EXCALIBUR 146 - novembre 2022
in questo numero

Elezioni di midterm in Usa

Cosa cambierà per l'Occidente

di Ernesto Curreli
un cantante folk al Balboa Stadium, alle sue spalle la bandiera condeferata
Sopra: un cantante folk al Balboa Stadium, alle sue spalle
la bandiera condeferata
Sotto: ispanici e neri si sentono traditi dai Dem e si
spostano a destra con i Repubblicani, nella maglietta si
legge "i neri con Trump"
ispanici e neri si sentono traditi dai Dem e si spostano a destra con i Repubblicani, nella maglietta si legge 'i neri con Trump'
Gli osservatori si attendevano dal voto di novembre 2022 di Midterm una valanga "rossa", il colore dei Repubblicani, il vecchio Grand Old Party. Non è andata proprio così, sebbene questi abbiano conquistato la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti. Ma al Senato ai Repubblicani manca un seggio (ne hanno 49) per raggiungere la parità coi Democratici, che ne hanno 50.
È difficile prevedere cosa accadrà il 6 dicembre 2022 con il ballottaggio in Georgia, uno Stato dove i Repubblicani hanno un certo ascendente, come del resto lo hanno in tutti gli stati del Sud.
Non è facile capire i meccanismi del sistema elettorale negli Usa, ma c'è un dato certamente sorprendente, passato sotto silenzio nella stampa italiana simpatizzante dei Democratici, ossia la schiacciante maggioranza dei voti che i Repubblicani hanno registrato nel Sud.
Per capire il distacco dei voti popolari raccolti dai Repubblicani per il Senato, è utile un breve sguardo d'insieme, confrontando le percentuali di voto dei Repubblicani con quelle dei loro avversari Democratici senza tenere conto dei voti conquistati da altri candidati di partiti minori:
Stato Repubblicani Democratici
Florida 57,7% 41,3%
Alabama 66,8% 30,9%
South Carolina 62,9% 37,0%
North Carolina 50,6% 47,1%
Louisiana 61,0% 17,8%
Arkansas 65,8% 30,9%
Missouri 55,4% 42,1%
Iowa 56,0% 43,9%
Wisconsin 50,4% 49,4%
Oklahoma 64,3% 32,1%
Kansas 60,1% 36,9%
South Dakota 69,6% 26,2%
North Dakota 56,4% 25,1%
Utah 53,3% 42,7%
Idaho 60,7% 28,7%
Alaska 43,3% - (l'avversario era un repubblicano)

Al contrario, i senatori democratici che hanno vinto la corsa al Senato hanno conquistato percentuali molto più basse.
Per capire ancora di più, è opportuno analizzare i dati per la carica di Governatore degli Stati. Anche in questo caso i Repubblicani hanno vinto con un numero di voti straordinario rispetto agli avversari:
- in Florida il Rep Ron De Santis ha preso 4.613.783 voti contro i 3.105.469 del Dem Charlie Crist,
- nel Texas Abbot ha vinto con 4.426.655 contro i 3.539.152 del Dem O'Rourke,
- in Alabama Ivery ha vinto con 944.845 contro i 411.687 del Dem Flow,
- in Ohio De Wine ha vinto con 2.528.018 contro il Dem Whaley che ne ha preso 1.497.966,
- nel Wyoming il Rep Gordon vince con 143.676 contro i 30.676 del Dem Livin,
- nello Iowa Reynolds vince con 708.906 voti contro i 482.502 del Dem De Jear.

I Dem, invece, non raggiungono quasi mai maggioranze schiaccianti:
- in Arizona il Dem Hobbs ha avuto 1.276.937 voti contro i 1.259.688 del "rosso" Lake,
- in New Messico Luja con 369.630 voti batte il Rep Ronchetti che ne prende 324.384,
- nel Wisconsin Evers con 1.358.664 voti batte Michels che prende "appena" 1.268.204 voti,
- nell'Oregon il Dem Kotek batte con 874.565 voti la Rep Drag che arriva a 812.598 voti.

Ciò malgrado, i Repubblicani hanno perso due Governatori e i Democratici ne hanno conquistati due in più. Alla fine di questo complicato tour elettorale, i Repubblicani conquistano la maggioranza al Congresso, mentre i Democratici tengono con difficoltà al Senato, con 50 seggi contro i 49 dei Repubblicani.
Si vedrà in Georgia chi vincerà, ma in ogni caso il Presidente Biden risulta fortemente condizionato nel Parlamento: per gli Americani è diventato una "anatra zoppa".
Con questi risultati, le elezioni americane non potranno determinare modifiche sostanziali nell'orizzonte internazionale.
Biden sa che la Nato non può rischiare uno scontro aperto con la Russia, né potrà continuare a inviare in Ucraina sistemi d'arma avanzati, perché i Repubblicani glielo impediranno al Congresso e, forse, potrebbero farlo anche al Senato. Anche l'opinione pubblica interna produrrà un forte condizionamento, sia per ostilità ideologica sia perché i problemi degli Americani sono oggi legati alla forte inflazione e alla difficoltà economica di una larghissima parte della società, con decine di milioni di cittadini che sopravvivono soltanto grazie agli aiuti alimentari statali.
Il quadro, insomma, sarà dominato da una lunga fase di stallo, sia per i timori che il Pentagono nutre di fronte all'inasprirsi del conflitto nel cuore dell'Europa, sia per l'ingombrante presenza della Cina, che mantiene un atteggiamento equidistante e prudente.
Ma mentre l'economia cinese, indiana e di altri Paesi emergenti si rafforza e leva mercati importanti al capitalismo occidentale, l'America sembra annaspare, confusa sulla tentazione di risolvere i problemi con l'ennesima guerra di dominio, perché sa di avere all'interno più della metà della popolazione che non vuole saperne di guerre e di ulteriori sacrifici. E su questi temi si scatenerà tra pochi mesi la campagna elettorale di Donald Trump o di Ron De Santis, astro emergente repubblicano che sembra deciso ad affrontare uno scontro aperto col vecchio presidente.
Soprattutto è emerso ancora una volta il blocco degli Stati sudisti, che mantengono una mal celata ostilità verso gli Stati capitalisti del Nord. Una questione che sembra ancora sospesa tra rivendicazioni che risalgono alla Guerra di Secessione dell'Ottocento e le difficoltà più moderne dovute al declino dell'economia agricola e industriale del Sud.
In un mare di conflitti tra gli immigrati latinos del Sud America, che si appoggiano ai Democratici, e le istanze della maggioranza degli elettori di colore, che insistono nella cancellazione di ogni traccia di monumenti e persino di edifici storici della vecchia Confederazione sudista, considerata "schiavista", tanto insistenti e tanto antistoriche da provocare una reazione a catena, sempre più larga tra gli "eredi" confederati.
Ma sta emergendo anche un'altra situazione: molti ispanici e neri si sono spostati durante le elezioni di midterm verso la destra repubblicana, perché si sentono traditi dai Democratici per le loro promesse (elettorali) mai onorate. E questo sarà uno dei fattori elettorali più dirompenti nelle prossime presidenziali.
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