EXCALIBUR 38 - settembre/ottobre 2002
nello Speciale...

Dal libro di Giraudo (pag. 99)

La copertina del libro "Sergio Ramelli - Una storia che fa ancora paura" di Guido Giraudo, Andrea Arbizzoni, Giovanni Buttini, Francesco Grillo e Paolo Severgnini (Associazione culturale Lorien, 2002)
Condanne, appello e cassazione.
Il 16 maggio 1987 la II Corte d'Assise emette la sua sentenza: dichiara tutti gli imputati (escluso Di Domenico che assolve per insufficienza di prove e Cavallari che assolve con formula ampia) colpevoli di omicidio preterintenzionale, modificando quindi l'accusa iniziale. È una mezza sconfitta per il Pubblico Ministero e per la parte civile, mitigata dal fatto che la Corte, pur non ritenendo la volontarietà del reato, commina pene severe: 15 anni e 6 mesi a Costa, 15 a Ferrari Bravo e Colosio (compreso Porto di Classe), 13 a Belpiede, 12 alla Colombelli, 11 a Castelli, Montinari e Scazza [...]. Contro questa sentenza oppongono appello sia la parte civile, sia il Pubblico Ministero, sia (ovviamente con motivazioni opposte) gli avvocati difensori [...].
Il 2 marzo 1989 la II sezione della Corte d'Assise d'Appello, presieduta dal dott. Renato Cavazzoni, accoglie sostanzialmente le richieste della parte civile e del Pubblico Ministero dichiarando gli imputati colpevoli di omicidio volontario, riconoscendo però agli aggressori l'attenuante (prevista dal codice penale) del concorso cosiddetto "anomalo" in omicidio e riducendo di conseguenza le pene (11 anni e 4 mesi a Costa, 10 e 10 mesi a Ferrari Bravo, 7 e 9 mesi a Colosio, 7 a Belpiede, 6 e 3 mesi a Castelli, Colombelli, Montinari e Scazza [...]. Questa sentenza va esattamente nella direzione voluta dalla parte civile, la quale aveva sempre dichiarato di volere giustizia e non vendetta. Quello che si voleva non era quindi un accanimento contro i colpevoli, con condanne esemplari, ma il riconoscimento della volontà omicida che guidava le aggressioni comuniste.
Infine, il 22 gennaio 1990, la I sezione della Corte di Cassazione, presieduta dal giudice Corrado Carnevale, conferma sostanzialmente la sentenza di secondo grado rigettando i ricorsi della difesa, ma escludendo anche l'aggravante della premeditazione richiesta dalla parte civile.
Dopo questa sentenza definitiva, tuttavia, del gruppo che assassinò Ramelli, solo Costa e Ferrari Bravo tornano effettivamente in carcere scontando ancora un periodo di detenzione prima di passare l'uno all'affidamento sociale e l'altro alla semilibertà. Tutti gli altri, tra condoni e regimi limitativi o sostitutivi, riescono a evitare la galera.
Sebbene, come già detto, non si pretendessero condanne esemplari, non si può neanche dire che i componenti del commando assassino abbiano pagato in proporzione alla gravità del reato commesso (omicidio volontario). Ben altro è il saldo politico della sentenza: un verdetto inappellabile di condanna all'ideologia che armò loro la mano.
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