Excalibur blu

Il delitto della Meloni? non parla francese

Alle origini del contrasto italo-francese

di Angelo Abis
gli incomunicabili
Gli incomunicabili
Il vertice di Parigi dell'8 febbraio tra Macron, Zelensky e Scholz ha riscosso poco interesse a livello europeo, salvo che in Italia, dove il mancato invito a detto vertice della Meloni ha gettato nella costernazione le vedove di Draghi, per le quali il mancato invito è la prova provata dell'incapacità della leader italiana di gestire i rapporti diplomatici, segnatamente quelli con la Francia.
In realtà il gesto di Macron è il segno tangibile che la politica estera dell'Italia non solo sta intaccando di molto la leadership francese nell'Africa settentrionale, ma sta vanificando l'ambizione di Macron di essere il protagonista nel dialogo Ucraina-Europa occidentale.
Che la Meloni e Macron non si piacciano non è certo una novità.
È nella tradizione francese irritarsi tutte le volte che l'Italia manifesti una politica estera che in qualche modo metta a rischio la supremazia francese nell'Africa settentrionale.
Sappiamo come reagì la Francia al trattato di amicizia stipulato nel 2008 da Berlusconi con Gheddafi: fece di tutto per fomentare la rivolta contro il leader libico e per creare il caos in quella regione per noi vitale.
La cosa non finì lì: ci fu poi il complotto per eliminare Berlusconi dal panorama politico nazionale ed europeo e tutta una serie di vessazioni e di umiliazioni che sono durate sino ai giorni nostri.
Poi è arrivata la Meloni, che da una vita non sopporta i Francesi. E una volta al governo lancia il suo progetto africano apparentemente innocuo: l'Italia con tutta l'Unione europea deve aiutare con un grande progetto di sviluppo quei paesi dell'Africa settentrionale che possono diventare il serbatoio energetico per l'Europa. Energia che ovviamente deve passare per l'Italia. E a questo punto, con una perfidia tipicamente femminile, dà un nome particolare al piano di sviluppo: Enrico Mattei. Il quale Mattei (lo diciamo per chi ha la memoria corta) fu quello che alla fine degli anni '50 finanziò e armò la rivolta algerina contro la Francia.
Ma il colpo decisivo la Meloni lo assestò quando si recò in visita ufficiale ad Algeri. Solo a lei poteva venire in mente di andare a onorare il monumento ai "martiri" caduti nella lotta contro la Francia, ma, quisquilie a parte, portò a casa la realizzazione del gasdotto Algeria-Sardegna-Toscana, che vent'anni prima era stato sabotato proprio dalla Francia in combutta con esponenti del Pd.
Poi ci fu la visita a Tripoli, dove eravamo dati per spacciati, e ottenne dal governo libico due importanti concessioni per l'Eni, con grande scorno della società petrolifera francese "Total".
Ecco perché Macron non ha invitato la Meloni all'incontro di Parigi: temeva che la leader italiana potesse fare in Ucraina lo stesso scherzo che aveva fatto in Algeria. E non aveva tutti i torti.
Anche a Kiev la Meloni ha dimostrato che l'Italia forse pesa quanto, se non più della Francia.