Excalibur blu
SPECIALE
Il Battaglione Volontari di Sardegna "Giovanni Maria Angioy"

Continua la saga dei Sardi a Salò

Gonfalone del battaglione
Alcuni fatti eclatanti, in qualche modo hanno riportato la storia della R.S.I. all'attenzione dei mass media. Mi riferisco in particolare alla "confessione" dello storico di sinistra Vivarelli della sua militanza, non rinnegata, a soli 13 anni, nella Repubblica di Salò, come alla cacciata da "Il Corriere della Sera" del più grande orientalista vivente, il professor Ronconi, in quanto ex combattente nelle S.S. italiane.
Tutto questo riapre, ancora una volta, l'annosa questione sulla R.S.I.: fu solo l'ultimo colpo di coda di un fascismo risuscitato dai Tedeschi o qualcosa di più complesso, ideologicamente, culturalmente e politicamente articolato e magari supportato da un consenso quantitativo e qualitativo forse più ampio e convinto di quanto cinquant'anni e più di "non storia" ci abbiano voluto far credere?
Se andiamo poi a esaminare le "non storie" della Sardegna e dei Sardi, nel periodo che va dal 1922 al 1945, il bilancio è ancora più sconfortante: qui non si tratta di storie mistificate o di parte, peggio! Non si tratta di niente: c'è solo il vuoto o il silenzio più assoluto.
Girolamo Sotgiu, storico marxista, nel suo volume del 1995 "Storia della Sardegna durante il fascismo", confessa che la sua ricerca è partita da una necessità concreta, che non è solo quella di «contribuire a colmare una lacuna storiografica grave e per certi aspetti inspiegabile, data la ricchezza e il livello degli studi sulle età precedenti». Il Sotgiu denuncia sull'argomento anche «la mancanza di studi preparatori settoriali, la scarsità di documenti a disposizione».
È in questo contesto che "Excalibur" ripropone ai propri lettori la storia inedita di un migliaio di Sardi che vissero fino in fondo l'avventura della R.S.I., vuoi combattendo per essa sino alla fine, sia anche, dopo aver disertato dal Battaglione "Giovanni Maria Angioy", combattendo dall'altra parte della barricata.
Fra tutti questi emergono personaggi sicuramente eccezionali, quali i Comandanti Fronteddu e Manso, il missionario saveriano Padre Usai, e con lui quella "sporca decina" che, giocando con la morte, si paracadutò in Sardegna; il Pubblico Ministero Coco, che, in nome dell'Italia dei partigiani, chiese la pena di morte per Padre Usai, per essere a sua volta - tragica nemesi storica - giustiziato dalle Brigate Rosse autoproclamatesi eredi dell'Italia partigiana; il Tenente De Luna, tenore e maestro del doppio gioco, finito tragicamente nelle Fosse Ardeatine; Podda, il capo dei disertori, feroce in guerra come lo fu in pace, assassinando tre carabinieri nel corso di una rapina.
Per finire, sento il dovere di ringraziare i tantissimi lettori di "Excalibur", anche del "continente", che ci hanno dato notizie, suggerimenti e indicazioni, e ci hanno messo a disposizione documenti anche inediti, fotografie e pubblicazioni, che hanno permesso di portare a buon fine il nostro lavoro.