EXCALIBUR 139 - aprile 2022
in questo numero

Le sanzioni contro la Federazione Russa e l'Italia

L'incredibile cancellazione della memoria storica nazionale

di Angelo Abis
manifesto di propaganda contro le sanzioni
Sopra: manifesto di propaganda contro le sanzioni
Sotto: manifestazione di Francesi residenti a Roma contro
le sanzioni
manifestazione di Francesi residenti a Roma contro le sanzioni
Abbiamo tutti assistito, a partire dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, alla reazione unanime del mondo occidentale nel considerare la Russia come stato "aggressore" e quindi passibile di tutta una serie di provvedimenti da adottare onde "punire" non solo lo stato aggressore in sé, ma anche il suo capo Putin in quanto autocrate, assassino, macellaio, ecc., nonché gli esponenti più ricchi della società, meglio indicati col nome di oligarchi.
In quest'ottica si considerò decisivo porre in essere le "sanzioni", vecchio cavallo di battaglia del mondo anglosassone sin dai tempi di Napoleone adottato poi nel secondo dopoguerra dagli Usa.
Si parte dall'assunto che per eliminare uno stato nemico o concorrente (che poi è la stessa cosa) basta privarlo degli strumenti finanziari atti a gestirsi e dei beni necessari per sfamare la popolazione e tenere in piedi l'apparato produttivo.
Detto e fatto: la Russia viene esclusa dal circuito finanziario internazionale, vengono congelati i fondi in valuta nelle banche estere, invitate a ritirarsi le imprese occidentali nel territorio russo, divieto di vendere o acquistare determinati beni, sequestro dei beni degli oligarchi nei paesi della comunità europea.
Il risultato è dato per scontato: rublo ridotto a carta straccia, probabile default dello stato, rivolta delle masse ridotte in miseria e probabile complotto degli oligarchi per eliminare Putin.
Passi che i governi della comunità europea abbiano applaudito alle sanzioni ritenendole l'asso della manica per piegare il tiranno moscovita.
Quello che non quadra è che noi Italiani, gli unici che per il nostro vissuto storico avremmo potuto dire qualcosa di intelligente, non importa se a favore o contro, ci siamo invece associati beatamente al plauso altrui, dimenticando o facendo finta di dimenticare che nell'anno di grazia del 1935 fummo vittime delle "inique sanzioni" decretateci dall'Onu di allora, ovvero dalla Società delle Nazioni, per aver aggredito un membro della stessa, ovvero l'Etiopia...
Si potrebbe tranquillamente obbiettare che è difficile fare un paragone fra quel lontano episodio e l'attuale realtà. Ciò è in parte vero, non mancano però inquietanti similitudini.
Innanzitutto anche nel 1935 abbiamo di fronte uno stato, quale fu l'Italia fascista, che ambiva a svolgere un ruolo di grande potenza, e un capo, Mussolini, non certo seguace di dottrine liberali o democratiche.
Mussolini a partire dal 1932-1933 manifestò l'intenzione di inglobare nella sfera di influenza italiana l'Etiopia per due ordini di motivi: uno economico, perché l'Etiopia era uno dei pochi territori africani ancora liberi nel quale era possibile riversare la manodopera nazionale eccedente e al contempo ricavare dallo stesso materie prime indispensabili per il nostro apparato industriale; l'altra considerazione era di carattere politico: l'Italia non poteva stare al passo con le grandi nazioni europee essendo al di sotto, per possedimenti coloniali, non solo dei grandi imperi francese e inglese ma anche del Belgio, dell'Olanda e del Portogallo.
Il pretesto della guerra lo diede un attacco di bande abissine ai pozzi di Ual Ual, nella regione dell'Ogaden, rivendicata sia dall'Italia che dall'Etiopia.
L'Italia chiese all'Etiopia le scuse e un indennizzo per i caduti somali di Ual Ual. Avendo avuto risposta negativa, Mussolini dette inizio ai preparativi per la guerra.
La mossa non fu affatto avventata, perché in precedenza il Duce aveva avuto il nullaosta della Francia nella persona del primo ministro Laval e un assenso tacito inglese che però non contemplava una soluzione militare del contenzioso Italo-Etiopico.
