EXCALIBUR 9 - marzo / aprile 1999
in questo numero

Piccoli futuristi crescono - La fine (del'900)

La società del 2000 così in affanno, dimentica di valori e radici, è ciò che il futurismo auspicava? Si potrebbe oggi riscrivere un manifesto futurista?

di Guido Buzzati
Dio è nascosto, Secolo Folle; e
L'uomo cercò di emularmi e di volare - castrato eppur dotato di membro artificiale -
e Mio Figlio di portare la Croce in motoretta, come dice quello là, che si fa
chiamare il Bello. Non si è chiusa la collera della Sacra Notte - vite schifose
chiaman Vendetta.
Folle rincorsa, folle volo o annichilenti cadute, a velocità supersonica, verso dove
In-definiti; mete sperdute:
in alto, all'infinito, o in basso, ancora a terra; col lancinante dolore dello schianto.
Secolo Folle.
E l'uomo mi cercò senza sapere chi, dove, come:
in alto, all'infinito, o in basso, ancora a terra; col lancinante dolore dello schianto.
Negato il passato, che non esiste, rimaneva il futuro; che non c'è.

E crearono un progetto, alcuni, o si ridussero a un punto, altri, quegli eretici fermi
sulla eterna soglia dell'attimo: non seppero pensare che due univoche strade, per il
Buffo Individuo, che non era ancora pronto a giocarsi tutto, ma proprio tutto, in
"questa vita".
Ma i progettini finiscono con l'uomo ( a meno che non voglia dire coito come un
Qualsiasi animale ), e questa è la prima sorte,
mentre l'uomo punto, ormai si può dire, è il topo decadente, quella checca fetente
che odora di defunto.
I Futuristi poi, dannatistericistrioni, dell'uomo punto fecero scheggia: proiettarono
le minuscole vite sull'immenso proiettore delle stelle, in un campo fugace di
esistenze da rapina, fughe e fulmini di nichilismo al nichel e tungsteno, per esser
poi, inevitabilmente, falciati dalle rose delle loro stesse preziose mitragliatrici.
Ma furono pursempre lampi, oltre lo statico chiudersi in se, oltre il "cogito dunque
solo io sono", oltre la pazzia, la noia, la desolazione dello statico esser-qui, esser
punto. Esser-per-sempre-punto. Per poi - chissà come mai - non esser più.
In mezzo edificò la scienza: un enorme Progetto, mica schizzo da sgabuzzino,
geometrica costruzione sussistente in se e per se - l'Apparato, lo chiama Severino.
Sorrido al pensiero che abbia sostituito Me, perché... ha sorpassato gli uomini, ma è
andata fuori tiro; scatola vuota buona soltanto a ungere i propri ingranaggi.
E loro, dannati e dementi, ai lati, a scegliere nel tragico aut-aut che parte dalla
negazione del destino.
Vedo un mondo in cui tutti, oggi, sono schegge impazzite: ma è una reazione, per
non morire in basso, a terra, col lancinante dolore dello schianto. Poveri Cristi.
Chè chi non reagisce muore, di noia o di dolore; o soltanto di anarchica solitudine.

È auspicabile uno Stato Etico. La giusta e ordinata geometria per il mondo che ha
perso il suo Ordine Geometrico: che vada oltre l'uomo per creare l'Uomo.
Affinché la scheggia impazzita possa fermarsi a pensare; a pensarMi,
per poi riprendere pure il suo corso, in questo schermo artificiale, umano ed
oltreumano, (una sorta di pneuma - Forma sovraindividuale). Per l'uomo,
povero essere che aspira a Essere.

Secolo folle, Secolo in delirio, Secolo che si chiude,
il tuo immondo ventre non partorirà certo un'altra Civiltà degli Eroi: tuttalpiù un
mondo di Idola Tribus, di disperati o vani speranzi, anelanti il vettore Nulla o il
suicidio... e la caduta; quando anche il silenzio coprirà il rumore dello schianto.

Ma forse... ancora... dietro lo spazio, dove il numero finisce
sotto ogni tartaruga con sopra un elefante
dietro ogni amore e ogni ruga di mistero
foss'anche alla fine di una sega mentale

ci ritroveremo ancora... dietro lo spazio, dove il tempo finisce...
oltre il rumore
dello schianto
siderale.
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