Excalibur verde

Sardisti, destra e autonomia

Non uno strano connubio, ma per certi versi un ritorno alle origini

di Angelo Abis
Sta suscitando un certo clamore il confronto, per non dire l'alleanza di fatto, fra tutti i partiti che attualmente si trovano all'opposizione della Giunta Palomba.
Da parte del centrosinistra si grida allo scandalo sul possibile connubio tra i sardisti e Alleanza Nazionale, considerate forze antitetiche: una "di sinistra" autonomista e antifascista, l'altra "di destra" e centralista.
Per il momento è ovvio rilevare che ormai A.N. è forza politica dichiaratamente federalista e apertamente favorevole a un potenziamento delle autonomie locali: aveva a suo tempo stabilito un'alleanza di governo con la Lega di Bossi, non si vede perché non possa trovare dei punti di intesa col Partito Sardo d'Azione, il cui programma autonomista si colloca nel contesto dell'unità nazionale. Tutto ciò attiene strettamente alla sfera politica. Ma se dovesse allargarsi anche alla ideologia e alla storia, si scoprirebbe con non qualche imbarazzo che i due movimenti hanno ascendenze ideologiche pressoché affini.
Prendiamo ad esempio colui che viene considerato il padre dell'autonomia della Sardegna: Attilio Deffenu, autonomista e liberista, ferocemente antistatalista e antisocialista, fondò a Milano nel 1914 il Fascio interventista insieme a Mussolini.
È noto a tutti che il movimento fascista fu in Sardegna pressoché inesistente, per il semplice motivo che il fascismo "sardo" era costituito proprio dal movimento sardista, il cui programma si rifaceva ai valori del combattentismo ed era antiliberale e antisocialista.
Accesamente nazionalista tanto da appoggiare in pieno, con in testa Emilio Lussu, l'impresa fiumana di D'Annunzio. Non a caso il primo episodio squadrista nell'isola avvenne il 1º maggio del 1919, allorché le camicie grigie (tale era la foggia, sulla falsa riga delle camicie nere, delle formazioni paramilitari sardiste), capitanate da Emilio Lussu, si scontrarono con un corteo socialista.
Sempre non a caso, nel 1923, la stragrande maggioranza dei sardisti confluì nel Partito Fascista, assumendone tutte le leve del potere e estromettendo i pochi fascisti della prima ora facenti capo al proprietario de "L'Unione Sarda", Sorcinelli.
Tant'è che per un ventennio la classe dirigente fascista in Sardegna era in realtà costituita da sardisti, i vari Pili, Cao, Tredici, Aneris ed Endrich, che poi ritroviamo come leader del M.S.I. in Sardegna.
D'altro canto, il discorso sardista sull'autonomia incide non poco anche sul M.S.I. isolano, tant'è che questo, differenziandosi dal M.S.I. nazionale, decisamente antiregionalista, ammette e riconosce la validità della Sardegna Regione Autonoma a Statuto Speciale e avalla tutte le rivendicazioni di tipo economico che questa avanza nei confronti dei governi nazionali.
Per concludere, se tre quarti di secolo fa i padri del sardismo trovarono un'intesa con i nonni di A.N. (il Prefetto Gandolfo in conto Mussolini), non si vede perché i loro epigoni, Bonesu e Serrenti per i sardisti, Anedda e Usai per A.N., non possano fare altrettanto.