Un elemento che invece Mussolini non valutò fu il fatto che l'opinione pubblica inglese e francese erano ostili al fascismo e questo non poteva non avere, trovandosi in stati democratici, un peso rilevante nei confronti dei rispettivi governi.
Il 3 ottobre del '35 l'Italia diede inizio alle operazioni militari, il 7 ottobre la Società delle Nazioni condannò l'Italia come stato aggressore. l'11 ottobre 52 stati votarono a favore delle sanzioni e solo 3 contro.
Le sanzioni che sarebbero entrate in vigore il 18 novembre consistevano in: embargo sulle armi e munizioni, proibizione di qualunque credito o prestito, divieto di importare merci italiane e di esportare in Italia tutte le merci connesse con l'industria bellica.
Nelle intenzioni inglesi le sanzioni non dovevano portare a una sconfitta dell'Italia o, peggio, a una eliminazione del regime fascista e del suo capo, bensì, come affermò lo storico De Felice: «dovevano mettere l'economia italiana in difficoltà tali da influire sulla stessa capacità di sostenere uno sforzo militare prolungato in Africa e quindi costringere Mussolini ad accettare una soluzione riduttiva del conflitto e a convincersi della impossibilità per lui di ignorare la volontà dell'Inghilterra».
Se ci fosse stata la volontà di procurare una sonora sconfitta a Mussolini sarebbe stato sufficiente chiudere il canale di Suez e bloccare i rifornimenti di petrolio. E infatti non fu un caso che le sanzioni non prevedevano l'embargo del petrolio.
L'annuncio delle sanzioni suscitò una ondata di indignazione in tutto il paese. La guerra contro l'Etiopia, che i principali esponenti delle forze armate, della finanza e dell'industria avevano sconsigliato e che la gran parte della popolazione aveva accolto con preoccupazione, divenne di colpo popolare assumendo il significato di una guerra contro il tentativo dei popoli ricchi di «negarci un posto al sole».
Tutto sommato le sanzioni non incisero granché sull'esito delle operazioni militari, anzi in poco più di sei mesi le forze armate conseguirono un risultato che andava ben oltre le più rosee aspettative di Mussolini: la conquista integrale di tutta l'Etiopia.
Sul piano economico si ebbe una riduzione del nostro commercio estero nell'ordine del 25%, equamente diviso fra importazioni e esportazioni, per cui non vi furono problemi per le nostre riserve valutarie.
Senza contare che, nelle more dell'applicazione delle sanzioni, l'Italia fece buona scorta delle principali materie prime.
È pure da tener presente che non parteciparono alle sanzioni, in quanto non facenti parte della Società delle Nazioni, Stati Uniti, Germania, Unione Sovietica, Brasile e Giappone, la Svizzera in quanto neutrale e i nostri tradizionali alleati Austria, Ungheria e Albania.
Gli Stati Uniti, per esempio, ci fornirono un gran numero di mezzi pesanti (trattori, autocarri, macchine movimento terra) indispensabili per poter procedere in un territorio completamente privo di strade quale era l'Etiopia.
Concludiamo mettendo in guardia, anche oggi, dai governi sanzionisti (fra cui il nostro) che fanno la faccia feroce ieri contro Mussolini, oggi contro Putin.
Dalle memorie del ministro degli scambi e valute dell'epoca Felice Guarneri: «Ancora l'11 di ottobre [...] le miniere inglesi mandavano offerte di carbone alle Ferrovie dello Stato a prezzi di concorrenza [...]. Il 18 ottobre, le fabbriche francesi Citroen e Renault offrivano ciascuna forti quantitativi di automobili a condizioni di pagamento particolarmente favorevoli [...], mentre altre industrie francesi, a sanzioni già iniziate, ci consegnavano ben 250 motori d'aviazione [...] e un fortissimo quantitativo di cosiddetti complessi Brandt (specie di lanciabombe) [...]. Il Belgio, nel marzo del 1936, ci vendeva 800.000 tonnellate di carbone. Episodi, questi ultimi, i quali stavano a dimostrare gli aspetti paradossali di alcuni stati - e accenno in modo particolare alla Francia - i quali, nel momento stesso che a Ginevra lavoravano per strangolarci, ci vendevano le armi necessarie per condurre una guerra che essi avrebbero voluto a ogni costo impedire!».
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