EXCALIBUR 133 - ottobre 2021
in questo numero

Joe Biden sarà un grande presidente Usa?

Sì, solo se riuscirà a bloccare la Cina!

di Ernesto Curreli
un'immagine di <b>Den Xiaoping</b> a Shenzhen
le nuove portaerei cinesi, la proiezione del potere cinese sul mare
Sopra: un'immagine di Den Xiaoping a Shenzhen e le nuove
portaerei cinesi, la proiezione del potere cinese sul mare
Sotto: modelle cinesi nella pubblicità di Alibaba e Amazon
modelle cinesi nella pubblicità di Alibaba
modelle cinesi nella pubblicità di Amazon
Il titolo piacerà a poche persone, ma la figura di Joe Biden sembra riemergere dopo il disastroso disimpegno dall'Afghanistan. La sua popolarità è in calo, però i migliori sondaggisti americani imputano questo fenomeno non a quella vicenda ma all'andamento dell'economia, ancora in affanno per l'epidemia Covid-19 e per la temibile coda dell'onda Delta. La Nbc, nel sondaggio condotto dal repubblicano Bill Mcinturff e dal democratico Jeff Horwitt, ha dimostrato che l'insoddisfazione degli Americani deriva proprio da questo.
Ho ascoltato con particolare attenzione il discorso di Biden che spiegava le ragioni del disimpegno, soprattutto nella parte temporale («non ci sarebbe stato un momento migliore, perché questo non ci sarà mai, siamo lì da vent'anni e nulla è cambiato») e nelle implicazioni interne («cosa potrei dire ancora alle famiglie dei soldati, a quale scopo abbiamo avuto tanti caduti?») ed esterne («il nostro interesse adesso è nell'Oceano Indiano», una frase che pochi in quel momento hanno compreso).
Abbiamo visto anche la sua sofferenza, subito seguita dalla sua determinazione tipicamente americana, quando, rivolto ai terroristi, ha sibilato a denti stretti: «la pagherete, ve la faremo pagare cara».
Intanto bisogna dire che Biden ha controfirmato il piano della Us Navy, varato da Trump, che prevede la costruzione di 500 nuove navi da guerra, con un budget di 207 miliardi di dollari solo per la Marina. Il piano prevede che almeno la metà saranno navi leggere, piccole e prive di equipaggio, condotte da centrali cybernetiche che necessariamente, ancor più di quelle presidiate da uomini a bordo, dovranno essere guidate da remoto in centrali elettroniche basate su territori alleati, quali la Corea del Sud, il Giappone, l'Australia e forse l'India e la Nuova Zelanda.
Fin qui niente di nuovo, è la tradizionale continuità dell'esecutivo Usa in politica militare ed estera. Se non fosse per un fatto nuovo e impellente, che cercheremo di spiegare meglio, perché gli Usa hanno la necessità di rimodulare l'assetto militare di fronte al suo vero avversario, la Cina del post Mao Zedong.
Cosa sia diventata oggi la Cina non ce lo dicono i commentatori dei mass media occidentali, troppo impegnati a descriverci una Cina chiusa nel suo regime autoritario e ottusamente radicata nella conservazione del suo strano marxismo. In realtà la Repubblica Popolare Cinese ha fatto passi da gigante ed è oggi, ancor più della Russia moderna, una potenza economica e militare, frutto entrambe del coraggioso impegno ideologico e politico di Deng Xiaoping (1904-1997), eretico "marxista" fino al punto da rischiare per ben sette volte di essere assassinato dai fedelissimi di Mao.
Deng fu un importante capo militare fin dalla Lunga Marcia e nella guerra sino-giapponese (1934-1945), per assumere un ruolo ancora più importante nella Guerra Civile cinese (1945-1949) contro i Nazionalisti. Epurato due volte da Mao Zedong durante la "Rivoluzione Culturale" (1966-1976), si salvò per l'alto rango che conservava nell'Esercito Popolare e per l'appoggio che il capo del governo, Ciu Enlai (1898-1976) gli assicurò sempre.
Mao era già stato estromesso dal governo dopo il fallimento della sua folle riforma del "Grande Balzo in Avanti". Mantenne solo la guida, sempre più vuota, del Partito comunista, mentre l'incolumità di Deng dai tentativi di assassinio delle Guardie Rosse gli fu assicurata dal ruolo che conservò al vertice delle forze armate, sempre protetto da un nucleo di guardie del corpo, come del resto spettava a ogni alto dirigente del partito o dell'esercito.
Ciu Enlai, sentendosi prossimo alla fine per un male incurabile, cedette a Deng Xiaoping molte delle responsabilità di governo che non poteva più sostenere. Dal 1978 Deng assunse quindi il ruolo di leader di fatto e di diritto della Cina Popolare, rivestendo le importantissime cariche di Primo vicepremier del governo e di Vicepresidente del Comitato Centrale del partito, oltre a detenere la carica, più solida perché sostenuto dai capi militari, di Comandante in capo dell'Esercito Popolare dal 1981 al 1989 insieme a quella di Capo dello Stato Maggiore dell'esercito.
I militari riconoscevano in lui l'uomo che, per la sua duttilità dottrinale, avrebbe saputo modernizzare il paese. Promosse così, senza gravi contrasti, il programma del Boluan Fanzheng, che consisteva nella liquidazione finale della rivoluzione culturale.
Fu abilissimo, inoltre, nella gestione del potere, evitando misure repressive contro i responsabili della deriva maoista, tutti mandati in pensione o in comandi di periferia, ad eccezione dei membri della "Banda dei Quattro", duramente condannati al carcere.
