EXCALIBUR 9 - marzo / aprile 1999
in questo numero

Partecipazione e dintorni

La partecipazione sarà la pietra tombale della destra?

di Nicola Montixi
Sembra che uno dei leit-motive della Destra, delle parole attorno alle quali si può definire un moderno concetto di Destra, sia la partecipazione, a partire dall'accezione economica del termine.
Quante volte abbiamo sentito risuonare questa parola, e quante volte abbiamo visto che il significato va oltre la mera questione economica e può assumere delle conseguenze enormi. Non so se definire la partecipazione un asso nella manica per la Destra o una pietra tombale sulla quale questa Destra si seppellirà. Perché è inutile parlare di partecipazione se poi l'applicazione pratica del principio è inesistente. La partecipazione è la possibilità che i soggetti possano influire sulle scelte, abbiano tutti gli strumenti per essere coinvolti e possano crescere assieme, con le loro armonie ma soprattutto con le loro diversità.
Fuori dagli ipocriti conformismi, tanto cari agli ambienti politici, guardiamoci un po' allo specchio: quanto di questo accade nei nostri partiti e nelle nostre organizzazioni?
Non credo, come pensano molti, ai grandi santoni o ai salvatori della patria venuti dall'alto per indicarci la via maestra da percorrere. Credo che la politica vada fatta con una dose di sano realismo, di incoscienza e soprattutto con la volontà di guardare avanti e di aprirsi alla società che ci circonda. Tutto ciò é lontano dalle grandi teorizzazioni ideali, che poi, nel concreto, sono tradite dai fatti e nei comportamenti e sono lontane anni luce dai problemi della gente.
In politica si gioca la nostra capacità di usare idee, azione e pragmatismo.
Esiste infatti prima e sopra di tutto la forza devastante delle idee, idee immortali che travalicano gli angusti spazi dei partiti e dei gruppi. Le idee diventano la base dinamica del nostro agire politico quando abbiamo la possibilità di metterle in azione come scelte nei gruppi militanti, con le responsabilità istituzionali nel mondo del lavoro...
I successi elettorali sono effimeri, come effimero è il piccolo potere: ciò che resta è la radicalità nelle idee, una radicalità che si conquista mettendo sempre tutto in dubbio, scontrandosi, diventando anche intransigenti o operando scelte controcorrente ma rimanendo sempre fedeli a sé stessi e alla propria visione del mondo.
Troppo facile poggiarsi sui piedistalli già costruiti e non ricercare il nuovo, la partecipazione, la critica, l'innovazione. Molti preferiscono abbassare la testa e seguire la scia... d'altronde è più redditizio e meno impegnativo, anche il medico lo consiglia!
È fondamentale creare gruppi politici che crescano quantitativamente e soprattutto qualitativamente, composti da persone che si impegnino a "leggere", studiare e capire quali risposte possano dare ai problemi della gente e non si dilettino solo nei dibattiti sui massimi sistemi. Che mettano in campo tutto il proprio know-how a disposizione degli altri e della gente. Che valorizzino ed esaltino le differenze invece che imbrigliarle e sopprimerle in nome di omologanti sintesi.
Fino a quando questa destra continuerà a fermarsi ad avere una visione ristretta, a chiudersi sulle proprie piccole certezze quotidiane, sui propri paternalismi e sulle proprie contraddizioni, potrà anche ottenere qualche percentuale in più, qualche pacca sulla spalla ma non avrà mai creato quel che più é importante: una coscienza, un'identità, un sentire comune, una classe dirigente seria e preparata per affrontare le sfide della politica e della società.
Sarà sempre un esercito perdente perché non avrà la forza di rinnovarsi e di innovare, ma saprà solo creare idioti utili a essere maneggiati dal "potente" o dall'alleato di turno.
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