Excalibur blu

Individualismo e partecipazione nei partiti

Si profila una svolta verso gruppi individualistici con meri scopi elettorali

di Eifiso Agus
Che l'Italia del dopoguerra fosse una repubblica fondata sui partiti, con tutto ciò che ne conseguiva, è una cosa assodata. Sino a quando è durata la spartizione del potere, il cosiddetto "consociativismo", tutti sono rimasti allineati e coperti.
Il punto di rottura acuto è stato il dissidio fra socialisti e comunisti su chi dovesse assumere il ruolo definitivo di partner della vecchia D.C. alla guida del paese, la contemporanea esplosione di tangentopoli e il crollo del comunismo reale a livello mondiale.
L'analisi di ciò che è seguito dopo in Italia, ci porta a rilevare come in un primo momento ci sia stato il cambio di nome di tutti i partiti, con un'iniziale e apparente riduzione del numero degli stessi per poi passare a un crescendo vertiginoso di nuove sigle e movimenti, nonché alla riesumazione di tutte le vecchie anime delle correnti dei vecchi partiti in altrettanti partitini, con la singolare caratteristica, oltre di portare talvolta il nome del proprio leader, di sussistere solo in virtù di esso.
Così, dopo il precursore Pannella (Lista), sono arrivati Segni (Patto), Dini (Rinnovamento), Sgarbi, lo stesso fenomeno Berlusconi (Forza Italia), Fini (A.N.) con gli exploit televisivi, D'Alema nel P.d.S. al posto dello sconfitto Occhetto, sino ad arrivare ai giorni nostri con Cossiga (U.D.R.), che si sostituisce, nel puntellare i residui della mai nata seconda repubblica, a R.C. di Bertinotti e a Di Pietro, che parte anche lui definitivamente con un suo gruppo, e persino in Sardegna nasce il Nuovo Movimento di Grauso.
Tutto ciò per significare il riconfermato spirito individualista degli Italiani a discapito della mai esistita democraticità interna dei partiti, per cui, per volontà dei singoli individui, i partiti nascono e muoiono, cambiano sigla senza che alla base ci sia un reale comune sentire e l'effettiva esigenza di rinnovarsi.
Manca infatti la coralità, il dibattito sulle scelte politiche, il coinvolgimento del semplice iscritto, la discussione, la critica, la proposizione di progetti, la circolazione delle idee. È assente in generale la partecipazione e la considerazione per ogni soggetto politico o per una sua proposta; dall'altra parte un assetto partitico verticistico avvelenato da veti incrociati, vecchie e nuove rivalità, paure e preoccupazioni meramente elettorali, spartizioni del bottino che portano all'inesorabile eterno attaccamento alla poltrona, col conseguente risultato che i "vecchi tartufi" della partitocrazia continuano di fatto a rimanere abbarbicati al potere e inibire le soluzioni ai cronici problemi italiani.
Altrettanto è successo nel "democratico" D.S., dove D'Alema non solo ha di fatto imposto ai fantomatici organi collegiali la nomina di Veltroni quale successore alla guida del partito, ma li ha addirittura sfidati a motivare una scelta contraria.
Ci saremmo almeno aspettati, in occasione della crisi di governo, che un capo dello stato si comportasse questa volta sì in maniera individualista, cioè autonoma, libera e imparziale, e invece abbiamo assistito alla cospirazione di Cossiga (un altro ex capo di stato al di sopra delle parti), Cossutta e Scalfaro per salvare l'Italia da nuove elezioni e dall'avvento delle destre!