EXCALIBUR 36 - maggio/giugno 2002
in questo numero

Il futuro del Poetto

Impossibile trasformare il Poetto in un'oasi naturalistica, ma almeno si concilino le esigenze dell'uomo col "bello" rimasto

di Beppe Caredda
In origine era sabbia chiara e fine, mentre oggi per ampi tratti è grigia e grossolana. Questo il dato di fatto: la sabbia utilizzata per il "ripascimento" è visibilmente diversa da quella originaria. I progettisti ritengono che col tempo schiarirà e diventerà molto simile a quella prima esistente. Su queste ottimistiche previsioni non vi è accordo fra gli esperti a diverso titolo intervenuti. Lo scandalo e lo sconcerto sono esplosi fra la cittadinanza: aridatece la sabbia bianca e pure le dune e anche i casotti e... il tempo che fu! L'alternativa era quella dell'impiego di sabbia terrestre di cava... chissà...
Complessivamente oggi risultano modificati l'assetto e la percezione visiva dell'arenile; l'esito è insoddisfacente perché l'effetto ottenuto stravolge il piacevolissimo ricordo della spiaggia che fu: troppo abituati alla sabbia chiarissima, fine, quasi impalpabile e, per chi le ricorda, alle dune dolcemente addossate ai casotti.
Ma il Poetto era ed è agonizzante, e noi tutti colpevolmente rassegnati a vederlo morire anno dopo anno, da ogni parte aggredito e spogliato delle sue meravigliose e irripetibili singolarità ambientali.
Decine e decine di metri conquistati dal mare in evidente avanzamento, impedimento del ripascimento naturale, volumi enormi di sabbia sottratti all'arenile, insediamenti, infrastrutture, stabilimenti e via via elencando hanno nel tempo decretato la lenta ma costante fine di questo prezioso gioiello naturalistico.
Tutto il contesto geomorfologico "mare-spiaggia-stagni" è stravolto e reso irriconoscibile: quartieri residenziali, strade, stabilimenti hanno occupato, racchiuso e confinato ogni spazio; gli stagni sono enormi e opachi specchi d'acqua salmastra e la spiaggia è ridotta a una marginale striscia piatta compressa fra il mare e la strada; di alberi e pinete neanche a parlarne. È il prezzo che abbiamo dovuto pagare per fruire di quest'ambiente. Non me ne lagno, anche se, tanto per dire, qualche responsabilità politica si potrebbe individuare, se non altro in termini di scarsa capacità di interpretare allora e diversamente canalizzare le ancora forti spinte di sviluppo urbanistico e le pretese d'uso smodato dei beni ambientali. A qualcosa servirà comprendere quanto colpevolmente abbiamo sperperato e perduto, speriamo non del tutto irrimediabilmente.
Del Poetto e della sua triste sorte se ne parla e si studiano soluzioni da almeno vent'anni; il ripascimento è o dovrebbe esserne la traduzione in sintesi progettuale. Nulla da eccepire visti peraltro i successi altrove raggiunti. L'esperienza insegna, no? Ma il Poetto, una volta elemento centrale e dominante del paesaggio, è oramai da tempo ridotto a parte integrante dell'intorno costruito. È una nota di colore in un quadro urbanistico grigio e greve. È ridotto semplicemente a finestra sul mare.
Il ripascimento è operazione di abbellimento, non di rivitalizzazione, è chirurgia plastica territoriale, è maquillage. Le cause del degrado non sono state rimosse né si può oggi ragionevolmente pensare di rimuoverle: troppo complesso e costoso, troppo conflittuale con gli interessi e gli assetti prevalenti e consolidati. E poi non vi è un'idea di cosa e come consegneremo al futuro del vecchio Poetto. Il Poetto oggi appartiene all'uomo che lo ha sottratto alla natura imprimendo in esso l'immagine e l'effetto delle sue contraddizioni. Il Poetto è ora lo specchio nitido di quel che siamo stati fino a oggi: incapaci perfino di fargli il maquillage.
Il Poetto non è più la singolarità naturalistica, l'oasi così tanto decantata... è il "mare dei Cagliaritani", di quei centomila che ogni anno pretendono strade sempre più larghe e scorrevoli, parcheggi ovunque, chioschi, bar, pizzerie, ristoranti e teatrini sulla spiaggia, stabilimenti balneari e via elencando. È il luogo dove trascorrere a bagnomaria l'afoso periodo estivo. Ah quelle dune... che impresa piantare l'ombrellone e sdraiarsi su un comodo lettino. E poi la sabbia così fine e appiccicosa da non riuscire a staccarla dalla pelle nemmeno con la doccia.Troppo bianca e riflettente quella spiaggia per i nostri occhi sempre accecati dal riverbero della luce solare.
Ma era il Poetto non il "mare"! Scordiamolo e pensiamo invece a come restituirgli non dico l'antico splendore, ma almeno la dignità che merita per essere stato un vero, invidiato, prezioso e irripetibile gioiello della natura. Tutto ciò dovrebbe spingerci a rendergli almeno l'aspetto cromatico e morfologico, che è il minimo che si possa fare. E smettiamo di proiettargli i nostri ricordi: il Poetto è oramai una mal riuscita, scura fotocopia di Rimini, che è ben altra cosa.
Il nostro impegno deve essere teso a ridargli originalità anche con artifici architettonicamente adeguati e ambientalmente compatibili, restituendo dignità naturalistica all'arenile, esaltandone e ben organizzando gli spazi e quel che ancora di bello e suggestivo gli rimane. Ma sia chiaro... i centomila pretendono il mare! Vogliono Rimini e comunque un paesaggio edonisticamente costruito con strutture funzionali allo svago e all'abbuffata non solo gastronomica.
Ma sarebbe un errore bandire il "bello" che ancora rimane, o riusciamo a immaginare, per consegnare al futuro un "brutto" mal progettato e peggio costruito, e l'immobilismo contribuisce all'abbandono e all'ulteriore degrado. Quindi va bene il ripascimento, si tenti di schiarire in qualche modo la sabbia già abbancata e si aggiusti il progetto per la parte rimanente dell'arenile. Poi se qualcuno ha promesso miracoli, se ne assumerà la responsabilità... ora, non fra trent'anni.
E intanto, ma senza perdere altro tempo, si discuta e si decida sull'opportunità di istituire un osservatorio, un'agenzia, insomma un ente che abbia il compito di risolvere il gravoso problema di conciliare le irrefrenabili esigenze balneari dei centomila con quelle, prioritarie, del mantenimento dell'assetto e delle caratteristiche dell'attuale "Poetto-mare" e del suo intorno naturalistico. Forse riusciremo a evitare, se non altro, il disappunto risentito dei nostri figli.
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