamo un libro di storia, leggiamo di tante stragi accadute dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino ai giorni nostri.
Stragi come quella di Capaci o quella di Bologna vengono, giustamente, ricordate, ma quando si tratta dell'Italia del confine orientale, quella parte che venne vergognosamente rubata grazie a trattati vergognosi e iniqui dalla Iugoslavia del genocida Tito, ecco che la Repubblica Italiana inizia a soffrire di inspiegabili amnesie.
In questo articolo parlerò di una delle stragi più cruente mai accadute su suolo all'epoca ancora italiano.
Parlo della stage di Vergarolla, a Pola, ovvero la prima strage accaduta nella Repubblica Italiana.
18 agosto 1946, la guerra è finita da oltre un anno, l'Italia è diventata una repubblica da pochi mesi, ma gli Italiani del confine orientale vivono ancora giorni di tensione e angoscia.
Il famigerato Tito e i criminali al suo seguito (lodati dall'allora Partito Comunista Italiano) continuavano nell'opera di genocidio a danno degli Italiani e degli anticomunisti (Slavi compresi), ma nonostante le rivendicazioni Iugoslave, Pola era ancora amministrata dalle forze alleate (che avrebbero successivamente regalato la città a Tito).
Erano le 14:15 quando la spiaggia di Vergarolla era piena di persone, tra cui tanti bambini che volevano assistere alle gare natatorie, una manifestazione vista dai Polesani come una dimostrazione di italianità (così la definì anche il quotidiano locale, "L'Arena di Pola").
All'improvviso, un boato udito in tutta la città, mise fine alle vite di circa 70-100 persone (numero mai del tutto precisato, in quanto di molte persone rimasero dei minuscoli brandelli), di cui un terzo erano bambini o giovani sotto i 18 anni, e 211 feriti.
Tra le tante storie di dolore, una delle più note è quella del Dottor Geppino Micheletti, che lavorò in ospedale a curare i feriti per oltre 24 ore, nonostante fosse stato già informato di aver perso nell'esplosione i suoi unici due figli Renzo e Carlo, di 5 e 9 anni.
A uccidere tutte queste persone, fu l'esplosione di 28 mine antisbarco, considerate inerti, accatastate ai bordi dell'arenile.
Il consiglio comunale si radunò urgentemente e inoltrò una formale protesta al comando alleato.
In Italia il Pci, tramite L'Unità, diede la colpa agli Anglo-americani; ovviamente la loro accusa faceva parte della propaganda che sosteneva le rivendicazioni di Tito su quel territorio.
Le autorità alleate istituirono, nei giorni successivi, una Corte Militare d'inchiesta per accertare se si fosse trattato di incidente oppure di dolo.
La corte constatò che le mine erano state ispezionate più volte e considerate sicure sia da militari italiani che alleati.
Alcuni soldati inglesi, rimasti feriti durante la strage, dissero di aver sentito un piccolo scoppio, seguito da del fumo blu che andava verso le mine.
L'Arena di Pola continuò a sostenere la tesi del dolo.
L'episodio fu una delle cause che spinsero gli Italiani ad andare via, complice il regalo della Francia a Tito di tutta l'area a febbraio del 1947.
Solo negli ultimi anni gli archivi inglesi hanno rivelato che la strage venne organizzata dall'Ozna, la polizia segreta di Tito.
Inoltre il Sim, il Servizio Segreto Militare Italiano, già nel 1946 era informato delle vere cause e addirittura era stato lo stesso Sim a informare gli alleati sui veri responsabili della strage.
Inoltre, tramite queste carte, si è venuti a sapere che il probabile sabotatore degli ordigni fosse un terrorista appartenente all'Ozna conosciuto dai servizi di spionaggio alleati, ovvero il fiumano Giuseppe Kovacich.
A distanza di 75 anni viene da chiedersi perché la Repubblica Italiana, che commemora ogni anno le stragi di Bologna e Piazza Fontana, si sia dimenticata di questi morti ai quali il Presidente della Repubblica (la stessa della quale all'epoca faceva parte Pola) non ha mai portato una corona di fiori.
Forse perché parliamo della stessa repubblica che, per compiacere ai giorni nostri il governo sloveno, ha deciso di riabilitare e commemorare i terroristi Iugoslavi del Tigr?
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