EXCALIBUR 134 - novembre 2021
in questo numero

La burocrazia: un freno allo sviluppo

Un piccolo contributo per affrontare un mastodontico problema

di Antonello Angioni
un freno allo sviluppo tutto interno a noi
Un freno allo sviluppo tutto interno a noi
Monsignor Antonio Parragues de Castillejo, che fu arcivescovo di Cagliari nel XVI secolo, nel compilare il suo Epistolario, riflettendo sulla condizione dei Sardi, affermava: «Siempre estamos assediados de corsarios». L'alto prelato - che, pur essendo di sangue spagnolo, si sentiva Sardo sino in fondo (la locuzione "estamos" lo evidenzia) - lamentava lo stato di perenne assedio, orchestrato dalla pirateria saracena, che da sempre opprimeva l'Isola. Insomma il mare, anziché dare occasioni di sviluppo e benessere, portava solo predatori e nemici.
E, in effetti, dal mare - attirati dai metalli e dalle favolose ricchezze dell'Isola - giunsero i primi colonizzatori fenici e, dopo di loro, cartaginesi, romani, vandali, pisani e genovesi e poi catalani, spagnoli e savoiardi. Riconoscere questi sfruttatori non doveva essere difficile anche perché sulle loro navi venivano issate bandiere straniere: e poco cambiava (per i Sardi) se a sventolare fosse il simbolo dei corsari o di qualche repubblica marinara, allora protetta dal Papato.
Col passare dei secoli e col mutare delle dominazioni, nella coscienza dei Sardi si fece pertanto strada la convinzione che «il nemico vien dal mare». E, in effetti, nemici a parte, il mare ha da sempre inevitabilmente determinato il rapporto col mondo esterno suscitando rare opportunità di aggregazione, ma, molto più spesso, accentuando i fattori di isolamento geografico e culturale. In questa continua dialettica, fatta di aperture e di chiusure, nel fluire non sempre lineare del tempo, si è formata - attraverso una vicenda plurisecolare e contrastata - la coscienza dei Sardi e si è affermato un popolo "distinto" dai suoi dominatori, che ha contribuito alla formazione e al graduale sviluppo della moderna civiltà italiana.
Oggi, quando volgiamo lo sguardo verso il mare, non pensiamo più alle incursioni dei barbareschi, ma a una grande risorsa che sollecita relazioni di cooperazione e solidarietà tra popoli diversi e distanti ma legati da un comune destino. A noi non è dato vedere oltre l'orizzonte, ma l'ansia di scoprire terre nuove e nuove verità, di cimentarsi coi pericoli e con l'ignoto, è congenita all'uomo. Anzi, può affermarsi che è nata con l'uomo e con la sua ricerca di un mondo migliore. Pertanto, per superare l'isolamento e l'arretratezza, dovremo riprendere la via del mare con determinazione e coraggio.
Del resto, oggi il problema (o, se si preferisce, il "nemico") non viene più dal mare ma è presente all'interno della società sarda. Ciò che frena lo sviluppo della Sardegna non sono i pirati saraceni o i conquistatori catalani - che appartengono a un passato remoto e chiuso per sempre e che comunque avevano il pregio di farsi riconoscere da lontano - ma sono forze interne, ben mimetizzate, spesso difficili da riconoscere.
A iniziare dalla burocrazia: un mostro dai mille tentacoli che rallenta ogni iniziativa e opprime ogni idea. L'organizzazione amministrativa del complesso Regione/Enti locali - tra protocolli di partenza, visti, firme, protocolli d'arrivo e simili cose - fa sì che una semplice comunicazione dalla Regione a un qualsiasi comune (e viceversa) arrivi al tavolo "giusto" dopo non meno di dieci giorni, benché la distanza tra gli uffici, attraverso le nuove tecnologie della comunicazione, sia stata annullata.
L'esercizio di qualsiasi diritto da parte del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione - pur essendo formalmente sancito - è oggi subordinato a mille condizioni e vincoli: c'è chi aspetta una certificazione di agibilità dell'alloggio da 10 anni! O un condono edilizio da 35 anni! Ci sono imprese che presentano progetti d'investimento senza ottenere risposte: pensiamo al settore turistico ma anche a quelli collegati al recupero dei beni storici o alla valorizzazione dei beni aventi valenza ambientale e paesaggistica. Su ogni questione ci sono cento competenze distinte, ma che inevitabilmente si intersecano, e procedimenti da attivare e ognuno vuole mantenere l'egemonia sul proprio minuscolo orticello, spesso scambiando l'assolvimento della funzione con l'esercizio del potere.
La Sardegna si trova da lungo tempo in una condizione di accentuato degrado dell'economia, senza un modello di sviluppo, senza una strategia di crescita endogena e duratura, incapace tra l'altro di cogliere la dimensione mediterranea e internazionale dei processi in atto. Inoltre, la mancata riforma dello "Statuto Speciale" e delle autonomie locali rende la Regione Sardegna sostanzialmente identica, per struttura e organizzazione, alla Regione del '48, dove peraltro, a differenza di oggi, era forte e alta la tensione autonomista.
A oltre settant'anni dall'approvazione dello "Statuto Speciale", si rende quindi necessario riprendere il percorso dal punto in cui si è fermato, facendo uno sforzo serio e tenace di apertura verso il mondo moderno senza paura dei "pericoli del mare aperto" e dei possibili "corsari" che, a ben vedere, è più facile incontrare restando chiusi in casa.
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