Assicuratosi la distensione con gli Usa dopo il suo viaggio nel 1979 per stringere nuovi contatti con Jimmy Carter, Deng si dedicò alla ricostruzione politica ed economica della Cina. Lui non perse tempo a redigere puntigliosi programmi di pianificazione economica, limitandosi a delineare le Linee Guida della nuova Cina.
Le sviluppò con alcuni concetti che fecero molta impressione tra i dirigenti di una Cina ancora chiusa nel maoismo: «Un Paese, due sistemi», che lanciò nel 1992 affinché l'Occidente si convincesse a restituire Hong Kong (1997) e Macao (1999) alla Cina. Fu pesantemente coinvolto nelle violente repressioni di Tienanmen del 1989, ma anche in questa circostanza ebbe l'appoggio pieno dei militari e del partito. Successivamente impose un ostacolo al perpetuarsi delle carriere dei vecchi gerarchi comunisti con la definizione dei "limiti di termine", dando lui stesso l'esempio con le sue dimissioni ma facendo inserire la formula nella Costituzione.
Le sue posizioni ideologiche più importanti rimangono quelle del "socialismo con caratteristiche cinesi" e quella del "fatto positivo". Quest'ultima sembra non significare niente per gli occidentali, ma per i Cinesi ha rappresentato la chiave di svolta in economia. Il concetto ha questo paradossale presupposto: se sei un dirigente del partito e ritieni che una certa idea possa funzionare, allora applicala con cautela. Se ottieni il successo, significa che sei nell'ambito del sistema socialista cinese. In questo modo i dirigenti hanno potuto varare le riforme di liberalizzazione, mentre il Partito persegue fedelmente gli obiettivi delle Quattro Modernizzazioni promosse da Deng Xiaoping: Agricoltura, Scienza e Tecnologia, Industria, Difesa nazionale, anche queste inserite nel 1997 nella Costituzione.
Agli universitari è imposto, tra le altre cose, lo studio del concetto del "fatto positivo", col quale apprendono le vie possibili al capitalismo (cioè, «tutto è possibile») e della modernizzazione estrema in tutti i settori e sul quale dibattono in piena libertà.
L'industria leggera, che produce beni di consumo esportati ovunque, è stata completamente liberalizzata, mentre allo Stato compete un ruolo di controllo sul sistema bancario e sull'industria pesante, soprattutto per quella di interesse della difesa, così come accade anche per le innovazioni tecnologiche. Il tenore di vita della popolazione si è elevato di molto, la gente dispone dei più moderni apparati tecnologici e si gode la vita pur in un ambiente controllato dal sistema di potere.
Gode persino di cose vietate fino a pochi decenni fa, come le automobili, gli elettrodomestici, l'abbigliamento, quest'ultimo promosso da seguitissime modelle cinesi su tutti i social del mondo, come per esempio su Istagram (senyamiku, asia_princessa, loveasianss, ecc.). L'Occidente si è rallegrato per il default della Evergrande, una grossa società immobiliare carica di debiti, riempendo della notizia i mass media. Un tracollo che però sarà guidato dal governo, che ha già trasmesso ai dirigenti del grande distretto industriale di Shenzhen, dove ha sede la società, l'ordine di prepararsi al fallimento del colosso con scarse possibilità che questa volta il governo voglia intervenire con iniezioni di liquidità.
Col tempo la Cina si metterà su un piano di parità con la Us Navy, programmando per il 2035 la completa modernizzazione delle sue forze navali e per il 2050 il completamento dello schieramento di un forte esercito di "prima fascia".
Due anni fa il vice di Trump, Mike Spence, disse che «la Cina vuole nientemeno che espellere gli Stati Uniti d'America dal Pacifico occidentale». Ma al di là degli annunci allarmanti sono i "fatti" che parlano.
Gli Usa hanno preso atto che la Cina dispone già oggi di una flotta più numerosa della sua, con navi non tutte tecnologicamente avanzate come quelle Usa. Tuttavia, soprattutto, hanno preso atto che la Cina si è dotata di un sistema di navigazione satellitare, il BeiDou, il quale ha la capacità di localizzazione delle forze avversarie ben più potente e precisa del Gps americano, inaspettatamente superato.
Gli attacchi cybernetici sono uno spaventoso scenario che ha spinto gli Usa a rompere gli indugi, anche a costo di scontentare gli alleati europei e il sistema militare della Nato, adottando contromisure militari nel Pacifico, che al momento riguardano l'Australia e la Gran Bretagna.
È ipotizzabile che Biden abbia accelerato il progetto di difesa anche a seguito della paurosa notizia che l'Università di Scienze e Tecnologia di Pechino ha sviluppato un prototipo di computer con una potenza di 66 qubit, di molto superiore al sistema "Sycamore" di Google, che ha appena 53 qubit.
Col predominio cinese sull'informatica quantistica, la Cina dispone adesso di un micidiale sistema di intelligenza artificiale più importante del 5G, perché ha una rapidissima capacità di calcolo in grado di penetrare la sicurezza informatica militare degli Usa e di aprire nel Mondo i vetusti sistemi crittografici militari, scientifici, industriali e civili.
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