EXCALIBUR 27 - maggio/giugno 2001
in questo numero

Antisemitismo tra revisionismo e propaganda

Osservazioni sulla effettiva veridicità dell'olocausto degli Ebrei

di Angelo Abis
Giorgio Usai nel precedente numero di Excalibur mi chiama in causa quale teste a favore della sua tesi sull'assoluta falsità dello "sterminio" degli Ebrei nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Dice infatti Usai: «In alcune note di A. Abis sui prigionieri italiani in U.R.S.S. nel '43, apprendiamo che la mortalità fra essi era addirittura dell'85%, mentre, negli stessi anni, nei campi in Germania era dell'8%. Dove avveniva lo sterminio, chiedo a Meloni?». Due semplici osservazioni di metodo:
1) io parlo di morti e non di "sterminati". E, se è vero che tutti gli "sterminati" sono morti, non è altrettanto vero che tutti i morti sono frutto di uno "sterminio";
2) i Tedeschi non trattavano i prigionieri di guerra allo stesso modo: stavano da signori i prigionieri "ariani", e cioè gli Americani, gli Inglesi, i Francesi, gli Olandesi, ecc.. Secondi nella gerarchia venivamo noi, che non eravamo considerati veri e propri prigionieri di guerra (come si può considerare prigioniero il soldato di uno stato alleato?), bensì, almeno sino a tutto il 1944, "internati militari", trattati come bestie. Appena al disotto degli Italiani stavano i Russi, trattati molto male non solo perché non tutelati dalla convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra - che la Russia non aveva firmato - ma soprattutto perché considerati di razza inferiore. Ultimi gli Ebrei, che erano considerati e trattati sic et simpliciter da "deportati".
Ma queste sono cose secondarie. Ciò che mi interessa invece esaminare, è il teorema che Usai costruisce sul problema dell'olocausto a opera della Germania. Usai afferma (Excalibur n. 22 di ottobre/novembre 2000): «[...] e perché sull'enorme impostura dell'olocausto è basata l'esistenza dello Stato d'Israele». A questa "impostura", Usai risponde con un teorema incentrato sui seguenti postulati:
1) le comunità ebraiche d'Europa con in testa i propri dirigenti si erano dichiarate sin dal 1933 nemiche mortali della Germania (Excalibur n. 26 dell'aprile 2001);
2) pertanto, in quanto "nemici", non potevano che essere "internati", come comunemente si fa con i cittadini di uno stato con cui si è in guerra;
3) gli "internati" ebrei non sono stati "eliminati" ma «la realtà più probabile è proprio quella delle centinaia di migliaia di decessi a causa delle epidemie e degli indiscriminati bombardamenti alleati» (Excalibur n. 24 del febbraio 2001).
Esaminiamo il primo punto. Come tutti sappiamo, il teorico dell'antisemitismo nazista è stato Hitler, che avrà pure avuto molti difetti, ma che però aveva il pregio della rigorosa consequenzialità tra ciò che pensava e diceva e ciò che poi poneva in essere. Cosa dice Hitler nei suoi "Main kampf" e "Main liben", editi nella seconda metà degli anni venti? Eccone un breve florilegio: «Era pestilenza (il popolo ebreo, n.d.r.), pestilenza spirituale, peggiore della morte nera di una volta, con la quale si infestava un popolo (il tedesco, n.d.r.), e si pensi che per un Goethe, la natura produce a decine di migliaia simili untori in pelliccia che avvelenano nel modo più pernicioso l'anima degli uomini [...]. Quando io individuai per la prima volta nell'Ebreo il dirigente, nello stesso tempo freddo e svergognato, di tutto il traffico vizioso della grande città [...]». «Da placido cosmopolita, ero diventato un fanatico antisemita». «Il più spaventoso esempio di ciò lo offre la Russia, dove l'Ebreo lasciò morire di fame o uccise circa trenta milioni di persone con rabbia fanatica e selvaggia e sotto tormenti inumani». «Il giovanotto ebreo, dai neri capelli crespi, spia per ore e ore, con espressione di gioia satanica nel viso, una ragazza ignara, che egli poi sconcia nel suo sangue ed estolle dal suo popolo». «Se vince l'Ebreo con l'aiuto della sua fede marxista, sui popoli della terra, l'umanità dovrà cingersi la corona mortale; e questo pianeta, come già milioni di anni fa, percorrerà deserto di uomini le vie celesti. L'eterna natura si vendica spietatamente delle trasgressioni alle sue leggi. Perciò io credo di agire nel senso del Creatore del mondo, in quanto io mi difendo dagli Ebrei, lotto per le opere del Signore». «Se all'inizio e durante il conflitto (la Prima Guerra Mondiale, n.d.r.) si fossero uccisi con i gas dodici o quindicimila di quei Giudei distruttori del popolo [...]. Ammazzare dodicimila criminali finché si era in tempo [...], avrebbe guadagnato la vita un milione di preziosi Tedeschi».
