EXCALIBUR 46 - giugno 2008
nello Speciale...

Come si giocò la partita

Sopra: Pino Romualdi
Sotto: Arturo Michelini
Ma lasciamo al più noto esponente di questa trattativa, Pino Romualdi, allora capo dei F.A.R. (Fasci d'Azione Rivoluzionaria) il racconto dei fatti: «La storia degli incontri, dei colloqui, delle trattative, degli accordi tra "fascisti" e democratici è una storia vecchia pressappoco quanto la repubblica. Anzi più vecchia della repubblica. [...] Stabilito che di noi avevano un po' paura e un po' bisogno tutti, e che noi a nostra volta avevamo bisogno di tutti per uscire al più presto e nel modo migliore dalla disastrosa situazione in cui eravamo, il nostro discorso doveva dunque essere semplice. Si trattava di convincere le sinistre che noi avremmo impedito alle nostre forze di prestarsi a ogni manovra provocatoria nel caso che la repubblica avesse prevalso e i monarchici avessero tentato di armare nostre forze per una reazione in extremis.
Ai monarchici, invece, bastava assicurare il nostro appoggio elettorale [...] e la nostra partecipazione ad azioni armate nel caso che, vincendo la monarchia, i comunisti avessero tentato di rovesciare il risultato con la forza. [...] I contatti con i democristiani mi furono facilitati in particolare dall'amico Sisto Favre. [...]
Ai colloqui più importanti, quattro o cinque, parteciparono "ufficialmente" due deputati democristiani. Precisamente il Prof. Caronia e l' On. Proia che sempre [...] aggiungevano di poter impegnare, con la loro, anche la parola dello stesso De Gasperi. I colloqui coi socialisti ebbero luogo con il vice segretario di allora, Foscolo Lombardi, il Dottor Spinelli, segretario amministrativo, Sig. Dracena, capo delle formazioni militari socialiste. [...] Insieme con Alberto Giovannini avevamo incontrato il vecchio amico Zagari.
Per i monarchici mi incontrai più volte con Enzo Selvaggi, col Marchese Lucifero, col Conte Premoli, [...] per "L'Uomo Qualunque" con Giannini, con Tieri ed Emilio Patrissi. I soli con i quali non ebbi mai contatti diretti furono i comunisti, nonostante che almeno in un paio di occasioni ci fecero sapere di essere dispostissimi a farlo, come in realtà lo avevano gia fatto e lo fecero con alcuni nostri transfughi. Una delle due volte fu in occasione di alcuni gravi incidenti scoppiati a Napoli il 24 maggio 1946, giudicati dalle sinistre e dalla stessa D.C. possibile preludio a più vaste sommosse nel tentativo di rinviare il referendum.
Fu appunto in quella circostanza che, preoccupati dei tumulti napoletani, i miei interlocutori di sinistra mi proposero di incontrare un grosso capo comunista: Terracini, Scocimarro o Negarville, a mia preferenza.
Risposi che, pur dispostissimo a intervenire per limitare i tumulti, [...] cosa che feci, [...] non avevo nessuna intenzione di incontrare il grosso capo comunista.
Un discorso (quello coi partiti) che durò molti mesi, che, completato da altri contatti, portò alla fine al risultato di impegnare tutti, dai comunisti ai democristiani, ai socialisti, ai monarchici sino ai vecchioni dell'"Unione Democratica Nazionale", da Bonomi (ex presidente del consiglio nel '44-'45) a Orlando, Nitti e Ruini, a garantire che avrebbero concesso un'amnistia generale a favore dei fascisti e di quanti avevano collaborato col "Tedesco invasore".
Da parte nostra, parteciparono più frequentemente a quei colloqui Arturo Michelini, l'Avv. Puccio Pucci, Sisto Favre, Olo Nunzi, il giornalista Concetto Pettinato, il generale Muratori, Vincenzo Tecchio, il professor Biagio Pace. Il progetto di amnistia, da noi presentato ai rappresentanti dei partiti, sul quale poi discussero i rappresentanti del governo, era stato preparato, assieme a un gruppo di esperti, da Mario Iannelli, un ex sottosegretario di Mussolini, che si era rifugiato a San Giovanni in Laterano nello stesso posto dove prima di lui era stato nascosto Pietro Nenni.
L'amnistia fu puntualmente promulgata il 22 giugno del 1946 con la firma di Palmiro Togliatti
».
E così, in proposito, commenta ancora Pino Romualdi: «Impegno mantenuto (quello dell'amnistia, n.d.r) malgrado le difficoltà che in ogni partito si ebbero per superare le ostilità e le proteste dei soliti "puri", che quasi sempre sono i più faziosi e più cretini. Proteste che in certi casi assunsero persino il tono delle minacce di scissione. Ma i più intelligenti non defletterono e l'amnistia ci fu, anche se la clausola delle cosiddette "sevizie particolarmente efferate" che i "puri" riuscirono a imporre, ne ridusse, seppure in minima parte, le conseguenze. Rammenterò a questo proposito, che il provvedimento portò alla scarcerazione immediata di tremila detenuti».
Bibliografia.
- Pino Romualdi: "I 'Padri' fascisti della Repubblica" - L'Italiano (giugno 1971, anno XII, n. 6);
- Pier Giuseppe Murgia: "Il Vento del Nord", Ed. Sugarco (1975);
- Mimmo Franzinelli: "L'amnistia Togliatti - 22 giugno 1946: colpo di spugna sui crimini fascisti", Ed. Oscar Storia Mondadori (2007).
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