EXCALIBUR 4 - giugno 1998
in questo numero

Sono di destra... ma non sono iscritta ad A.N.

Prigionieri di una destra che non c'è

di Isabella Luconi
Credevo di avere un'anima fascista e avevo quindici anni. Credevo che il senso della vita fosse chiuso in quella piccola stanza, e che quella finestra che si affacciava su Vico San Lucifero fosse una finestra sul mondo.
Credevo che chiamarsi "camerati" significasse condividere la stessa fede ed essere uniti da un sentimento che trascende il tempo e la vicinanza.
Credevo nel senso intimo e profondo di appartenenza a una civiltà e a una terra che con orgoglio chiamavo Italia.
Credevo nell'idea suprema di un essere infinito, che ci aveva dato con il libero arbitrio la possibilità di scegliere tra il bene e il male.
Credevo nella famiglia come cellula base e valore fondante di qualsiasi società, nel rispetto delle generazioni passate e nell'educazione di quelle future.
Credevo nell'onestà come scelta di vita difesa a ogni costo e non relativamente alle circostanze.
Credevo nel coraggio di affrontare quelle prove che trasformano, nel corsa di una esistenza, una persona in un Uomo.
Credevo che fosse compito dei forti difendere i deboli.
Credevo che tutti dovessero avere le stesse possibilità e le stesse chances per riuscire nella vita, ma che poi dovesse essere premiato solo chi lo avesse meritato.
Credevo che tutto ciò fosse racchiuso in una Fiamma e in un Tricolore.
E quando nelle piazze, con il braccio teso nel nostro saluto fascista, circondati dai compagni e dalla polizia, quando con una sola voce gridavamo «il comunismo non passerà!», credevo che l'unica dimensione per essere uomini fosse quella di essere uomini di destra.
I quindici anni sono passati, quella finestra si è chiusa per sempre. Altre se ne sono aperte, ma parlano d'altro, di cose che non capisco e non mi appartengono:
- difendono l'individuo ma pensano alla globalizzazione;
- parlano di programmi e non di ideali;
- parlano di "socializzazione" e non hanno il coraggio di dire che è uno dei princìpi fondamentali della Carta di Verona;
- parlano di famiglia ma non si oppongono alla politica comunista che ne ha smembrato e sconvolto il senso primario;
- parlano di nazione e non di Patria, e non si sono opposti all'Europa di Maastricht;
- si chiamano "amici" e non "camerati";
- parlano di meritocrazia ma si circondano di persone incapaci.
Hanno detto che non ha più senso, oggi, essere "anticomunisti" e hanno pianto insieme al nemico sulle tombe dei partigiani e dei caduti della Repubblica di Salò, e il fiume ipocrita e opportunista di quelle lacrime ha spazzato via le mie illusioni e i miei quindici anni, ma non le mie certezze e la mia anima fascista.
Vorrei riaprire quella finestra sul mondo, quella finestra che non ha età, e aspettare sotto l'ombra del tricolore tutti quei camerati che hanno creduto in un sogno e che oggi sono prigionieri di una destra che non c'è.
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VICO SAN LUCIFERO