A differenza dei precedenti antisemitismi che erano sorti, a torto o a ragione, per ciò che gli Ebrei avevano fatto (essere responsabili della morte di Gesù, praticare l'usura, arricchirsi facilmente, ecc.), per Hitler l'Ebreo è "geneticamente perverso" e globalmente gli Ebrei sono "biologicamente" un popolo distruttore della civiltà umana. Sono quello che è per il corpo umano la cellula cancerogena: se non la si elimina in tempo contagia le cellule sane e uccide l'organismo vivente. Questa fu, in crescendo, la tragica ossessione del fuhrer. Ossessione radicale che non conobbe patteggiamenti o real-politic, che lo portò nella fase più delicata del conflitto a distogliere ingenti risorse, mezzi e uomini, altrove preziosi, per catturare e deportare da tutta Europa milioni di Ebrei, compresi vecchi e bambini, sani, malati o moribondi.
Ancora il 29 aprile del 1945, nel suo testamento politico, Hitler così scrive: «Bisogna denunciare il vero responsabile di questo esiziale conflitto: il giudaismo. Ma avevo avvisato che questa volta milioni di bambini ariani delle nazioni europee non sarebbero morti di fame, né centinaia di migliaia di donne e di bambini sarebbero periti tra le fiamme e sotto le bombe, senza che i veri colpevoli ne pagassero il fio [...]. Faccio obbligo al Capo dello Stato e ai cittadini della più scrupolosa osservanza delle leggi razziali e del compito di lottare spietatamente contro l'universale avvelenamento dei popoli: il giudaismo internazionale».
Ma veniamo agli altri punti: non è vero che gli Ebrei furono "internati", per il semplice motivo che non erano cittadini di stati con cui si era in guerra, ma bensì di stati occupati o addirittura alleati (Italia, Ungheria, Romania). Internati furono invece gli Ebrei stranieri che si trovavano in Italia nel 1940, allo scoppio della guerra, ma non risulta per questo alcuna particolare lamentela da parte degli interessati.
E infine veniamo agli Ebrei che non sono morti per malattia, fame o bombardamenti, ma sono stati "liquidati". Secondo De Felice, Hitler avrebbe ordinato lo sterminio degli Ebrei nei territori dell'Est pochi mesi dopo l'attacco alla Russia (vol. "Mussolini l'alleato", pag. 453). Noi Italiani non eravamo proprio all'oscuro della questione: a partire da quella data, numerose autorità italiane si preoccuparono di informare Mussolini del comportamento tedesco. Aldo Vidussoni, segretario del P.N.F., nel settembre del '42, al rientro da una visita sul fronte russo, invia una relazione al Duce, in cui fra l'altro si dice: «Mi è stato detto da Italiani che vivono in quei territori e qualche volta anche dai Tedeschi in vena di confidenze, che le fucilazioni sono all'ordine del giorno e anche per forti contingenti di individui di ogni età e sesso [...]. A Minsk, al teatro dell'opera, abbiamo visto ammassata la roba di migliaia e migliaia di ebrei ammazzati [...]. Si sfruttano, dicono, solo quelli che possono lavorare. Quello che più ha colpito gli Italiani è il modo dell'uccisione, alla quale, del resto, sembra che le vittime siano rassegnate. Intere città e villaggi hanno avuto una riduzione anche di un terzo e della metà della popolazione, specialmente per l'eliminazione degli Ebrei» ("Aldo Vidussoni - Visita al fronte dell'Est", riportato da De Felice nel volume citato, a pag. 454).
