EXCALIBUR 134 - novembre 2021
in questo numero

Un esempio di stato sardo: i Giudicati

Un'organizzazione politica capillare

di Franco Di Giovanni
i Giudicati, stati sovrani dotati di summa potestas
I Giudicati, stati sovrani dotati di summa potestas
La Sardegna ha visto la genesi di stati al suo interno che rappresentano un unicum addirittura nella storia del mondo, con la creazione dei giudicati, il più grande e famoso dei quali, per abbondanza di notizie, è il Giudicato di Arborea.
La sovranità di tale stato era demandata alla cosiddetta "Corona de logu" che fungeva da massimo organo politico e giudiziario, rappresentante degli aristocratici e possidenti del luogo, formalmente nominati dal sovrano, ma di fatto i capi delle famiglie e i dignitari più potenti che approvavano la nomina persino del giudice sovrano della loro assemblea.
Il giudice infatti, anche quando si decideva di sceglierlo per via ereditaria, era visto come un "primo inter pares" tra i maggiorenni - detti majores - componenti della corona ed era addirittura sottoposto, nelle spese per il suo ufficio pubblico, a controlli da parte di un alto prelato, che assurgeva con questa singola mansione agli uffici della cancelleria, essendo anche il clero rappresentato ai suoi massimi livelli da questo consiglio di stato.
Dal giudice venivano poi nominati i curadores, i rappresentanti locali delle cosiddette curatorie, i quali erano assistiti a loro volta, con compiti analoghi, ma limitati al loro territorio di competenza, da una corona dei curatori per territorio.
Ogni curadore nominava i maiorales uno per ognuno dei villaggi che componevano le curatorie; a ogni maiorales competeva la amministrazione della locale scolca, cioè una locale guardia campestre.
Le curatorie si occupavano della imposizione fiscale e parte delle tasse e imposte andava allo stato centrale, mentre un'altra parte serviva per l'amministrazione locale.
La corona della curatoria fungeva da primo grado di giudizio, quello de logu, da secondo e ultimo. La dotazione fiscale e demaniale era difatti divisa, una parte spettante alla facente parte alla corona e giudicata più di interesse collettivo, e l'altra parte spettante al giudice nell'uso delle sue funzioni, ricalcando il sistema dell'impero romano e bizantino. Al giudice poi spettava di ratificare anche la politica estera della corona, ma il caso della sua opposizione doveva essere motivato, e poteva proporre la sua visione politica per gli affari esteri di volta in volta.
L'influenza della Chiesa, sia locale che nella sede centrale, limitava di parecchio eventuali abusi civili e militari e la visione di gestione delle terre, in consuetudine comunitaria, arginava alcune possibili prepotenze dei nobili, permettendo comunque anche ai più poveri una qualche forma di tutela solidaristica.
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