EXCALIBUR 34 - febbraio/marzo 2002
in questo numero

A dieci anni da "mani pulite"

Dai tempi di tangentopoli, la guerra fra magistratura e politica non pare attenuata... È ora di una chiara distinzione di poteri

di Toto Sirigu
I vecchi partiti dell'arco costituzionale sono crollati nei primi anni novanta a seguito dell'offensiva battagliera di un gruppo di magistrati di diverso orientamento politico-culturale, con sede operativa sostanzialmente a Milano. Senza quelle indagini serrate e a volte anche aspre non si sarebbe scoperchiato il pentolone del malaffare partitocratico.
La destra è stata in quegli anni in prima fila nella difesa del principio sacro «la legge è uguale per tutti»: non era più tollerabile assistere a un trattamento diverso tra lo scippatore di strada e quello di "palazzo". Secondo la nostra concezione e la nostra pratica quotidiana, la classe dirigente politica deve dare l'esempio, sempre e prioritariamente, alla Comunità nazionale che governa; e questo è quello che, anche in quegli anni, abbiamo cercato di far capire.
Ci sono stati degli eccessi? Sono finite dietro le sbarre persone illustri innocenti? Può darsi. Non mi sono commosso né ho pianto. Dove erano queste persone illustri quando in Italia, grazie alla legislazione cosiddetta "sui pentiti", centinaia di cittadini comuni finivano per sbaglio in galera perché il pentito di turno li accusava solamente ed esclusivamente per avere sconti di pena? Vi ricordate del "caso Tortora"? Lui era famoso, certo, e per questo, forse, in qualche modo la sua sofferenza può essere stata attenuata... ma pensate ai tantissimi innocenti sbattuti in carcere per mesi o per anni a subire la carcerazione preventiva: vite distrutte per sempre. Volti, facce sbattute magari sulle pagine dei giornali, accomunate a quelle dei delinquenti comuni.
Uno di questi tanti poveri cristi finiti ingiustamente in galera era un mio amico, con il quale per più di un anno (ero allora un quindicenne) intrecciai un rapporto epistolare crudele. Il mio amico urlò la sua disperazione, cercò anche di arrivare ai politici illustri: gli unici a rispondere furono i soliti radicali di Pannella, che in qualche modo lo ascoltarono e cercarono di salvaguardare, attraverso iniziative pubbliche, la sua dignità di uomo ferito.
Ancora... dove erano le persone illustri quando si facevano le retate negli ambienti della destra? Lo schema era sempre lo stesso: scoppiavano delle bombe e automaticamente dovevano marcire dietro le sbarre tantissimi ragazzi rei solo di avere una idea politica diversa dal potere partitocratico dell'arco costituzionale. Insomma, il mosaico della "Prima Repubblica" era servito: pentiti, teoria delle "trame nere" (ripresa da alcuni magistrati), uomini politici illustri intenti a maneggiare bene affari non tutti trasparenti.
È chiaro, allora, che noi stavamo con "mani pulite". Stavamo, molto semplicemente, dalla parte degli onesti; di quelli poco furbi, forse, ma con tanta voglia di difendere a spada tratta la propria dignità di uomini prima, di militanti politici poi. Nessuno oggi può permettersi il lusso di calpestare quei nostri momenti, quei nostri stati d'animo. E poi ricordiamoci tutti che, grazie al crollo per via giudiziale della classe politica partitocratica, l'idea politica della destra ha avuto la possibilità di farsi apprezzare a 360 gradi da tutti gli Italiani, al di là dei vecchi stereotipi che per troppo tempo l'avevano costretta nel ghetto. Su come poi sia stata gestita questa sorta di apertura di credito degli Italiani nei nostri confronti si imporrebbe ben altra discussione.
Ma oggi che succede? Succede che tra una parte del potere politico e una parte dell'ordine giudiziario c'è tensione, quasi un voler sconfinare l'una parte dentro l'attività dell'altra, anche a causa di vicende giudiziarie che investono in prima persona l'attuale Presidente del Consiglio.
Che dire? Beh... qualsiasi cittadino ha il sacrosanto diritto-dovere di formarsi una sua opinione politica, di credere in una determinata concezione della vita, di difendere certi ideali; i magistrati pure. Ma quando utilizzano le prerogative loro attribuite dalle leggi della Repubblica, devono farsi guidare esclusivamente dalla sete di giustizia, e non dovrebbero intrappolarsi dentro polemiche sterili, utilizzando tra le altre cose, come cassa di risonanza, i mass media. I politici, invece, devono fare le leggi e devono orientare una Comunità, perché questo è il compito loro affidato dai cittadini elettori, non dovrebbero lanciare proclami di guerra contro questo o quel magistrato, non dovrebbero interferire arbitrariamente nei processi pendenti. E se vanno a finire in tribunale perché accusati di un reato, dovrebbero avere la sola bontà di farsi ben difendere.
Per concludere utilizzerei una frase di Montesquieu, visto che si tratta di un personaggio molto famoso e molto citato. Disse qualcosa né di destra né di sinistra, ma di buon senso: «Non vi è altresì libertà qualora la potestà di giudicare non è disgiunta dalla potestà legislativa o dall'esecutrice. Se fosse unita alla potestà legislativa, il potere sopra la vita e la libertà dei cittadini sarebbe arbitrario, poiché il giudice sarebbe legislatore. Se fosse unita alla potestà esecutrice, il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore. Tutto sarebbe perduto se l'istesso uomo, e il medesimo corpo de' principali, o de' nobili, o del popolo esercitassero queste tre potestà: quella di far leggi, quella di eseguire le pubbliche risoluzioni e quella di giudicare i delitti o le vertenze private».
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