EXCALIBUR 33 - gennaio 2002
nello Speciale...

De Gasperi e gli Americani

Harry S. Truman
Una vulgata storica dura tutt'oggi a morire, lanciata e imposta dalla sinistra, data al gennaio 1947 la soggezione di De Gasperi agli Americani, in occasione di un suo viaggio a Washington su invito degli Stati Uniti, subito dopo la dichiarazione fatta da Truman il 13 dicembre del 1947, con la quale gli Stati Uniti si dicevano interessati al «mantenimento di una Italia libera e indipendente».
Effettivamente De Gasperi - già da tempo in apprensione per la persistente minaccia slava resa ancora più grave dal collegamento di questa con le forze ex partigiane di sinistra dell'alta Italia - in considerazione del fatto che l'esercito italiano (appena cinque scalcagnate divisioni) al momento dell'applicazione del trattato di pace non era riuscito neppure a presidiare il nuovo confine italo-jugoslavo, aveva invitato gli Stati Uniti, in forza del trattato di pace e della carta delle Nazioni Unite, «a intervenire qualora fosse stata messa in pericolo l'integrità territoriale dell'Italia o fosse minacciata la forma democratica del suo governo».
Contemporaneamente egli aveva anche sollecitato gli U.S.A. a una consistente fornitura di armi onde poter potenziare il proprio esercito. La dichiarazione di Truman rappresentava, invece, proprio il rifiuto degli U.S.A. di assumere, nei confronti dell'Italia, impegni di un certo peso, e questo De Gasperi se lo legò al dito... A ridosso delle elezioni del 18 aprile del 1948, subito dopo il colpo di stato che portò al potere i comunisti in Cecoslovacchia, il Primo Ministro inglese Bevin ritenne opportuno associare anche l'Italia alla costituenda Unione Occidentale Europea (U.E.O.). Gli Americani chiesero a De Gasperi una adesione all'U.E.O., supportandola anche con l'offerta di una fornitura di armi, ma De Gasperi oppose un secco rifiuto a entrambe le offerte. Gli Americani (e i cinque paesi dell'U.E.O.) interpretarono il rifiuto italiano - a quella che consideravano una generosa offerta a un ex nemico debole e in difficoltà - come una "incomprensione" delle difficoltà dell'Europa Occidentale, e soprattutto sospettarono che l'Italia, more solito, volesse giocare indifferentemente a ovest come a est, pur di non assumersi le proprie responsabilità. Pertanto ne trassero la conclusione che anche in futuro bisognava evitare di avere l'Italia come alleato.
Per giunta De Gasperi, dopo le elezioni del 18 aprile, dichiarò personalmente all'ambasciatore inglese che l'Italia si trovava in una posizione di inferiorità rispetto ai paesi dell'U.E.O. a causa del trattato di pace e dei problemi che questo aveva lasciato aperti, e che solo una soluzione favorevole di questi avrebbe avvicinato l'Italia ai "cinque" di Bruxelles. Le reazioni furono più che negative: Bevin dichiarò alla Camera dei Comuni che esistevano «grossi ostacoli da sormontare prima che fosse chiara la posizione dell'Italia nel mondo postbellico», e fece presente al governo italiano che l'adesione al patto sarebbe stata un vantaggio per l'Italia e un peso morto per gli altri paesi, e che quindi non poteva porre condizioni, anzi "blackmails" (ricatti). Ma De Gasperi, lungi dall'intimorirsi, rincarò la dose: nel discorso alla Camera del 4 dicembre 1948 ribadì il rifiuto ad aderire all'U.E.O., motivandolo col fatto che il patto aveva anche una funzione antitedesca che non poteva interessare l'Italia.
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