Alberto Pirelli, rientrato da un viaggio a Bruxelles, Parigi e Berlino il 6 novembre '42, sottopone a Mussolini un rapporto in cui si parla di «eccessi inumani contro gli Ebrei».
In un rapporto segreto del 3 febbraio '43 inviato da Alfieri a Ciano e intitolato "Il problema ebraico in Germania", si parla dell'istituzione di ghetti a Nisko, Lubrino e Varsavia, delle inumane condizioni di vita in essi e delle esecuzioni in massa, e cita la dichiarazione pubblica di Rosemberg fatta l'anno prima al congresso del fronte del lavoro, secondo la quale lo sterminio totale degli Ebrei doveva essere considerato «un'azione umanitaria, perché tale da risanare i popoli europei» (De Felice, ibidem).
Dopo l'8 settembre del '43, nell'Italia occupata, la principale preoccupazione dei Tedeschi è quella di rastrellare quanti più Ebrei possibile. Ecco i testi di due telegrammi riportati nel volume "Salò-Berlino - L'alleanza difficile", a pagg. 179-180, curato da due storici d'area, Cospito e Neulen: «Telegramma Nr. 192 - Da trattarsi solo come affare segreto - Roma li 6 ottobre 1943 - Personale per il sig. Ministro del Reich. L'Obersturmbamfuhrer Kappler ha ricevuto da Berlino l'incarico di arrestare ottomila Ebrei residenti a Roma e di trasferirli nell'Italia settentrionale dove saranno liquidati. Il comandante della città di Roma, generale Stahel, mi comunica che consentirà tale operazione solo se essa corrisponde ai desideri del sig. Ministro degli Esteri del Reich. Personalmente sono dell'avviso che sarebbe cosa migliore impiegare gli Ebrei, come a Tunisi, nei lavori forzati e ne parlerò insieme a Kappler e al feldemaresciallo Kesserling. Chiedo istruzioni. Moellhausen».
La risposta non si fa attendere: «Dispaccio telegrafico del Westfalen - N. 1645 del 9/10/1943 - Affari segreti del Reich - Solo per l'ufficio del Ministro. Il sig. Ministro degli Esteri del Reich prega di comunicare all'ambasciatore Rahan e al console Moellhausen che sulla base di una disposizione del Fuhrer, gli ottomila Ebrei residenti a Roma devono essere trasportati a Mauthausen come ostaggi. Il sig. Ministro degli Esteri prega di far presente a Rahan e Moellhausen di non immischiarsi nella faccenda, ma di lasciarla alle SS Sonnleithner».
Secondo Giorgio Pisanò (cfr. "Storia della guerra civile") di quegli ottomila se ne salvarono circa settecento, mentre, sempre secondo Pisanò, dei 250 mila Ebrei che alla data dell'8 settembre si trovavano nei territori occupati dagli Italiani, scamparono alla morte un paio di migliaia. Un altro storico "d'area", Nino Arena, in un articolo dal titolo "Venezia Giulia: c'eravamo anche noi - gli ultimi soldati dell'onore", apparso nel numero di marzo del giornale repubblichino "Nuovo Fronte", nell'elencare i caduti delle varie forze in campo nella Venezia Giulia, così scrive: «Morirono in Venezia Giulia 4.250 soldati della R.S.I., 992 Italiani in servizio nelle forze armate del Reich e, in contrapposizione, 675 partigiani italiani in bande slave e 900 partigiani in bande autonome: Garibaldi e altre. Altri 222 partigiani morirono nei campi tedeschi, 48 nella risiera di San Sabba, cui vanno aggiunti 646 Ebrei italiani deportati dai nazisti e sterminati nei campi di eliminazione».
Quanto riportato mi pare sufficiente per dimostrare l'inconsistenza, la "non scientificità", per non dire la falsità delle tesi di Usai.
Che sia esistito un antisemitismo antropologico e radicale che si è tradotto nella deportazione della quasi totalità degli Ebrei nell'Europa occupata dai Tedeschi e che una consistente parte di essi sia stata sterminata, o, se il termine non piace, liquidata, non è messo in discussione da nessuno, neppure dai cosiddetti "revisionisti": I quali contestano eventualmente le "modalità" dello sterminio e la proporzione dello stesso (camere a gas, la cifra tonda di 6 milioni di sterminati, i forni, ecc.), ma non il fatto storico in sé.
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