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Gli Arborea, il mito e la storia

Eleonora d'Arborea e l'organizzazione giudicale

Eleonora e la sua Carta
Eleonora e la sua Carta
Del passato di un popolo restano poche cose visibili. Solitamente le mura, costruite per la difesa o per la preghiera, a volte gli oggetti della cultura materiale e poi le istituzioni che si è dato. Così in Sardegna abbiamo i nuraghi, le basiliche romaniche, i retabli e i "codici" medioevali. A iniziare della "Carta de logu", raccolta di consuetudini in lingua sarda elaborata da Mariano IV (sotto forma di codice rurale) e promulgata, nella stesura definitiva, dalla figlia Eleonora verso la fine del XIV secolo. Un testo importante da conoscere, anche perché attraverso lo studio delle norme si coglie la società e quindi il complesso sistema di valori e di regole che impegna i consociati e ne disciplina la convivenza.
Eleonora d'Arborea è un personaggio che si colloca a metà strada fra il mito e la storia: rappresenta comunque l'immagine migliore della Sardegna medioevale. È l'immagine di una grande donna, ma anche un mito che non accenna a tramontare, una figura ancora vivissima nell'immaginario popolare e nella memoria storica. Nell'iconografia tradizionale viene rappresentata con lo sguardo austero e sostenuto da nobildonna, quasi impenetrabile al sentimento, come si conviene a un regnante. In realtà espresse una personalità singolare, nutrita di grandi passioni e di fragilità estreme, generosa e bizzosa. In lei troviamo il segno della vittoria e l'annuncio della peste, la gloria e la solitudine. È lei che, per la prima volta, accende - nell'animo di "donnikellos", "majorales", "liberos possessores" e servi - l'idea di una Sardegna unita e finalmente liberata dall'egemonia straniera.
Sotto il suo regno, l'Isola scoprì di essere popolo e nazione e si dotò quindi di proprie leggi e di una struttura statuale adeguata ai tempi. Il Giudicato d'Arborea - al pari degli altri giudicati - era un regno sovrano secondo il principio di diritto internazionale del superiorem non recognoscens. Il territorio era diviso in distretti amministrativi (detti "curatorie") retti da un curatore, comprendenti più centri abitati (le "ville"). Il giudicato aveva un parlamento (la "Corona de logu") formato dai rappresentanti delle "ville", un demanio (il "rennu") e proprie leggi. La giustizia, ispirata a canoni di ragionevolezza ed equità, veniva amministrata dalle persone di maggiore esperienza ed equilibrio.
La Carta de logu costituisce senza dubbio la più significativa testimonianza della nostra civiltà giudicale. Attraverso essa si esprime una moderna concezione del diritto: ciò per la dignità riservata alla persona umana in quanto tale, per il riconoscimento della personalità giuridica persino in capo ai servi (che potevano testimoniare anche contro il loro "padrone"), per l'attribuzione alla donna dei diritti sull'eredità paterna e così via. Dunque, a ben vedere, in Eleonora la realtà storica supera il mito. La sua immagine, scolpita intorno al 1385 su un peduccio della Chiesa di San Gavino martire (che costituisce un po' il tempio di famiglia degli Arborea) è quella di una donna piccola di statura, col volto segnato da un'ampia cicatrice, con indosso una tunica a maniche lunghe impreziosita da alcuni ornamenti. Nulla a che vedere con i ritratti elaborati in età romantica.